Esercito americano: l’80% delle soldatesse ha subito molestie sessuali e il 40% uno stupro

Un anno fa fu ritrovato il corpo smembrato di Vanessa Guillén uccisa dal soldato che l'aveva violentata, ma gli abusi sulle donne nelle forze militari Usa sono difficili da denunciare perché avvengono soprattutto da parte dei gradi superiori

Lucrezia Cairo
Lucrezia Cairo
Social Media Manager



Più di un anno fa, il 22 aprile del 2020, è scomparsa una ragazza di 20 anni, una soldatessa dell’esercito americano a Fort Hood, in Texas. Il suo nome era Vanessa Guillén ed è stata uccisa brutalmente da uno dei soldati che l’aveva molestata, Aaron David Robinson.

Vanessa Guillén

La ragazza fu ammazzata con un martello e poi smembrata con un machete, e i sui resti furono trovati sepolto lungo il fiume Leon il 30 giugno. Lei, prima di morire, aveva però confessato alla famiglia di aver subito ripetutamente molestie sessuali da parte di alcuni soldati, e aveva deciso di non denunciare per timore di ritorsioni. Decisione che non l’ha protetta e il suo femminicidio ha sollevato lo scandalo degli abusi sessuali all’interno dell’esercito americano. 

Violenze sessuali nell’esercito americano

Jennifer Wells

Dopo la diffusione dell’hashtag #IAmVanessaGuillén, centinaia di donne hanno cominciato a raccontare le proprie esperienze all’interno dell’esercito USA, fatte di abusi, violenze sessuali e minacce, che spesso provengono proprio dai superiori a cui viene denunciato l’accaduto. Jennifer Wells, in missione in Iraq, è stata violentata da un suo collega dopo essere stata condotta nella sua tenda perché le aveva promesso di prestarle qualche DVD.

la donna si è difesa ma non è riuscita a fuggire e al termine dello stupro, l’uomo le ha chiesto se le fosse piaciuto

Erika Arzola

Jennifer ha dovuto far ricorso a un contraccettivo di emergenza, ma non ha osato parlare apertamente e denunciare quello che le era successo, per timore di non essere creduta o di essere rispedita in patria. “Non potevo fidarmi dei miei comandanti, e lo sapevo”, ha affermato. Soltanto alla fine della sua carriera si è recata in una clinica specializzata dove ha raccontato dello stupro avvenuto, e l’aprirsi riguardo la violenza per lei è stato “il primo passo verso la guarigione”. Anche Erika Arzola, che nel 2017 nell’esercito aveva solo 18 anni, è stata violentata nel suo dormitorio da un collega-amico mentre si trovava nella base Joint di San Antonio-Fort Sam a Houston.

Tuttavia, incoraggiata dalle proprie colleghe, la ragazza si è recata all’ospedale e ha denunciato lo stupro a un coordinatore del “Sexual Harassment/Assault Response Prevention Program”, scoprendo così che il suo stupratore era già stato accusato da altre tre donne per violenza sessuale. Alla fine, è stato condannato a 10 anni di prigione militare dopo il processo formale. “Penso che per cambiare le cose nell’esercito, bisogni agire da dentro. Vorrei passare 20 anni della mia vita facendo questo mestiere”.

“e ho sentito che non sarei riuscita a portarmi dentro un peso del genere per così tanto tempo”, dice Arzola

Il trauma è troppo profondo

Adriana Montes

Ma le reazioni alla violenza sono tante e diverse tra di loro, perché il trauma a volte è troppo profondo. È il caso di Adriana Montes, oggi 33 anni, che è stata violentata nel 2008 da un altro soldato mentre era in missione in Iraq. Una volta tornata in USA ha iniziato a fare uso di droghe e alcool, fino ad essere sospesa dal servizio militare. Nei quattro anni successivi, la donna ha lottato contro la sua dipendenza, fino a che non ha realizzato che si stava lentamente suicidando a causa di quello che le era successo. “Mio figlio di due anni è la mia ragione di vita adesso”, dice Montes specificando che il suo percorso di riabilitazione ha problematiche psicologiche che lo stupro le ha causato.

Modariel Reid

L’ascolto però non è affatto scontato, specialmente in questo ambiente. E questo è ciò che emerge dalla storia di Modariel Reid, che ha prestato servizio per soli 18 mesi a causa della violenza sessuale subita durante il suo percorso di formazione. Nonostante le sue comandanti fossero due donne nere come lei, l’atteggiamento che le riservavano non le ha permesso di confrontarsi con loro e denunciare l’accaduto. Tutto questo l’ha portata vicina al suicidio e ha poi richiesto un’ospedalizzazione. Un clima generale di omertà e silenzio, che rende ancora più difficile ottenere i dati reali di quello che è un fenomeno endemico all’interno delle forze militari.

Almeno il 25% delle soldate è stato violentato, mentre più dell’80% è stato molestato sessualmente. Dati a cui si aggiunge un aumento del 40% delle violenze contro le donne nell’ambiente militare dal 2016 al 2018, di cui il 59% subito da parte di un soldato di rango superiore e il 24% dai propri comandanti

La problematica del silenzio è altissima in termini di percentuali, con il 71% delle vittime che non denunciano gli accaduti, per paura di essere degradate, minacciate o di essere addirittura in pericolo di vita. E non solo, ma i dati ancora più sconvolgenti provengono dalle recidive: il 64% delle vittime subisce nuovamente violenza, con un 66% di casi in cui il nuovo offender si trova nella cerchia di comandanti a cui sono state denunciate le precedenti violenze.

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