L’ultima in ordine di tempo è Ornella Pinto, colpita venerdì con 15 coltellate dal partner Giuseppe Iacomino mentre dormiva in casa accanto al loro bambino di 4 anni, e morta in ospedale ieri mattina per le gravi ferite riportate.
L’ultima è Ornella Pinto
Ornella aveva 39 anni e una vita davanti, spezzata in casa sua, il luogo che dovrebbe essere il più sicuro ma che invece è diventata un luogo di morte per molte. Prima di lei ce ne sono state altre in questo 2021 appena iniziato. Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Ilenia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah e Rossella sono le donne che hanno perso la vita in questi pochi giorni del 2021 per mano di uomini che conoscevano, e con i quali avevano, o avevano avuto, una relazione. La prima a essere uccisa è stata la piccola Sharon, 18 mesi appena. La bambina è morta l’11 gennaio. Il suo corpo ha fatto emergere una terribile verità fatta di violenze sessuali e maltrattamenti reiterati nel tempo: il compagno della mamma di Sharon è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale e morte come conseguenza di altro reato.
Le donne uccise nel 2021
Cinque giorni dopo è Victoria Osagie, 34 anni, ad essere uccisa dal marito, all’interno della loro abitazione in provincia di Venezia. Il femminicidio è avvenuto a seguito dell’ennesima aggressione ai danni della donna, alla presenza dei tre figli della coppia. E’ emerso come Victoria subisse da tempo le violenze del marito e che per questo avesse deciso di andarsene. Il 24 gennaio, in un burrone, è stato ritrovato il corpo senza vita di Roberta Siragusa, 17 anni. La sera prima Roberta aveva partecipato ad una festa con alcuni amici e con il suo fidanzato. Secondo le ricostruzioni della Procura, i due ragazzi quella sera si sarebbero diretti nei pressi dello stadio, lì
Roberta sarebbe stata stordita con un colpo alla nuca e poi bruciata mentre era ancora viva e solo successivamente il ragazzo si sarebbe sbarazzato del corpo
probabilmente con l’aiuto di qualcuno. E anche in questo caso emergono violenze pregresse e ripetute minacce. Nella notte tra il 28 ed il 29 gennaio Teodora Casasanta, 39 anni, e suo figlio Ludovico, 5 anni, sono stati uccisi da Alexandro, marito e padre. I corpi di Teodora e Ludovico sono stati rinvenuti nell’abitazione coniugale, in provincia di Torino. L’assassino si sarebbe accanito su di loro colpendoli con numerosi colpi di coltello e poi pestandoli anche con l’uso di oggetti contundenti. Dalle indagini emerge che la donna avesse manifestato l’intenzione di interrompere la relazione e che il marito non accettasse questa sua decisione, dà qui l’intenzione e la premeditazione di punirla. Anche Sonia Di Maggio, 29 anni, è stata uccisa con un coltello. A colpirla, l’1 febbraio a Minervino di Lecce, il suo ex compagno. Quella sera la ragazza si stava recando con il suo fidanzato al supermercato, quando è stata assalita dalla furia di quell’uomo che la considerava una sua proprietà e aveva pianificato nei dettagli il piano per ucciderla consumando così la sua vendetta. L’uomo aveva precedenti specifici, sia per aver accoltellato un uomo, che per aver minacciato un’altra sua fidanzata.
L’assassino aveva minacciato di morte sia Sonia che il suo nuovo fidanzato: “Vi ammazzo, faccio una strage”, aveva detto, ma la ragazza non lo aveva denunciato per paura di ritorsioni
Ilenia Fabbri, 46 anni, è morta il 6 febbraio a Faenza a seguito di un’aggressione compiuta da un uomo che si era introdotto nella sua abitazione. Quella sera, in casa con la donna c’era un’amica della figlia Arianna, la quale si era invece da poco allontanata con il padre. Emerge dalle testimonianze di alcune amiche e conoscenti della donna, che l’ex marito l’avesse minacciata di morte e che per questo Ilenia avesse paura. E alla fine per l’omicidio vengono arrestati il marito da cui si era separata, il 54enne Claudio Nanni, e il 53enne Pierluigi Barbieri, amico di quest’ultimo: per la Procura sono rispettivamente mandante e killer della donna in un omicidio pianificato nei dettagli da un anno. Il 7 febbraio a Palermo è stata uccisa Piera Napoli, 32 anni, madre di tre figli. Il marito della donna si è costituito, ammettendo di averla uccisa presso la loro abitazione, alla presenza dei tre figli. Dalle indagini, emerge, anche nel caso di Piera, che quella non fosse la prima aggressione subita. Lo stesso giorno a Rozzano viene uccisa Luljeta Heshta, 47 anni. La donna è stata aggredita per strada da un uomo che l’ha seguita e colpita a morte con un coltello.
