Il 31 gennaio 2022 scadrà il mandato presidenziale di Sergio Mattarella. Dal 31 luglio siamo entrati nel cosiddetto “semestre bianco”, una specie di tempo sospeso: l’espressione – ignota alla Costituzione – è il modo convenzionale per indicare il periodo durante il quale il Capo dello stato non può sciogliere le Camere.
Il toto nomina: e le donne?
In modo sempre più palese è ormai cominciato, come ogni volta, il toto nomina. In alcuni casi come ballon d’essai, in altri per tentare di bruciare un nome, in altri (forse) con una certa approssimazione alla realtà. Il testo dell’articolo 84 della Costituzione recita testualmente:
“Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici”
All’epoca non passava per la testa di contestare il maschile “neutro”, ma il Parlamento italiano deve aver preso alla lettera la desinenza: mai una donna, in 78 anni, è salita al Quirinale (nemmeno a palazzo Chigi, del resto). Nel 1985 (fu poi eletto Francesco Cossiga) circolarono a mezza voce i nomi di Tina Anselmi (3 voti nell’urna) e di Nilde Iotti (4 voti). Il primo tentativo esplicito risale al 1990, quando la stessa Iotti propose di eleggere Presidente della Repubblica un’autorevole figura femminile: “I tempi sono maturi”, disse con molto (troppo?) ottimismo. Emma Bonino fu l’unica davvero in corsa nel 1999, e da quel momento resta anche l’unica proposta dalla popolazione nei periodici sondaggi. Giuliano Amato ricorda che una sua frase di esortazione fu accolta come una bestemmia:
“Neanche avessi proposto un coleottero al Quirinale!”, disse Iotti secondo un dietro le quinte
I nomi papabili
A giugno, e ben 22 anni dopo, Romano Prodi ha lanciato un ballon d’essai, e da allora molti nomi femminili sono stati spesi. Ipotesi, dicono gli addetti ai lavori dalle stanze segrete, più che possibilità, anche se le candidabili i cui nomi vengono discussi in queste ore hanno tutte competenze e profili di alto livello.
Il che per una carica simile sembrerebbe condizione ovvia sia per le donne sia per gli uomini
Si moltiplicano quindi le petizioni e i nomi delle possibili “presidenti” vanno dalla direttrice del Cern, Fabiola Gianotti, alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, dalla ex magistrata Anna Finocchiaro, alla presidente del Senato Elisabetta Casellati, fino a Rosy Bindi. A loro si sono aggiunte anche Paola Severino, ex Guardasigilli, e l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti. Candidate prestigiose: ma quanto realismo c’è nell’elezione di una presidente della Repubblica in questo momento in Italia?
Un cambiamento epocale
Inutile segnalare che sarebbe un cambiamento rilevante, e lo stesso Mattarella l’ha adombrato senza poterlo esplicitare, che aiuterebbe a sconvolgere pregiudizi millenari e a portare una novità significativa in un panorama politico tra i più misogini d’Europa. Uno scatto per partiti iperlitigiosi in crisi di rappresentatività? La sanzione della parità di genere finalmente raggiunta? Magari una soluzione che superando veti incrociati provocherebbe il minor danno? Tra le molte petizioni c’è stata anche quella del “Fatto Quotidiano” che indicava Liliana Segre ma solo come candidatura “di bandiera” nei primi scrutini, “che è cosa diversa rispetto alle candidature politiche”: in italiano “i giochi seri si faranno dopo”. Poiché quella di Capo dello Stato non è una carica simbolica non ritengo giusto e nemmeno rispettoso un gesto simbolico.
piuttosto mi interrogo su quali caratteristiche renderebbero davvero dirompente una presenza femminile al Quirinale
Immagina una donna che avesse lavorato nei movimenti le cui battaglie hanno dato a questo Paese le riforme più importanti, i cambiamenti più incisivi. Immagina una donna che avesse contatto con un territorio ribollente di buone pratiche spesso invisibili ai palazzi. Immagina una donna abituata ad ascoltare le altre con le loro fatiche, le loro paure, le loro ansie, le loro contraddizioni. Che non avesse paura di nominarle e di nominarsi. Che riconoscesse l’ingiustizia, l’arcaicità e anche la fragilità dell’assetto patriarcale e lo denunciasse apertamente. Di donne così io ne conosco tante. Così come ne conosco tante che, per scelta o per inerzia, si muovono come maschi nelle istituzioni e nel mondo. Perché una non vale una.