In questo momento in Grecia i senza lavoro sono circa 1’029’587 e la disoccupazione è al 20,9% (dati ELSTAT – Autorità del Sistema Statistico Greco). Il paese, che fino al 2006 aveva una crescita del 5,6%, oggi ha un debito di 325 miliardi di euro ed è stato costretto a varare altri tagli a «garanzia» del nuovo prestito europeo di 130 miliardi che dovrebbe scongiurare il ritorno alla dracma e il default definitivo. L’Eurozona però non si fida di Atene e la Troika (Unione Europea, Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea) ha optato per un controllo permanente con un conto bloccato dove i greci verseranno gli interessi sul loro debito.
La stretta è forte e il governo tecnico di Papademos non riesce a contenere la protesta dei greci che scendono in piazza esasperati. Manifestazioni di giovani, donne, uomini, e anche anziani, che spesso si trasformano in scontri con la polizia. Nelle scorse settimane 100.000 manifestanti sono scesi in piazza Syntagma mentre il governo varava tagli su lavoro, servizi sociali, sanità, pensioni, salari. «Povertà e fame non hanno nazionalità», si leggeva su uno degli striscioni dei dimostranti che si sono fermati fuori dal Parlamento dove ormai la gente è in mobilitazione permanente.
Per il Dipartimento che relaziona sulla salute i tentativi di suicidio in grecia sono aumentati del 40% e i crimini invece del 100%
mentre per la Confederazione nazionale del commercio ellenico oggi in Grecia un cittadino su quattro vive al di sotto della soglia di povertà e a fronte della chiusura di 60.000 imprese, più di 400.000 famiglie sono senza reddito. «A Patrasso – conferma Theoharis Massaras, vicesindaco – le richieste di aiuto sono aumentate, e l’anno scorso a Natale abbiamo inviato cibo a 400 famiglie». I gruppi sociali più colpiti sono i giovani e le donne, con una disoccupazione del 48%, nella fascia tra i 15 e i 24 anni, e del 24,5% per la popolazione femminile. Per le donne in particolare è una vera odissea:
oggi partorire in un ospedale greco costa 1000 euro e le donne in travaglio possono trovarsi cacciate dagli ospedali se non sono in grado di pagare
Ma il lato disumano della crisi sono le madri costrette ad abbandonare i figli perché non sanno come sfamarli. «Nell’ultimo anno abbiamo avuto centinaia di casi di genitori che ci hanno lasciato i loro figli – dice padre Antonios che gestisce il centro di accoglienza Kivotos – e ci sono arrivati neonati denutriti perché le mamme non mangiano e non riescono ad allattarli».
i Bambini svengono in classe perché a digiuno, altri che dicono di aver dimenticato la merenda perché si vergognano, altri vengono abbandonati a scuola
come il caso di una piccola di quattro anni che in un asilo di Atene è stata ritrovata con questo biglietto in tasca: «Non verrò a prendere Anna oggi, perché non posso permettermi di prendermi cura di lei. Per favore, abbiatene cura. Mi dispiace. Sua madre». E non si parla di famiglie disagiate, ma di madri che prima avevano una vita normale. La solidarietà però non manca: «Sono tantissimi i casi di bambini abbandonati – dice una studentessa di Atene – ma si è sviluppata una grande rete di solidarietà e chi può porta cibo, vestiti e coperte. Nelle scuole, dove la situazione dei bambini lasciati dalle mamme è terribile, le maestre e i presidi fanno collette per poter dare un pasto al giorno agli alunni».
Le donne greche però si sono organizzate. Sonia Mitralia, un’attivista greca, è membro del CDTM Iternational (Comitato contro il debito internazionale), e nel suo paese ha organizzato un movimento di donne indipendenti contro il debito in Grecia. «La crisi – spiega Mitralia – riguarda prima di tutto noi donne in quanto il piano di austerità, tagliando in particolare ciò che resta dello Stato sociale e dei servizi pubblici, declina la responsabilità che aveva nei confronti dei suoi cittadini sulla famiglia, e quindi sulle donne che dovranno prendersi cura di bambini, malati, anziani e portatori di handicap, al posto dello Stato e a titolo gratuito».
Mitralia è riuscita a sottoporre il memorandum «Le misure di austerità: un pericolo per la democrazia e i diritti sociali», alla Commissione Sociale dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di fine gennaio a Strasburgo, dove spiega che «due anni dopo l’inizio della terapia d’urto imposta alla Grecia dalla Bce, la Commissione europea e il Fondo Monetario Internazionale, il risultato è disumano». Per Mitralia «Stiamo assistendo in Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna e in Europa, all’attuazione di piani di austerità draconiane che ottengono lo stesso risultato in tutto il mondo, vale a dire che affondano economie e popolazioni in una recessione sempre più profonda». Anche il diritto internazionale richiede agli Stati di dare priorità ai bisogni fondamentali dei cittadini e già alcuni rappresentanti del Parlamento europeo per la gestione della crisi greca, stanno iniziando a riflettere sul fatto che tagliare lo Stato sociale non sia una magnifica idea per risanare la Grecia.