Cosa cambierà e come saranno i nuovi consultori di Giorgia Meloni?

Il fascismo mai tramontato in Italia è intrinsecamente machista e basa la società sulla famiglia tradizionale con a capo il pater, in questa prospettiva la prima donna premier non sembra potersi schierare a favore dei diritti delle donne

Judith Pinnock
Judith Pinnock
Psicologa e psicoterapeuta italo inglese, è esperta di linguaggi e comunicazione di genere. Ha scritto "A Tavola con Platone" e "Bella CostituZIOne" (Ferrari Sinibaldi).



La domanda sorge spontanea: dopo la risalita di Fratelli d’Italia diventato primo partito alle elezioni del 25 settembre e dopo la vittoria schiacciante di Giorgia Meloni, cosa cambierà adesso? Ebbene vi do una notizia: non cambierà assolutamente nulla, le cose continueranno a essere come sono state finora, perché in Italia la Resistenza e la Liberazione sono state due eventi coraggiosi ed eroici, che hanno impresso nel popolo italiano un anelito di libertà e autodeterminazione. Anche se, a ben vedere, sono state espressione di una minoranza della popolazione.

La continuità con il fascismo

Il regime fascista è nato da un fenomeno di massa e si è basato sul consenso, certamente anche grazie alla repressione violenta del dissenso. Tuttavia leggendo un libro importante come “Gabriella Degli Esposti, mia madre” scritto da Savina Reverberi Catellani, figlia della martire partigiana (Artestampa, 2016), è evidente la continuità con il fascismo di ieri e di oggi che, nella sostanza, non è mai cessata né è stata seriamente messa in discussione nemmeno negli anni immediatamente successivi alla caduta del regimen fascista. Quando ho letto questo libro ho capito aspetti della società italiana che mi avevano sempre lasciata perplessa. Avevo, come moltissime persone, fatto mia una visione romantica della Liberazione, con partigiane e partigiani eroici che erano riusciti, quasi solo con la forza della disperazione, a eliminare anche fisicamente il dittatore.

Il saluto romano e non solo

Giorgio Almirante

Eppure, anche se la Costituzione sancisce che “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”, ci siamo mai chiesti perché uno come Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano (che aveva nel simbolo la fiamma tricolore come anche Fratelli d’Italia) potesse parlare del tutto indisturbato in televisione alla pari con altri esponenti politici, nonostante ci fossero denunce, filmati e fotografie di suoi comizi pubblici con tanto di saluto fascista? Tuttora, quando si parla di braccio teso, commemorazioni a Predappio, souvenir di mussoliniana ispirazione, si riporta il tutto a pochi nostalgici, più o meno in buona fede, come una caratteristica pittoresca del nostro paese, alla pari del gesticolare, la pizza, i mandolini e le gondole.

Però le bandiere rosse in chiesa no

Partigiane

Raccontando la storia di Gabriella Degli Esposti Reverberi però ricorda, e si percepisce tuttora la sua rabbia e la ribellione, diversi fatti interessanti. Alla prima commemorazione dei caduti in guerra organizzata dal suo Comune il prete fermò le autorità che si accingevano a entrare in chiesa perché portavano le bandiere rosse, perché “oltre a negare la benedizione alla commemorazione, nemmeno il funerale aveva concesso ai nostri cari perché i fascisti non volevano: e lui accettò”.

Giorgia Meloni

Racconta, indicandone nomi e cognomi, dei delatori dei nazisti che continuavano a spadroneggiare nel paese perché godevano “del sostegno dei [loro] camerati e della polizia, e se tra noi fosse nata una rissa certo la ragione l’avrebbero data a lui, a quel criminale”. Racconta ancora di fiancheggiatori del regime che dopo la Liberazione si spacciarono per partigiani, di fascisti con posizioni pubbliche, di potere, che conservarono i loro ruoli, che grazie alla guerra si erano arricchiti e che nessuno aveva scalzato.

Nessuna sconfessione né passo indietro

Questa cronaca spiega come mai non c’è mai stata una vera, profonda, radicale discontinuità e sconfessione delle logiche fasciste. Ma, arrivando ai nostri giorni, perché ci aspettiamo qualcosa di diverso, dopo il risultato elettorale, se l’Italia è stato ed è tuttora un paese profondamente maschilista? La visione del mondo maschilista è assolutamente fascista, perché si basa sulla concezione che ci possa essere una caratteristica che renda alcune persone superiori ad altre, in questo caso si tratta del sesso, ma si estende poi a etnia, identità sessuale, religione, costumi, tutto ciò insomma che sia divergente rispetto al modello stabilito.

Allo stesso modo il fascismo è assolutamente maschilista, esalta una virilità connotata da prestanza fisica ma anche da comportamenti violenti e belligeranti, pensiamo a come Mussolini in primis interpretava il diritto maschile di occupare tutto lo spazio possibile con la sua classica e stereotipata postura del mento alzato, le mani sui fianchi, la voce roboante, la passione per le divise (di cui ho già scritto altrove), la scelta di posizioni sopraelevate.

