La storia della bambina di Cuneo sequestrata dallo Stato: “Affidatari si fanno chiamare mamma e papà”

Una mamma denuncia il marito per abusi sui figli e decide di separarsi, il tribunale civile li allontana mettendoli in comunità ma loro non vogliono: tornano in tre, perché la più piccola rimane in una famiglia affidataria e non viene ridata

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice di DonnexDiritti Network e International Women



Una mamma ha quattro figli, tre adolescenti e una bambina di 7 anni, e a marzo del 2018 si separa dal marito dopo 15 anni di convivenza perché lui è diventato un uomo violento. Una storia che inizia nel 2008, quando, dopo pochi mesi dal matrimonio, lui torna casa ubriaco e inizia a spaccare tutto davanti e lei, incinta del terzo figlio, e davanti ai due bambini piccolissimi. Lei che non sa che fare e chiama i suoi genitori i quali, per disperazione, chiamano il 118.

Prima e dopo le violenze

Portato in un reparto psichiatrico, quando esce l’uomo peggiora, diventa sempre più violento, e anche se a parole dice di voler smettere, non lo fa. Poi cominciano le bugie, dice a tutti che è diventato astemio, nasconde le bottiglie nei posti più incredibili: vino, birra, superalcolici, infilati negli zaini, dentro le gomme della macchina, sotto i sedili dell’auto, dentro la legnaia. Arriva addirittura a dire che porta i bimbi a fare una scampagnata in montagna, per poter bere di nascosto e indisturbato.

Nel 2017 la signora è al mare e lui va a ubriacarsi in un nightclub dove spende 600 euro, e quando viene scoperto, sostiene che qualcuno ha clonato il suo bancomat

Le cose precipitano completamente però quando, nei primi mesi 2018, la donna decide di separarsi: non ce la fa più, è esausta, una vita così non è sostenibile. Ma è qui che le violenze diventano più pesanti. Non lancia solo oggetti, non rompe tutto, non aggredisce solo verbalmente: “Qui cominciano le botte, violenze fisiche sui bambini – dice la mamma – e lo fa quando io non ci sono”. Poi, in agosto, arrivano gli abusi sessuali su uno dei figli, abusi in cui nel giro di un mese viene coinvolto anche il più grande, e sono loro che cominciano a parlare, a raccontare.

Fino a quando la figlia piccola dice alla madre che il padre con lei vuole sempre fare “il gioco della patata”

A quel punto la mamma parte con una denuncia nei confronti del marito, e la fa alla Procura per abusi sui minori. Azione che condurrà la storia lontano con due consulenze tecniche d’ufficio (Ctu): una per il penale che ha il compito di valutare l’attendibilità delle dichiarazioni dei quattro figli, già ascoltati dalla polizia e ritenuti idonei, l’altra perché la signora si vuole separare e il tribunale ordinario chiede una sua Ctu che, sulla base di test della personalità probabilmente alterati, dichiara la signora psichiatrica e lui succube della donna.

Nessuna delle due perizie però tiene conto dei fatti, dei riferiti di violenza e di abusi sia dei bambini che della madre, e nel dicembre di due anni fa i minori vengono allontanati dalla madre e trasferiti dai nonni paterni

Allontanamento e pressioni sui minori che hanno riferito gli abusi

Le pressioni verso i bambini sono fortissime: i nonni, i servizi sociali, l’avvocato curatore, e anche uno dei carabinieri, vogliono che i minori ritrattino le loro confessioni modificando la versione dei fatti che hanno riferito. Loro che più tardi, riferiranno che a casa dei nonni hanno ricevuto cibi scaduti e cibo non sufficiente per la loro crescita, documentando tutto con delle foto fatte dal cellulare. Un trattamento che culmina con la denuncia del figlio più grande che si ribella alle minacce. A marzo 2020 i minori si trovano in un gravissimo disagio, e si chiede di avviare un progetto di rientro a casa, proposta che però non viene subito approvata e a luglio dello stesso anno vengono prelevati con la forza e messi in quattro comunità diverse, separati l’uno dall’altra senza poter comunicare neanche con la mamma.

Ai due più grandi vengono sequestrati il computer e il cellulare, e la figlia più piccola di 6 anni, viene portata in una famiglia affidataria secretata

Con lei, pur essendo piccola, la mamma non avrà contatti se non una volta a settimana per un’ora. Affidatari che per giunta iniziano subito a farsi chiamare “mamma e papà” come la piccola non avesse i genitori con la responsabilità genitoriale intatta. La salute psicofisica dei minori non è accertabile da nessuna parte, la mamma sente i figli più grandi ogni tre giorni e per un’ora soltanto in cui riferivano di dormire male, di essere sottopeso, e di avere sempre lo stomaco chiuso, ma soprattutto di non andare a scuola.

La lotta per la liberazione

La madre chiede aiuto e dopo lunghe estenuanti lotte legali a colpi di istanze ed esposti, i due figli più grandi tornano a casa dopo 9 mesi di comunità in cui raccontano di aver avuto traumi, disagi e sofferenza. Il legale della mamma chiede il rientro anche dei più piccoli ma a tornare sarà solo il terzo figlio perché la più piccola viene trattenuta nella famiglia affidataria lontana dai fratelli, dalla sorella e dalla madre.

Per i servizi sociali la piccola fanno una relazione in cui incolpano la mamma del fallimento di un progetto di rientro mai esistito né proposto

Una bimba tenuta lontana dalla sua famiglia e che soffre di dermatiti per micosi, che non cresce, e che i servizi e il tribunale continuano a tenere lontana dalla sua famiglia senza una ragione valida, se per punire la madre che ha denunciato il padre per i loro stessi riferiti di abusi. Bambina che farà anche questo Natale lontana dalla famiglia contro il suo stesso diritto di stare con i fratelli, la sorella e la madre che non ha commesso nessun reato per essere trattata come una madre indegna.

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