L’antica Mesopotamia ci ha lasciato un enorme patrimonio di testi scritti in caratteri cuneiformi, soprattutto su tavolette di argilla, oltre che su monumenti come stele, statue e rilievi parietali. Si calcola che i documenti su tavoletta finora portati alla luce siano più di due milioni e si trovano, oltre che all’Iraqi Museum di Baghdad, nei principali musei del mondo, dal British Museum, al Louvre, al Vorderasiatisches Museum di Berlino, per citare solo quelli europei.
La produzione letteraria in Mesopotamia
Molti di essi sono testi amministrativi, relativi alla gestione dell’agricoltura e dell’allevamento, o al pagamento dei funzionari e del personale dei palazzi e dei templi, ma molti sono testi letterari. Questa definizione comprende inni, quasi unicamente religiosi, testi epici e mitologici, testi medici, ecc. Gli autori di queste opere non sono mai indicati nelle tavolette, anche se esistono tesi amministrativi che elencano, tra coloro che ricevono razioni alimentari dai palazzi, come tutti i funzionari, anche autori di opere letterarie, senza però collegarli a un lavoro specifico. Essi erano quindi considerati “impiegati” del palazzo e non artisti liberi di esprimere il loro pensiero, così come avveniva anche per gli autori dei manufatti, come le statue o i rilievi parietali.
Enkheduanna, figlia del re Sargon di Akkad
L’unica eccezione è costituita da uno straordinario personaggio, Enkheduanna, figlia del re Sargon di Akkad, vissuta intorno al 2300 a.C. Questa principessa divenne grande sacerdotessa del dio lunare Nanna nella città di Ur e il suo nome è legato ad alcune fondamentali composizioni poetiche.
una raccolta di 42 inni in gloria dei principali templi della Mesopotamia centro-meridionale e due inni dedicati alla dea Inanna/Ishtar, uno di 153 versi e un altro di 300 versi
Gli elementi di interesse sulla figura di Enkheduanna sono diversi. Il primo e più importante è proprio l’attribuzione di questo robusto gruppo di testi alla sua mano, attribuzione che superò la condanna che invece colpì tutta la dinastia fondata da suo padre e anche la capitale del regno Akkad, condannata a non essere mai trovata, poiché l’archeologia non è stata ancora in grado di identificarla sul terreno. Enkheduanna, invece, godette di un prestigio così forte che il suo nome fu sempre ricordato nell’attribuzione degli inni.
Le opere che ci sono arrivate
Si sottolinea che queste opere non ci sono mai giunte nella redazione originaria, ma sempre in copie posteriori. Ad esempio, uno dei due inni a Inanna ci è giunto in 50 copie di periodi diversi, tutte “firmate”. Un altro fattore importante è che non bisogna pensare che i lavori poetici di Enkheduanna siano semplicemente l’espressione, per quanto sofisticata, di ispirazione lirica. Si tratta, in realtà, di opere dal profondo significato politico perché, nel lodare i templi dei paesi di Sumer e di Akkad, di fatto l’autrice accompagnava e rafforzava le conquiste, anche militari, del padre.
Poeta che dimostra una profonda conoscenza della religione di queste due aree e una grandissima maestria nell’uso delle parole
Ricordiamo anche che i paesi di Sumer e di Akkad avevano composizione etnica, lingua a tradizioni molto diverse tra loro e che la loro unificazione è stata una grande impresa politica più che militare. Ancora più sottile è l’operazione che compie nella composizione degli inni alla dea Inanna/Ishtar. Infatti, Inanna e Ishtar sono i nomi di due divinità simili ma non uguali, una più legata al mondo sumerico e l’altra più legata al mondo akkadico. Nei poemi, l’autrice non le cita mai per nome, ma usa solo gli epiteti e gli aggettivi che le caratterizzavano, portando di fatto alla fusione delle due figure divine, sempre nella linea di appoggiare l’unione di Sumer e Akkad che il padre stava perseguendo.
Il ritratto della prima poeta della storia
Infine, e questo è veramente un unicum, di questa incredibile donna possediamo non solo l’opera poetica firmata, ma anche una sorta di ritratto: un disco di alabastro rinvenuto a Ur reca, infatti, la rappresentazione della sacerdotessa, citata nell’iscrizione posta sul dorso del disco stesso, mentre partecipa a una cerimonia. Pur se raffigurata secondo le modalità tipiche dell’arte mesopotamica, cioè in maniera abbastanza stilizzata:
la figura ha un viso giovanile, arrotondato, naso importante e un’acconciatura non frequente, con due grosse trecce ai lati del viso e un copricapo a calotta rigonfia
Figlia di re e grande sacerdotessa
Certamente Enkheduanna può essere considerata una privilegiata, in quanto figlia di re e grande sacerdotessa in uno dei templi più importanti della Mesopotamia, ma in realtà la sua vita non è stata del tutto facile. Il padre era un usurpatore e dovette faticare per ottenere consensi alla sua salita al trono. Ma anche Enkheduanna ebbe problemi: in uno dei due poemi per Inanna/Ishtar, parlando in prima persona alla dea, dice: “In verità sono entrata nel tempio per tua richiesta, io, la grande sacerdotessa, io Enkheduanna, ho portato il cesto rituale, ho intonato le tue lodi, ma ora, sto con i lebbrosi, io, perfino io, non posso più vivere con te”.
Poema che termina con il ristabilimento di Enkheduanna nel suo ruolo, grazie al favore della dea. È un peccato che la documentazione mesopotamica non abbia conservato altre tracce, più storiche su questa figura sicuramente straordinaria, certamente apprezzata nella stessa Mesopotamia ben oltre la sua vicenda terrena, e si può solo sperare che la ripresa delle attività archeologiche in Iraq possa un giorno portare alla luce una tavoletta cuneiforme con qualche notizia in più su questa figura unica di donna, di grande sacerdotessa, ma soprattutto di poetessa.