Come orientarsi sul Codice Rosso

Il manuale giuridico scritto da Paola Di Nicola e Francesco Menditto: strumento per il contrasto alla violenza di genere

Marina Pasqua
Marina Pasqua
Avvocata penalista, responsabile della formazione penale nella Cpo dell’Ordine degli Avvocati e Consigliera del Direttivo della Camera Penale di Cosenza. Fondatrice e referente del Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino” e componente della Rete delle Avvocate D.i.Re (Rete nazionale dei centri antiviolenza).



“Codice Rosso. Il contrasto alla violenza di genere: dalle fonti sovranazionali agli strumenti applicativi” è un libro scritto a quattro mani da Paola Di Nicola Travaglini, giudice al tribunale penale di Roma, e Francesco Menditto, Procuratore al Tribunale di Tivoli. Un testo che sarà un prezioso alleato di tutte le giuriste e i giuristi, delle avvocate dei centri antiviolenza, uno strumento di riferimento in tema di violenza di genere per stare nel processo nel migliore dei modi.

Catalogo dei reati

Paola di Nicola

Importante strumento di studio e, al contempo, espressione di una visione politica alta per chi esprima domanda di giustizia e voglia approfondire la conoscenza della legislazione e degli strumenti di tutela delle vittime di violenza di genere che, quasi sempre, sono donne. Il libro identifica il catalogo dei reati che vanno compresi nell’analisi e nel contrasto alla violenza contro le donne, ampliandolo, e propone definizioni che conia mutuandole dalle fonti sovranazionali, facendo comprendere quanto vi sia, in chi scrive, stima e riconoscimento del lavoro politico dei centri antiviolenza, delle lotte del movimento femminista

Il testo parla di una nuova rappresentazione dei diritti, dell’ingresso nel mondo giuridico della soggettività delle donne

Nomina nuove soggettività giuridiche ma è consapevole dei problemi che si annidano nella mancanza di consapevolezza da parte del genere femminile e delle singole donne della titolarità di quei diritti, da una parte, mentre dall’altra dell’assenza di strumenti da parte delle Istituzioni, abituate da sempre alla neutralizzazione insita nel diritto, per riconoscere queste nuove soggettività.

La legge

Francesco Menditto

Analizza la sfida che rappresenta la novella della L. 69/2019 con le sue fondamentali novità. In particolare, si sofferma sulle quattro nuove fattispecie di reato che il Codice Rosso introduce, sulle novità in tema di indagini e loro celerità, sugli inasprimenti sanzionatori, sulle innovazioni in tema di procedibilità del reato di violenza sessuale, sulle altre novità e modifiche introdotte dalla legge del 19 luglio 2019. Assolutamente stimolante l’idea che a scriverne siano una giudice e un pubblico ministero, che loro intento sia parlare soprattutto, alle loro colleghe e ai loro colleghi ma anche a noi operatrici e operatori del diritto che, senza formazione e confronto proficuo, non possiamo stare nel processo penale nel migliore dei modi.

E il migliore dei modi è nel sostegno competente, formato, consapevole, scevro di pre-giudizi, che noi dobbiamo dare alle donne nei percorsi di uscita dalla violenza maschile

L’assenza di talune definizioni nel nostro ordinamento penale non sono né casuali né neutre. Perché se tantissimo ha fatto, e continua a fare, il movimento delle donne, per mutare l’idea che ancora si ha delle donne nel nostro Paese, è indubitabile che tanto ancora vi sia da fare e che la nostra, pur formidabile, legislazione in materia paghi lo scotto di problemi applicativi , ritardi, arretramenti culturali che trovano ingresso nelle aule di giustizia del nostro Paese.

Un manuale

Solo così può spiegarsi, ad esempio, la frequente formulazione di richieste di archiviazione in nome della “elevata conflittualità” in caso di giudizi di separazione quando si versi, invece, in casi di maltrattamenti contro familiari e conviventi. La vittimizzazione secondaria che fa sì che le donne temano il processo e vivano il loro rendere testimonianza quasi con più fatica dello stesso subire violenza, soprattutto laddove tanto tempo sia trascorso dai fatti. Le “parole sbagliate” di sentenze che feriscono le protagoniste del processo e, con loro, noi tutte e tutti.

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