Streghe, vampire, guerriere. Figure che rompono uno schema trito e ritrito, maschilista e fallocratico, e che rappresentano una spina nel fianco per l’uomo-norma, per la società abituata a uomini al comando e a donne nelle retrovie. Donne che per questo vengono temute, marginalizzate, punite e uccise. Tale è il percorso delle protagoniste di serie come “Penny Dreadful” (John Logan), “Game of Thrones” (David Benioff e D. B. Weiss), “Salem” (Adam Simon, Brannon Braga, Janet Montgomery e Shane West) e “A Discovery of Witches – Il manoscritto delle streghe” (Kate Brooke e Deborah Harkness, Teresa Palmer e Matthew Goode): donne ritenute dannose per il coraggio con cui spezzano le catene.
In “Penny Dreadful” le donne sono molto presenti: dalla prostituta alle streghe della congrega
Il mondo fantastico di Vanessa Ives
In un mondo da richiami letterari (Victor Frankenstein, Dorian Gray, Dr. Jekyll e Dracula), citazioni (Mary Shelley), mitologia egizia, licantropi, streghe e vampiri, vive in una Londra gotica ottocentesca, la prodigiosa Vanessa Ives: donna di potere, bellezza, cultura e sensualità. Lei vive in perenne lotta con la fede in Dio, per difendersi da forze sovrannaturali che sono in lei, e che si traducono in potere, passione ed erotismo. Un fattore scomodo, perché la sessualità femminile può esistere solo con il permesso maschile, e solo in risposta al suo bisogno. I demoni la possiedono e la minacciano dall’interno, e ciò per una società siffatta rende più sopportabile la sua eccezionalità. I doni, che all’inizio per lei sono da allontanare, poi vengono accolti, educati dall’addestramento di Joan Clayton, strega buona, mammana ed erborista. Poteri che si rivelano utili a salvare coloro che la circondano. Ma è chiaro: alla fine lei dovrà essere in qualche modo sacrificata per il bene “pubblico”, per l’ordine sociale prestabilito.
Si lascia sedurre dal Vampiro che le succhia il sangue, la linfa vitale fulcro del potere femminile: “rapina” del sangue simboleggiata come espropriazione di una parte di lei
Vanessa, che avrebbe potuto scegliere di diventare Vestale di Lucifero, l’antagonista di Dio, e che mostra il suo libero arbitrio nella scelta opposta per non andare contro se stessa, “sceglie” però di diventare la signora della bestia, e si lascia sedurre da Dracula che la coglie in fallo nella condivisione della solitudine per la diversità. Questa donna superiore, spaventosa che ha sempre combattuto contro la sua vera natura che la fa discendere da un’antica dea egizia, si trasforma e oscura il mondo con l’accoppiata malefica. Ma questo potere non fa per lei, la disumanizza, e così deve essere eliminata per riportare lo status quo: il potere del maschio bianco razionale timorato da Dio. E per questo chiede a Ethan, il cane di Dio ma anche l’uomo che ama, di ucciderla per riportare tutto al proprio posto e salvare il mondo dalla sua oscurità.
Così la “strega” furiosa perde la sua “cattiveria” grazie a Ethan che è il suo punto debole: l’amore che rende le donne fragili, che le fa soccombere, perché si è più deboli quando si ha qualcosa da perdere
Daenerys, la madre dei draghi
La stessa sorte tocca alla Madre dei Draghi, Daenerys, una delle protagoniste più amate di “Game of Thrones”. Le donne, viste dai maschi come corpi da possedere, ribaltando il cliché diventano guerriere, strateghe che rompono gli schemi per narrare un’identità non convenzionale. Daenerys però non viene sacrificata ma viene punita per sete di potere e voglia di vendetta che non sono concessi a una donna.
Non è più la giovane figlia Targaryen, bottino di guerra, umiliata dal fratello, violentata da Khal Drogo, perché è diventata una spietata donna che pensa ad ottenere il regno. Le sue idee e i suoi piani, figli dell’astuzia e dell’ambizione tipicamente maschili, fanno paura perché sfugge al controllo dell’arcaica legge degli uomini. Anche lei perde di lucidità quando si innamora di John Snow, si mostra vulnerabile e viene uccisa da lui che deve avere il potere senza nessun ostacolo.
Lo stesso pericolo è rappresentato da Cersei Lannister, la vera donna politica. È fredda, determinata, anche lei vuole solo governare
Cercei Lannister
È una villain perfetta volitiva, orgogliosa, priva di scrupoli, esce, almeno all’apparenza, dal cliché della donna che mette prima di tutto amore e figli. Sa vendicarsi: uno dei momenti in cui si comprende davvero la sua natura è quello dell’esplosione del tempio di Baleor da lei preparata nei minimi dettagli. Riesce con l’aiuto di Qyburn a causare la morte dei suoi nemici e compiaciuta si gode lo spettacolo dalla finestra. Al tempo stesso perde l’ultimo dei suoi figli, Tommen, suicida alla notizia che tra le vittime c’è anche sua moglie Margaery. Cercei, in quanto donna, conquista una cosa e ne perde un’altra. Subisce continue punizioni e umiliazioni (la celebre passeggiata della vergogna al grido di “Shame”) perché ha tentato di uscire dal modello ribellandosi. Stanno qui le radici della misoginia intrinseche anche nella società odierna, e muore perché è un oltraggio al potere maschile. Dopo aver ottenuto tutto, cade proprio sotto le macerie del suo stesso “impero”, abbracciata a Jamie.
