Gioventù bruciata dove la parola “stupro” sembra un complimento

Adolescenti educati alla sessualità sui siti porno: il 25% pensa che la violenza sia legata al portare vestiti succinti

Graziella Priulla
Graziella Priulla
Sociologa e saggista, già Docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Catania. Ha pubblicato, tra gli altri, "Violate. Sessismo e cultura dello stupro" (Villaggio maori) e "Parole tossiche. Cronache di ordinario sessismo" (Settenove).



Aumentano gli stupratori minorenni e aumentano gli stupri di gruppo frequenti in quelle fasce d’età dove il senso di appartenenza ha una forte importanza sia in termini di reputazione sia in termini emotivi. La dinamica del branco è nota. Sembra obbligatorio seguire il movimento collettivo e comportarsi come gli altri: se lo fa il leader, lo posso fare anch’io; se lo facciamo tutti, non c’è niente di male; se mi sottraggo, poi verrò deriso; non voglio rovinare la festa. Che problema c’è? sembrano pensare questi ragazzi convinti di non far altro che divertirsi tra compagni.

La giustizia minorile

La giustizia minorile ha in carico ben 1.079 ragazzi condannati per stupro e 123 per atti sessuali con minori. A questi si aggiungono le 220 condanne per altri reati a sfondo sessuale (ad esempio sfruttamento di pornografia minorile). Il 25% ha tra i 18 e i 21 anni, il 29% ha dai 14 ai 15 anni e il 44 % ha tra i 16 e i 17 anni. I maschi italiani sono stati intervistati da WeWorld nel secondo “Rapporto sulla violenza sulle donne e gli stereotipi di genere”:

il 16% dei più giovani pensa che la violenza domestica sia spesso dovuta al fatto che le donne siano esasperanti, il 19% ritiene che se un uomo viene tradito è normale che si arrabbi al punto da diventare violento, il 25% è convinto che gli abiti succinti provochino le violenze

Dalle risposte a un questionario elaborato dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza e pubblicato nel marzo 2019, emerge che una ragazza su dieci, tra le millennials, è stata almeno una volta insultata o offesa dal proprio fidanzato (in circa la metà dei casi anche in pubblico e per motivi banali). Una su venti ha detto di essere stata addirittura picchiata. Il 2% ammette di aver avuto rapporti intimi contro la propria volontà.

Le violenze da parte di adolescenti

Si parla di adolescenti “normali” che non hanno particolari profili di rischio, che sono, agli occhi di genitori e insegnanti, insospettabili. A Savona ad esempio nel 2013 è la scuola a essere stata teatro di abuso e violenza: una giovane alunna nei bagni di un liceo è stata sottoposta a molestie di vario genere e costretta a un rapporto orale. I responsabili? Quattro suoi coetanei, tutti tra i 15 ed i 16 anni. L’età giovanissima facilita l’inconsapevolezza e il comportamento degli adulti facilita il senso d’impunità. Marzo 2019, tre diciannovenni violentano una ragazza nella stazione di San Giorgio a Cremano, i genitori li applaudono quando escono dalla caserma: “Quella ragazza provoca dalla mattina alla sera, logicamente loro sono maschi, stanno condannando tre bravi ragazzi che vanno a lavorare”.

Ciò che spesso colpisce, nei casi di stupri da parte del branco degli adolescenti, è lo stupore con cui accolgono le condanne, abituati come sono a sentir dire dagli adulti: “Ma sono ragazzate!”, “Volevano solo divertirsi”, assimilando così uno stupro a un gioco

Una “bambinata”

Nel 2017 a parlare di “bambinata” è il sindaco di Pimonte (Napoli) che così “assolve” ufficialmente una decina di ragazzi che hanno ripetutamente stuprato una coetanea costringendola a scappare in Germania, insieme alla famiglia. Accade a Torino, a cavallo fra il 2014 e il 2015: violare per sette mesi una coetanea in un garage, fotografare il tutto con i cellulari, minacciarla di ritorsioni affinché non smetta di “servire” i quindici ragazzini, sono atti che gli altri alunni della scuola media in cui la 13enne studiava hanno definito come “una cosa normale”. Dicono che lei andava là “liberamente”, e che “tutti sapevano”. D’altronde gli stupratori si vantavano della prodezza con l’intero quartiere. Nel frattempo la ragazzina ha cambiato istituto, i suoi due compagni di scuola stupratori no. Ma è logico, spiegano le altre alunne: “Ha dovuto trasferirsi perché è stata violentata”. Sanno già benissimo chi dovrà pagare per questo e non sono certo i violentatori.

2015, Sorrento: poche ore dopo aver violentato una turista americana in una discoteca i suoi carnefici – poco più che ventenni – scattano un selfie facendo il segno della vittoria, simbolo di una cultura dove ogni schifezza sessuale viene considerata un cimelio per il maschio. Gli amici difendono gli stupratori (uno dei quali recidivo): sono bravi ragazzi e comunque “non hanno bisogno di stuprare perché piacciono alle donne”.

Quale cultura li ha cresciuti, quali esempi? Quali libri, film, fiction, social, quali parole hanno formato il loro universo? Quali miti, quali macabri rituali lo popolano?

L’educazione sessuale fatta sui siti porno

Nell’esultanza di quanti si riprendono con i telefonini mentre esercitano violenza c’è tutto. C’è un’adolescenza cresciuta a YouPorn, incapace di distinguere il virtuale dal reale; c’è la frequentazione di uno o più dei gruppi virtuali che su Telegram si nutrono di fantasie violente. Ci sono le ore di educazione sessuale che non hanno mai fatto, l’educazione al rispetto delle donne che non hanno mai ricevuto; ci sono un’empatia che non hanno mai avuto modo di esercitare, un dialogo sui sentimenti e sulle emozioni che nessuno ha voluto o saputo intrattenere con loro. E c’è poi l’effetto Mitridate dei media: una rissa televisiva fa audience, un post che offende fa visualizzazioni, un format che umilia le donne scala le classifiche. Le giovani generazioni assumono quotidianamente dosi di misoginia in rete, le hanno assorbite da sempre in televisione e si sono anestetizzate.

Le chat dell’orrore sono gestite anche da ragazzini: nel telefonino di vostro figlio potete scoprire ciò che per voi è l’inferno, quello che per lui è un ambiente normale

Il materiale pornografico è il modello di riferimento prevalente quando gli adulti latitano (e lo fanno spesso). La documentazione offerta da Monica Lanfranco nel suo “Crescere uomini. Le parole dei ragazzi” è impietosa. Tra molti maschi adolescenti la frase “sei così bella che ti stuprerei” è ormai pensata come un complimento.

Il linguaggio

“So che lo vuoi, ti do qualcosa di così grande che ti spaccherà il cu*o in due. Siete facili, vi finisco subito. Non c’è bisogno di risparmiare queste puttane”. Il trap contemporaneo, con autori molto amati dai ragazzini, è infarcito di testi pieni di bitch, cagna, tr*ia, e sono volutamente urticanti, vengono incoraggiati dall’industria discografica, celebrano la violenza ed esprimono disprezzo per le donne. È arte? Ammesso che lo sia, ammesso che sia davvero trasgressiva (gira e rigira le parole sono sempre le stesse), anche l’arte si può criticare. Inutile e controproducente però invocare censure: si tratta piuttosto di analizzare il contesto in cui fenomeni come questi vivono e prosperano.

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