Ieri su hollywoodreporter è apparso un articolo al cianuro scritto dalla celebre sceneggiatrice Leslie Moonves, il numero uno della Cbs, che si è dimesso dopo essere stato travolto dallo scandalo delle molestie sessuali. Uno degli uomini più potenti della tv americana spazzato via da un’altra inchiesta raccontata da Ronan Farrow sul New York Time dove il 9 settembre sono state pubblicate le voci di donne che hanno raccontato le molestie sessuali subite da Moonves.
A parlare sono state in 6, tra cui l’attrice e scrittrice Illeana Douglas, la sceneggiatrice Janet Jones e la produttrice Christine Peters, alle quali poi si sono aggiunte altre costrette a fare sesso orale o a ricevere molestie sessuali, con la minaccia di ritrovarsi con la carriera stroncata per sempre. Ma non c’è solo la violenza sessuale, perché quello che racconta
lui odiava soprattutto Designing Womene in quanto i loro discorsi erano troppo aperti”, e perché probabilmente questa donna aveva una testa troppo indipendente per i suoi gusti.
Per
prepotente e misogino
fatto per soli uomini in sodalizio tra loro, e in cui le donne o erano ubbidienti e accondiscendenti o erano fuori: un po’ come in Italia, dove le donne devono sputare sangue per rimanere autonome nel loro lavoro se non vogliono essere manichini in mano al comando maschile, e devono mettersi la cintura di castità per andare a lavoro se per caso sono anche carine o come dicono molti maschi: “papabili”. Un milione e mezzo che sembra essere aggredito da un esercito di fantasmi dato che qui chi denuncia è solo lo 0,7% mentre gli offender sul luogo di lavoro, continuano tutti a rimanere al loro posto.
Dove però non si è mai smesso di denunciare, e il #metoo prosegue spedito, le teste continuano a saltare e le donne parlano pubblicamente senza paura di essere giudicate, punite o escluse dal loro lavoro (come invece succede qui), e i loro racconti vengono riportati dai media senza storture. Sarà