Il dictat machista

Dal fascismo discende un diritto di famiglia che è una vera licenza di uccidere, prevedendo per gli uomini tutta una serie di condiscendenti attenuanti per i delitti casalinghi, come il delitto d’onore, che riteneva l’uomo in diritto di vendicarsi uccidendo mogli, figlie, sorelle che lo avessero oltraggiato, il matrimonio riparatore, che cancellava la delittuosità dello stupro se lo stupratore sposava la sua vittima, riparando appunto un delitto contro la morale comune – morale tutta maschile -, ambedue eliminati solo nel vicinissimo 1981. E solo nel 1968 la Corte Costituzionale abrogò l’articolo del Codice Penale che puniva l’adulterio che era tale solo se compiuto dalla moglie,  non c’era analogo termine per i tradimenti maritali.

E anche se queste leggi sono cambiate discende direttamente da loro la ben nota vittimizzazione secondaria, quella che nei casi di delitti di carattere sessuale trova nel comportamento e nell’aspetto della donna la causa scatenante, e invece nelle condizioni dell’uomo (sociali, lavorative, economiche, emotive, psicologiche, chi più ne ha più ne metta) le motivazioni comprensibili dell’insano gesto. Donne da bruciare e uomini da compatire, al massimo curare.

L’attacco alla 194 è scontato

Lo sconforto con cui ci aspettiamo tutte un attacco alla legge 194, sull’interruzione volontaria di gravidanza, è immotivato, sapete perché? Perché non serviva l’arrivo di Giorgia Meloni, la 194 è stata ritoccata nei fatti dal momento in cui è stata permessa ma non regolamentata l’obiezione di coscienza da parte dei medici: essa è certamente un diritto individuale, ma ad esso non poteva, non doveva corrispondere che i medici obiettori rimanessero indisturbati in servizio impedendone l’erogazione.

Ci siamo scandalizzate davanti alle affermazioni di Meloni che, ammantata di soave candore, dichiara che vuole solo rendere possibile alle donne la scelta se abortire o continuare la gravidanza, laddove l’aborto sia determinato, ad esempio, da condizioni sociali, lavorative, economiche.

Benefit a tutte le donne che vogliono abortire, sì ma come?

Può perfino sembrare un ragionamento con una sua logica, anche se personalmente ritengo che lo Stato debba essere capace di fare un discorso complessivo sulle condizioni di povertà e su come evitarle, non solo nel momento della scelta se avere o no un figlio. E poi mi chiedo come fare ad applicare questa tutela del diritto di scelta? Inoltre non sono a conoscenza di donne che abbiano subito pressioni per abortire, mi risultano invece casi in cui attivisti cattolicheggianti facciano enormi pressioni psicologiche, vere e proprie intimidazioni, alle donne che accedono ai servizi di interruzione della gravidanza.

Quindi proviamo a immaginare i nuovi consultori dell’era Meloni. Offriamo a ogni donna che vuole abortire non so, casa, lavoro, sostegno economico, supporto psicologico? fate voi. Lo offriamo a tutte le donne? Per tutte le gravidanze della loro vita? Questi nuovi consultori immagino intitolati a Dio, Patria e Famiglia tratteranno allo stesso modo una torinese di ceto magari modesto nell’unica gravidanza della sua vita e una nigeriana che si rivolgerà al servizio magari cinque volte? (permettetemi di cavalcare lo stereotipo, ma sarete d’accordo con me che assisteremo ad una politica che si nutrirà di stereotipi, quegli stessi che sono stati così utili in campagna elettorale). O il nuovo Ministero, che so, della Morale familiare stabilirà il numero minimo di figli che ogni donna obbligatoriamente dovrà sfornare per il bene della Patria, ma anche il numero massimo, naturalmente diverso in base a etnia, ceto eccetera?

Quali cambiamenti reali?

Ecco cosa accadrà da oggi: nessun reale cambiamento, noi donne in particolare eravamo già messe abbastanza male, solo le cose saranno molto più visibili, anzi ciò che finora è stato fatto in sordina probabilmente sarà occasione di vanto, e assisteremo o provocheremo, se saremo brave, degli smascheramenti come quello che ho ipotizzato. Resta la necessità di interrogarci sul fascismo che è in ciascuna e ciascuno di noi, quell’intolleranza verso il bisogno dell’altro che in qualche modo è sempre stata presente, per cui quello che conta davvero è la nostra situazione personale, e poi che il contesto intorno a noi sia gradevole e decoroso, invece che equo e solidale.

Per equità e solidarietà ci vuole impegno e assunzione di responsabilità, per il decoro e l’ordine invece basta qualche ipocrita decreto comunale e un martellamento mediatico, a vari livelli, su quanto le persone vulnerabili e in situazioni di disagio siano in fin dei conti colpevoli del loro stato (perché se davvero lo vuoi lo avrai, e la meritocrazia, e le skills) e da mettere al bando, magari de-portandoli altrove.

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