194, il buon giudice non obietta

Giudice tutelare del tribunale di Spoleto aveva sollevato il cavillo davanti alla richiesta di una ragazza di 17 anni

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice di DonnexDiritti Network e International Women



Ieri, in Italia, la Consulta della Corte Costituzionale ha “salvato” la legge 194 dichiarando “manifestamente inammissibile” la messa in discussione sulla legittimità costituzionale riguardante l’articolo 4 della legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza, che mesi fa un giudice tutelare del tribunale di Spoleto aveva sollevato davanti alla richiesta di una ragazza di 17 anni che aveva chiesto il consenso del giudice, come prassi nel caso la minore non voglia far sapere ai genitori il suo stato, per poter accedere alla 194. 

Il cavillo su cui il giudice si era impuntato riguardava l’art. 4 percepito come in contrasto con l’art. 2 della Costituzione

con il diritto fondamentale alla salute dell’individuo (articolo 32 primo comma della Costituzione), gli articoli 11 (cooperazione internazionale) e 117 (diritto all’assistenza sanitaria e ospedaliera), ma soprattutto con una sentenza della del 18 ottobre 2011 n. C-34/10 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa alla nozione di “embrione umano” che in realtà era una sentenza sul brevetto di medicinali ricavati da cellule di embrioni umani, nell’ambito di una causa in cui Greenpeace aveva contestato la brevettabilità da parte di un ricercatore tedesco di un procedimento che utilizzava cellule staminali umane “a fini industriali o commerciali”.

Un attacco alla legge 194/78 non completamente “congruo” ma grave, se si riflette sul fatto che qualora la Consulta avesse dato parere differente, l’intero impianto della legge 194 sarebbe stato rimesso in discussione, in quanto l’articolo 4 prevede che l’interruzione volontaria della gravidanza, entro i primi 90 giorni, può essere richiesta dalla “donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito può rivolgersi a un consultorio”.

Il pericolo è che ai medici obiettori si aggiunga la nuova categoria dei giudici obiettori

che farebbe fare un altro passo indietro alle donne italiane. L’obiezione infatti, rischia di essere il tarlo che potrebbe svuotare la legge “al suo interno”, perché se gli attacchi frontali sono evidentemente “incongrui”, il fatto che in Italia il 70% dei medici sia obiettore (così come molti farmacisti), potrebbe far arrivare l’Italia a un punto di “non ritorno”.

 

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