Quattordici anni fa sono stata stuprata da uno sconosciuto mentre mi puntava contro un coltello. Non l’ho detto a nessuno, non ho proferito neanche una parola, finché 11 anni dopo, in un piccolo ufficio dove facevo terapia a Sydney, il mio psicologo mi ha chiesto perché avessi spostato la mia sedia nell’angolo più remoto della stanza lontano da lui. Gli ho spiegato che non potevo sopportare l’idea di sedermi più vicina a lui, e da lì le parole sono uscite fuori, raccontando la mia storia per la prima volta.
Storia di uno stupro mai denunciato
La notte in cui sono stata violentata avevo 15 anni, non ho preso in considerazione l’idea né di andare dalla polizia né all’ospedale. Non ho neanche pensato di dirlo ai miei genitori o gli amici più stretti e l’ho fatto nonostante il mio stupro sarebbe stato uno dei più facili su cui indagare.
ero ricoperta di lividi, tagli e ferite lungo l’addome causati dal fatto che mi aveva spinta contro un muro
Il mio coach di ginnastica, dopo aver ispezionato il mio corpo perché gli avevo mentito dicendo che ero caduta, e lui ha detto che sospettava avessi qualche costola rotta. Ero ferita dentro e fuori e probabilmente ricoperta dal DNA dell’uomo: sotto le unghie, dentro il mio corpo, ovunque. Ma nonostante questo, non sono andata dalla polizia, perché avevo visto abbastanza procedimenti giudiziari e mi ero seduta a sufficienza nelle assemblee studentesche dove gli insegnanti avevano detto alle ragazze di cambiare il loro atteggiamento a seguito di una ragazza violentata, da sapere che nessuno mi avrebbe creduta.
Sapevo che la polizia mi avrebbe chiesto di raccontare la mia storia come se fossi stata io quella a essere indagata e sotto processo
Sapevo che mi avrebbero chiesto che cosa stavo indossando, se avessi bevuto o meno (la risposta sarebbe stata sì), se avessi scambiato o meno qualche parola con lo sconosciuto prima che mi seguisse nel bagno in cui poi mi ha violentata (e anche qui la risposta sarebbe stata sì). Sapevo che nonostante tutte le mie ferite e l’evidenza, queste cose mi avrebbero resa un’improbabile testimone della mia stessa vita. Sapevo tutto questo a causa delle storie che ho sentito e dalle persone che conosco e dai libri che ho letto. Ma lo sapevo anche perché avevo già tentato di parlare con la polizia cercando aiuto per una cara amica che stava venendo abusata brutalmente dal suo partner.
Mi è stato detto che avrebbe semplicemente dovuto chiudere la relazione se voleva che la violenza terminasse e che non c’era niente che loro potessero fare per lei
La denuncia al procuratore generale Christian Porter
Perciò quando io, insieme all’opinione pubblica australiana, ho scoperto che una donna si era recata dalla polizia con la denuncia per stupro contro il procuratore generale Christian Porter, ho sentito qualcosa che tutte le sopravvissute sanno: ovvero che questa donna aveva dovuto superare un numero smisurato di ostacoli per articolare la sua denuncia. Che lo aveva fatto nonostante sapesse quanto sia difficile venire credute. Qui le accuse di stupro escono dal sistema giudiziario penale a tassi allarmanti in ogni singola fase del processo.
In Australia più di 140.000 casi di violenza sessuale sono stati denunciati alla polizia in 10 anni e La polizia ha respinto circa 12.000 denunce perché non credevano che ci fosse stata reale violenza
La polizia ha inoltre chiuso più di 34.000 casi, circa il 25% di indagini sulla violenza sessuale senza fare nessun arresto o alcuna azione legale. Solo il 20-29% delle denunce per violenza sessuale conducono a un procedimento giudiziario.
In Australia lo stupro è sotto riportato e non perseguito
Uno studio pubblicato dal governo federale nel 2019 ha scoperto che lo stupro è ancora sotto-riportato, sotto-perseguito e sotto-condannato per alcuni motivi chiave. Questi includono il profondo shock della vittima e la confusione all’indomani di un assalto, così come la paura di non essere creduta. L’epidemia di sotto-reportage riguarda anche una serie di “miti dello stupro” ancora ampiamente diffusi, tra cui il fatto che i reati sessuali siano la colpa della vittima, o che la violenza sessuale non sia considerata un reato penale.
Anche quando una vittima denuncia uno stupro e la richiesta viene avanzata dalla polizia, troppo spesso cade attraverso le crepe nella fase successiva: test del DNA. Nel 2018 c’erano almeno 6.741 kit di stupro non testati nei laboratori del crimine e negli uffici di polizia solo nel Nuovo Galles del Sud, Victoria e Queensland. A Victoria, quasi 5.000 kit stupro sono stati presentati come prova tra il 2011 e il 2018. Meno della metà di questi kit sono stati testati. Se una vittima supera tutti questi ostacoli e arriva in tribunale, è ancora più probabile che alla fine la denuncia venga respinta nella fase finale del processo. Una ricerca del NSW ha dimostrato:
il 74% dei presunti colpevoli in casi di reati sessuali in tribunale sono stati assolti da tutte le accuse
I dati dimostrano che lo stupro è socialmente accettato
La difficoltà di denunciare gli stupri e l’allarmante numero di modi in cui la denuncia può uscire dal sistema in ogni fase del processo, significa che lo stupro è un crimine, a mio avviso, formalmente illegale ma socialmente accettato. Parliamo di essere anti-stupro, ma in realtà le conseguenze dello stupro sono minime o inesistenti. Non c’è mai stato un momento migliore per cambiare le cose.
Nel caso Porter, la polizia ha deciso che non c’erano abbastanza prove ammissibili per procedere con la loro indagine. Il primo ministro ha dichiarato di non avere “alternative”, se non quella di non intraprendere ulteriori azioni rispetto alle accuse (Scott Morrison, ha rimosso dal suo incarico il ministro della Giustizia Christian Porter spostandolo però al ministero della Scienza e della Tecnologia, ndr). Le statistiche rivelano l’orribile verità su quanto gravemente siano state annientate le sopravvissute a stupri in Australia. Quando diciamo che siamo state ferite, ci viene detto che siamo noi a farci del male.
Quando diciamo che abbiamo bisogno di giustizia, ci viene detto che siamo noi a violare i diritti alla giustizia di coloro che stiamo denunciando
C’è solo una cosa da fare se vogliamo portare avanti l’ago in termini di giustizia per le sopravvissute alla violenza sessuale in Australia. Dobbiamo assicurarci che le accuse contro Porter siano oggetto di un processo equo, che sia nel sistema giudiziario penale o attraverso un’inchiesta indipendente o idealmente in entrambe. Dobbiamo all’imputato l’opportunità di affrontare adeguatamente le accuse e di riabilitare il suo nome, e dobbiamo alla donna, morta suicida l’anno scorso, la decenza di trattare le sue accuse come credibili e reali e, se dimostrato, qualcosa che noi come società riteniamo illegale e inaccettabile.
_____________________
Questo articolo è scritto da Lucia Osborne-Crowley e pubblicato il 10 marzo 2021 su The Guardian – Traduzione di DonnexDiritti