La cultura dello stupro coinvolge anche chi pensa di esserne fuori

Una società basata sugli stereotipi di un maschile predatore, ha nel suo dna la sopraffazione di un femminile silenziato

Graziella Priulla
Graziella Priulla
Sociologa e saggista, già Docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Catania. Ha pubblicato, tra gli altri, "Violate. Sessismo e cultura dello stupro" (Villaggio maori) e "Parole tossiche. Cronache di ordinario sessismo" (Settenove).



Quando si parla dei modi in cui la violenza sessuale viene normalizzata all’interno delle nostre società si utilizza di solito un’espressione eloquente: rape culture, ovvero “cultura dello stupro”. Nominarla e denunciarla è stata una delle azioni femministe più importanti degli ultimi tempi ma anche una delle più discusse e fraintese. 

Per comprenderne il significato è necessario partire dalla distinzione tra colpa e responsabilità: colpevole è il singolo individuo che compie un’azione riprovevole; responsabile è l’insieme degli individui che rendono possibile quell’azione o addirittura la giustificano (ben pochi criminali han goduto e godono di tanto supporto sociale). Basta non aver mai alzato un dito su una donna per ritenersi estranei a quella cultura?

Stereotipi

In uno stereotipo che attraversa la storia, che arriva dalla mitologia l’attributo della forza e della violenza è considerato ingrediente irrinunciabile della virilità. “Io posso fare di te ciò che voglio e tu non puoi farci niente”: umiliazione, prevaricazione. Potere, insomma, se si pensa che il re dell’Olimpo era uno stupratore seriale.

In una cultura dello stupro uomini e donne danno per scontato che la violenza sessuale sia inevitabile come una calamità naturale

Che l’onnipotente testosterone, che gli attributi siano prorompenti e incontrollabili (il cacciatore), mentre il desiderio femminile sia irrilevante, comunque tacito (la preda). Da un lato si raffigura un corpo invasivo in cerca di uno sfogo che somiglia pericolosamente a un diritto; dall’altro un manichino inerte su cui si compiono atti che non sceglie. Non ci si aspetta che gli uomini si autocontrollino ma che donne e ragazze cerchino in ogni modo di proteggersi. Il 39,3% della popolazione italiana (Istat 2018) ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale “se davvero” non lo vuole. Più della metà attribuisce la recrudescenza della violenza all’emancipazione femminile, alle nuove libertà che abbiamo conquistato.

Il maschio alfa

Non è necessario essere uno stupratore per perpetuare la cultura dello stupro. Non è necessario essere un convinto misogino per beneficiare della cultura dello stupro. Ciò che le donne hanno dovuto attuare da secoli, la gestione delle relazioni che prevede saper accettare le decisioni dell’altro, diventa impossibile per alcuni uomini. Molti oggi non vogliono aderire al modello virilista del maschio alfa, però hanno paura di perdere i riferimenti entro cui sono cresciuti, non trovano un altro modello e vivono una fase di transizione, dal rassicurante patriarcato all’ignoto perturbante.

Chi stenta a capire quale sia il fastidio, l’imbarazzo, a volte lo schifo che si prova durante una molestia, è ancora condizionato da una cultura sessista che induce a coprire, occultare, in sostanza colludere

La normalità dello stupro

Nella cultura dello stupro le donne conoscono fin dall’adolescenza un continuum di esposizione a una violenza minacciata, che spazia dai commenti e dagli inviti sessuali più volgari alle molestie fisiche, fino allo stupro stesso. Non esco da sola, torno presto la sera, mi vesto sobriamente, sono prudente: tutte queste tacite ingiunzioni autoimposte sono sintomo di un problema, o no? La mia percezione di esistere è quotidianamente impastata alla percezione paralizzante di essere violabile da chiunque. È già violenza il solo fatto di aver paura.

L’Istat (2016) ci dice che il 36% delle italiane la sera non esce di casa o si fa accompagnare se deve uscire: coprifuoco, come in uno stato di guerra permanente. Per un uomo prendere la metropolitana di notte significa solo spostarsi, per una donna equivale a stare col cuore in gola. Lui non si è mai sentito rassicurato dal solo fatto che il passo affrettato per strada dietro di sé appartenesse a una persona del suo stesso sesso. Lui non ha mai pensato che questo fosse un privilegio.

Lui non si indigna per ciò che vede accadere intorno, non lo ritiene assolutamente un suo problema

Nel 2013 in Gran Bretagna, in prossimità di Halloween, lo Scare Kingdom Scream Park riservò ai visitatori, con un piccolo sovrapprezzo, un’ala speciale: lo Psychomanteum, un percorso creato per “sperimentare l’eccitante esperienza dello stupro”. A parecchi è piaciuto, dice il gestore del parco tematico.

Lo sterminato mondo del web

Il corpo femminile è simbolicamente, sistematicamente violato sul web. A livello europeo una donna su dieci dai 15 anni in su è stata oggetto di cyberviolenza. Che una scena di sesso in rete, per avere tanti clic, debba essere imbastita con un lui aggressivo e una lei non consenziente è il leitmotiv che ritorna. Le innumerevoli testimonianze di odio misogino nei social iniziano di solito attaccando la vittima con commenti di discredito del suo aspetto, per arrivare al post sprezzante che aggredisce specificatamente per il genere e raggiungere infine la meta della minaccia, con auguri di stupri e violenze fisiche di vario tipo. Qualcuno si sente nel giusto pubblicando su Facebook foto di ragazze in minigonna con la didascalia Questa qui sta pregando di essere violentata. Ma anche:

Una cagna dell’Anpi nega le foibe. La andiamo a prendere e la stupriamo?

Spero vivamente che alcune consigliere subiscano violenza e stupro da parte di qualche bel nigeriano … forse è proprio quel che cercano

Le femmine sono carne da fottere e stuprare.

Il florilegio potrebbe continuare a lungo: non sono solo comuni cittadini ma leader politici, o rappresentanti nelle istituzioni. Ve lo ricordate: “Cosa faresti in auto colla Boldrini?”, un gioco provocatorio che sollecitava reazioni violente. Com’è puntualmente accaduto, con 70mila risposte: era il 2014.

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Le illustrazioni sono opere o frammenti di opere dell’artista Valeria Corvino.

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