Clara si era pagata il funerale
La Procura ha disposto il fermo per l’ex convivente della donna. Il 17 febbraio, a Pavia è stato ritrovato il cadavere Lidia Peschechera, 49 anni. Ad essere fermato per il femminicidio di Lidia è il compagno della donna. L’uomo ha confessato di averla strangolata il 12 febbraio e di essere rimasto all’interno dell’abitazione, con il cadavere, per tre giorni. Lidia aveva confidato ad alcune amiche di aver subito aggressioni fisiche, non lo aveva mai denunciato, ma sembra avesse deciso di lasciarlo. Due giorni dopo, a Genova è stata uccisa Clara Ceccarelli, 69 anni. La donna è stata aggredita dal suo ex compagno, all’interno del negozio di calzature in cui la donna lavorava. Anche Clara è stata uccisa da numerose coltellate. La relazione tra i due si era interrotta nel 2020 per volere della donna e da quel momento l’uomo aveva iniziato a perseguitarla e minacciarla.
Clara aveva segnalato i comportamenti dell’uomo che la spaventava, tanto da pagarsi il funerale, certa di quello che le stava per succedere, affinché la spesa non gravasse sul figlio e sull’anziano padre
Deborah Saltori è stata uccisa a 42 anni, il 22 febbraio. La donna è stata colpita con diversi colpi di accetta, al capo, al collo e al corpo dall’ex marito, in una zona di campagna in provincia di Trento dove l’uomo, stava lavorando. Dopo aver subito due ammonimenti, l’uomo era ai domiciliari per i maltrattamenti che aveva agito proprio nei confronti della moglie e della precedente compagna, ma aveva ottenuto il permesso di recarsi a lavorare in quella zona nei pressi dell’abitazione di Deborah. Dagli atti emerge che Deborah aveva subito violenze gravi da quell’uomo, anche quando era incinta. L’aveva afferrata per il collo colpendola con la testa, le aveva rotto le ossa del naso, le aveva dato pugni, calci, l’aveva sbattuta fuori di casa e aveva minacciato di ammazzarla. Quel giorno le aveva mandato un messaggio “Ho l’assegno in mano per te, ma devi venire a prenderlo tu”. Così l’aveva attirata in quella trappola mortale premeditata da tempo. Deborah lascia quattro figli, di 17, 16, 14 e 4 anni. La mattina del 22 febbraio, vicino a Ferrara, è l volta di Rossella Placati, 50 anni, trovata morta nella sua abitazione. La donna è stata percossa e poi accoltellata. Il convivente della donna è stato fermato per il femminicidio. Anche Rossella, è stata uccisa perché aveva deciso di interrompere la relazione.
Ma cosa emerge da questo elenco dell’orrore raccontato dai giornali come se fossero casi isolati? Emerge che ognuna di queste donne era in una storia in cui sono evidenti importanti fattori di rischio sottovalutati
Molte di loro avevano denunciato
Molte di loro avevano già subito aggressioni fisiche prima di essere uccise: erano state minacciate anche di morte ed erano state perseguitate. Ricorre, nella maggior parte delle storie, la volontà delle donne di interrompere la relazione, come fattore di rischio che acuisce condotte maltrattanti già presenti fino ad arrivare alle aggressioni letali, a volte anche a danno dei figli. E questo a conferma di quanto la fase della separazione (sia essa legale o di fatto) rappresenti, in termini di rischio, il momento più pericoloso per le donne. Sembra un paradosso che si possa morire per questo ma in buona sostanza è così: la separazione rappresenta un forte fattore di rischio all’interno di una dinamica di violenza in una relazione intima. Tutte avevano però percepito la paura per ciò che erano costrette a subire, in molti casi emerge come questa paura le abbia paralizzate, impedendo loro di chiedere aiuto e in altri casi, come per Clara, le avesse portate addirittura a presagire quello che sarebbe successo con rassegnazione, e tutte senza essere state però realmente tutelate.
Le loro storie, ennesime morti annunciate, ci riportano alle criticità fattuali che le donne incontrano quando si trovano a vivere, o ad aver vissuto, una relazione maltrattante
nonostante un quadro legislativo soddisfacente che però conferma come l’approccio emergenziale non sia adeguato al fenomeno in questione. Ancora una volta le loro morti ci sottolineano quanto sia importante credere alle donne, alle loro paure, alle loro richieste di aiuto, anche quando queste non sono esplicitate e non arrivano attraverso i canali convenzionali. A tutte le donne che provano a sopravvivere preme ricordare quanto sia importante rivolgersi al Centro Antiviolenza più vicino alla loro abitazione, prima di arrivare alla violenza fisica, alle lesioni, alla paura che immobilizza. Per poter essere ascoltate, credute e accompagnate in un percorso di liberazione doloroso ma possibile.