La rappresentazione è chiara, questa è la morte che le spetta: essere una donna depotenziata, privata della sua eroica aura, fragile, bisognosa delle braccia dell’uomo che ama
Sansa e Arya
Diverso è il percorso delle sorelle Stark, Sansa e Arya, capaci di acquistare consapevolezza lavorando su di sé. La vera vincitrice è Sansa: ottiene il regno, l’autonomia, la sconfitta dei nemici. Le è stato insegnato a essere buona, pura per essere la moglie del Re e non la Regina. La sorte con lei non è stata benevola, viene promessa in sposa al folle e terribile Joffrey che la umilia, viene venduta a Ramsay Bolton e da lui stuprata, rappresentazioni entrambe di uomini crudeli e disumani. Sansa capisce per sopravvivere deve armarsi. Ogni ferita, ogni violenza la tempra e diventa così invincibile.
La ragazzina dimentica il bagaglio con cui è cresciuta e lascia spazio a un’astuta e fredda donna che vince
Arya racconta la storia di una libera da catene. Rifiuta le imposizioni dettate dal suo essere donna, da piccola ha una spada, non pensa a sposarsi e a essere una “signorina”. Diventa sicura di sé, acquista un ruolo, è una guerriera e salva la situazione, spendendosi per tutti. La sua evoluzione è potentissima: si afferma declinandosi a suo modo, al di là del maschile e femminile.
Mary e Anne: le temibili streghe di Salem
Si parla di potere anche nella serie “Salem” al cui centro ci sono Mary e Anne, entrambe streghe fortissime dal percorso opposto. La prima è diventata strega a causa del dolore quando John, l’uomo amato, è stato cacciato da George Sibley che l’ha costretta a sposarlo. La seconda lo è per nascita e lo scopre solo nel corso della storia. Mary sembra spietatissima (ne è un esempio il sortilegio a cui sottopone Sibley, metafora del controllo in cui le donne hanno vissuto) ma persi i poteri si mostra in tutti i suoi dubbi e sensi di colpa. Anne da angelo del focolare diventa sempre più figura dominante, che scopre il proprio dono favorendo così il suo empowerment.
La rappresentazione del femminile è quella di consapevoli e indipendenti femministe che si scagliano contro un mondo maschile che le ha dominate. Per mettere in ginocchio uomo e società usano il loro corpo
La serie simbolizza lo scontro tra uomo e donna, tra il mondo puritano in corpore che la imprigiona attraverso il rogo e l’impiccagione, e il potere femminile arcaico pronto ad armarsi per poter vincere. Sono proprio Mary, che vive finalmente il suo sogno di normalità, e Anne incinta con il suo potere demoniaco, a vincere.
Diana e i dieci nodi da tessere
Un passo ulteriore lo fa “A Discovery of Witches” in cui si parla di emancipazione, donne toste che ricercano la propria identità. Diana è una giovane strega che all’improvviso scopre i suoi poteri ma è incapace di gestirli. Si innamora di Matthew, un vampiro affascinante, nemico storico delle streghe. Qui lavorano insieme alla ricerca del manoscritto alchemico: lui, ancora imbrigliato al vecchio modello, vorrebbe proteggerla, lei non ne ha bisogno e racconta una storia di parità.
Diana è la donna moderna, in cui maschile e femminile si mescolano: sicura di sé, dimostra ciò che prova senza paura e cresce potente e centrata, dimostrando il suo desiderio prendendosi anche l’uomo che ama contro i pregiudizi di tutti
Nella seconda stagione tutto si complica, la storia si fa viaggio nel tempo in cui Diana affina le proprie arti. Non è un caso se alla fine, dopo aver vinto, è incinta: la gravidanza celebra il suo potere che in molti testi sul mostruoso femminile rappresenta l’incubo primordiale più spaventoso per l’uomo perché sancisce la sua “inessenzialità”. Sono donne che si ribellano alla violenza della sottomissione e della perdita di sé. È per questo che vengono rappresentate come esseri sovrannaturali e per questo che vengono marginalizzate e cancellate. Escono dall’impotenza, pretendono autonomia, ci ricordano che per il potere si deve passare da un “mare di sangue”. Ricordano a tutte coloro per cui è ancora difficile essere indipendenti, che per liberarsi dal patriarcato spesso si deve diventare streghe. Ci insegnano che partendo da quel margine si possono fare meraviglie.