Sorvegliare e punire: il carcere non riabilita e produce il 70% di recidiva

Lectio Magistralis di Raúl Zaffaroni su "Diritto penale e criminologia sociologica: integrazione e disintegrazione"

Marina Pasqua
Marina Pasqua
Avvocata penalista, responsabile della formazione penale nella Cpo dell’Ordine degli Avvocati e Consigliera del Direttivo della Camera Penale di Cosenza. Fondatrice e referente del Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino” e componente della Rete delle Avvocate D.i.Re (Rete nazionale dei centri antiviolenza).



La scienza penalistica trova in figure come quella di Raúl Zaffaroni, degli splendidi fari. Professore emerito di diritto penale e di criminologia nell’Università di Buenos Aires, Zaffaroni è giudice presso la Corte interamericana dei diritti umani dal 2016, ed è stato Ministro della Corte Suprema Argentina ma ha anche ricevuto 31 lauree honoris causa da Università di 13 Paesi, ed è vicepresidente dell’Associazione internazionale di Diritto penale, nonché membro della Commissione internazionale dei giuristi dell’ONU.

Le radici

Per questo la sua Lectio Magistralis su “Diritto penale e criminologia sociologica: integrazione e disintegrazione”, è stato momenti importanti nell’approccio critico alla questione criminale e di proficuo confronto tra Università e Avvocatura.

Quando si ragiona su potere punitivo, funzione della pena, carcere, la memoria corre a Mario Cattaneo su pena, diritto e dignità umana

Raúl Zaffaroni

L’ idea di costruzione di un modello integrato di diritto penale e criminologia, e lo svilupparsi del diritto internazionale che si occupa dei diritti umani vede, nel pensiero di figure eminenti come quella di Zaffaroni, fonte di rafforzamento dei nostri convincimenti. Idee che affondano le radici nel pensiero del Beccaria di “Dei delitti e delle pene”, nel suo farsi vicenda personale e storica; del Foucault di “Sorvegliare e punire. Nascita della prigione”; del Ferrajoli di “Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale”, sino ad arrivare al pensiero di Tommaso Sorrentino, che come penalista calabrese mi piace ricordare, con il suo “Storia del processo penale. Dall’Ordalia all’Inquisizione”, (nella cui fittissima bibliografia troviamo dal Manzini al Manzoni, da Foucault a Nietzsche, da Beccaria a Ginzburg, da Girard de “La violenza e il sacro” al Cordero, da Bloch a Borges, da Voltaire alla Yourcenar de “L’opera al nero”).

In Italia

Tamar Pitch

Gli autori e le autrici di riferimento, in Italia, sono davvero tanti e tante. Penso alle sollecitazioni che da anni vengono dal pensiero di Alessandro Baratta con la sua criminologia critica, al pensiero di Dario Melossi, ai moltissimi stimoli della filosofa e sociologa del diritto, Tamar Pitch, e agli approfondimenti della rivista “Studi sulla questione criminale (dei delitti e delle pene)”, i cui contributi sono di inestimabile valore scientifico e politico. Per noi avvocate e avvocati penaliste/i la riflessione sui temi trattati nella Lectio Magitralis del Professore Zaffaroni è carne viva, conoscenza delle ingiustizie che si consumano, della violazione dei diritti umani che accadono nel nostro Paese e nel Mondo. È quanto viviamo nel sostenere le ragioni e i diritti dei nostri assistiti, delle nostre assistite.

Lectio Magistralis

Il potere punitivo vìndice non può e non deve trovare legittimazione in uno Stato democratico. Questo e non altro rischia di essere il carcere in quello che Zaffaroni definisce “questo inquietante XXI secolo”.

Non esistono prove sull’utilità del carcere e sulla sua capacità rieducativa. Le statistiche mostrano il suo fallimento, non solo per problemi di sovraffollamento, elevati tassi di suicidio e atti di autolesionismo, ma soprattutto per il tasso di recidiva che è il 70%

In tempo di Covid, poi, l’istituzione totale assume connotazioni ancor più tragiche, paventandosi sempre più possibili violazioni dei diritti umani. In stagioni dalle forti suggestioni securitarie, a nulla pare valgano i dati confortanti che vengono dall’applicazione del sistema delle misure alternative se le coraggiose posizioni di taluni magistrati di sorveglianza vengono guardate come “parenti scomodi” da molti colleghi; se le pulsioni di controllo appaiono sempre più spesso principi ispiratori di leggi emergenziali del nostro Paese, mentre la Costituzione appare sempre più inapplicata e vilipesa.

Come possiamo intraprendere delle strategie giudiziarie serie che siano volte al recupero anziché esclusivamente alla punizione? Come possiamo andare verso nuove forme di composizione dei conflitti?

Alessandro Baratta

Come possiamo superare l’istituzione penitenziaria e la retribuzione sotto forma di privazione della libertà? Siamo andati verso il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari ma le violenze sono all’ordine del giorno e vi sono condizioni di vita inadeguate e carenze strutturali. “La Società del controllo non solo produce diseguaglianze ma le presuppone” (come dice Baratta).

Il potere punitivo

Michel Foucault

L’ Europa ha più volte richiamato l’Italia per l’uso eccessivo della custodia cautelare, per il sovraffollamento e per la durata dei processi (sentenza Torreggiani, definitiva maggio 2013). Sono con Zafferoni quando dice che “il potere punitivo è un fatto politico”, quando ammonisce sui rischi della “diffusione di una idolatria del potere punitivo”, quando afferma che “il diritto internazionale è riuscito a sradicare l’abitudine normalizzante di legittimare la guerra giusta che ancora oggi pesa sul diritto penale, legittimando il potere punitivo”.

Perché è vero che quando il potere punitivo si espande e il potere limitante si riduce, lo Stato si allontana dal modello ideale di diritto, per avvicinarsi a uno Stato di polizia con tendenze al totalitarismo o all’indebolimento e al degrado dello Stato. A noi avvocate e avvocati penaliste/i non resta che rafforzare l’azione della difesa, il compito alto che tutte e tutti siamo chiamate/i a svolgere, ciascuno nel proprio ambito ma aprendosi a uno sguardo multidisciplinare. Si potrà così, auspicabilmente, arginare il potere punitivo, tutelando i diritti umani, continuando a pensare a un mondo in cui si possa giungere all’abolizione del carcere.

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