Mia figlia è stata uccisa! Il grido di Yesenia contro il femminicidio

In Messico Marichuy si è buttata dal balcone per sfuggire ai suoi stupratori: il suo professore e 3 colleghi

Jorge Ramos
Jorge Ramos
Giornalista e scrittore, è conduttore di Univision Noticiero e Fusion TVAmerica. È autore di 13 libri, tra cui "Stranger: The Challenge of a Latino Immigrant in the Trump Era", "Take a Stand: Lessons From Rebels" e "No Borders: A Journalist's Search for Home". Ha vinto 10 Emmy Awards, tra cui un Emmy onorario e un premio alla carriera.



María de Jesús Jaime Zamudio, conosciuta come Marichuy, è deceduta una settimana dopo essere caduta dal quinto piano dell’edificio dove viveva, nella Città del Messico, nella notte tra il 15 e il 16 Gennaio 2016. Sua madre, Yesenia Zamudio, non ha mai creduto che si sia trattato di un incidente o di un tentativo di suicidio, come suggerito invece dalle autorità al momento della tragedia.

Negli ultimi quattro anni ha insistito sul fatto che sua figlia fosse stata uccisa

Nel settembre 2019, il caso di Marichuy è stato riclassificato come femminicidio e questo la rende una delle migliaia di donne assassinate in Messico a causa della violenza maschile. Tuttavia, nulla è stato fatto per risolvere questa ignobile situazione: gli aggressori, per la maggior parte, rimangono liberi. “Quello che so ora, dalle relazioni degli esperti e dalle indagini [è che] Mari ha subito violenza di genere, ha subito molestie sessuali “, ha detto Yesenia in un’intervista.

“È caduta dal balcone e Nessuno l’ha aiutata: l’hanno lasciata morire dissanguata”

María de Jesús Jaime Zamudio

Marichuy, a soli 19 anni, è morta per fratture multiple in un ospedale di Città del Messico per aver tentato di sfuggire ai suoi aggressori. La sua famiglia sostiene che uno dei professori di Marichuy e tre colleghi universitari l’abbiano aggredita nel suo appartamento dopo una festa, ma finora non ci sono stati arresti legati al suo caso. Yesenia è diventata conosciuta recentemente, a causa un video diventato virale sui social network. “E se metto mettessi a ferro e fuoco, se creassi il caos e portassi l’inferno in questa città? Quale sarebbe il problema?”, dice la mamma di Maria.

“Mia figlia è stata uccisa! Sono una madre a cui hanno ucciso la figlia! E, sì, sono una madre forte e femminista e ne ho avuto abbastanza. Ho tutto il diritto di bruciare e distruggere tutto quello che voglio, non chiederò il permesso a nessuno. Perché prima di uccidere mia figlia ne hanno uccise molte, molte altre”.

Yesenia Zamudio, mamma di María de Jesús Jaime Zamudio

Il video è fatto durante una protesta in cui Yesenia e molte donne si sono radunate davanti al luogo in cui un’altra giovane donna, Ingrid Escamilla, è stata recentemente uccisa. Il corpo della vittima di 25 anni, è stato trovato smembrato e il suo partner è stato accusato del crimine brutale.

La pubblicazione di foto su numerose riviste che mostrano il cadavere insanguinato della donna ha suscitato forti critiche nei confronti dei media

Ingrid Escamilla

accusati sfruttamento e rivittimizzazione, che violano la memoria della vittima, e contro il governo di Città del Messico, per il suo ruolo nella diffusione delle immagini. La rabbia di Yesenia, così pubblica, è l’espressione di una nuova cultura contro il silenzio e il machismo che sta prendendo piede in Messico, una cultura in cui le donne richiedono un pari trattamento. Ma, in primo luogo, è essenziale che non vengano uccise. E anche in questa impresa, sono le donne che prendono l’iniziativa con la forza delle loro richieste e proteste.

Questa domenica, 8 marzo, ci sarà una grande marcia a Città del Messico e lunedì è stata convocata una nuova protesta nazionale conosciuta sui social network come # UnDíaSinMujeres. Nel 2019, 1010 femminicidi sono stati registrati in Messico, più del doppio di quelli segnalati nel 2015.

Il femminicidio è l’omicidio di una donna in quanto donna. Ma per classificare un crimine come un femminicidio, il codice penale federale del Messico richiede che venga presentata una di queste circostanze: che la vittima “presenti segni di violenza sessuale”, che ci siano state minacce, molestie, storia violenta, una relazione con l’aggressore, la privazione della libertà o l’esposizione del corpo della vittima in un luogo pubblico.

Il problema è che molti omicidi di donne alla fine rientrano nella categoria generale di “omicidi volontari”. E in Messico quella categoria è come una fossa comune: la maggior parte degli omicidi non viene indagata

Da quando Andrés Manuel López Obrador è diventato presidente, cioè il primo dicembre 2018, fino al 31 gennaio 2020, 40.299 messicani sono stati uccisi. Tali cifre sono le più alte mai registrate nel paese. Indubbiamente, questa violenza e l’ascesa dei femminicidi ha contribuito alla fine della luna di miele di quasi 15 mesi di López Obrador, ed è stata la prima grande sfida per il suo governo. A volte sembra che il presidente Andrés Manuel López Obrador, i cui sondaggi sono scesi terribilmente da quando è salito al potere, non sappia cosa fare per affrontare questa problematica. E molti messicani si chiedono se abbia la capacità e un piano concreto per affrontare uno dei problemi più grave del paese: il la cultura criminale che ha sopraffatto il Messico per decenni.

Manifestazioni in Messico

Nel 2017 ho chiesto a López Obrador se fosse femminista. Evitando la risposta, mi disse: “Le donne meritano di andare in paradiso.” AMLO (Andrés Manuel López Obrador, ndr) ha mostrato la stessa ambiguità in una recente conferenza stampa, quando ha recitato un vago decalogo di buone intenzioni per affrontare i femminicidi. “Bisogna rispettare le donne” e “il machismo è un anacronismo, un atto di brutalità” sono alcune delle frasi dette. In un altro incontro con la stampa, un giornalista gli chiese se avesse un piano tempestivo per ridurre il numero delle donne uccise, disse che si stavano “occupando della cosa”, per poi ricadere nei soliti luoghi comuni: “Che ci possa essere molto amore, invece che odio.” Lo stesso giorno, il presidente ha dichiarato che non vi era impunità in Messico. Ma la realtà mostra altro:

secondo l’Istituto Nazionale di Statistica e Geografia solo nel 2018 il 93% dei crimini in Messico non sono stati indagati

È ciò che è noto come “cifra nera”. Pertanto, la proposta di diverse organizzazioni civili di creare una procura specializzata nelle indagini sui crimini contro le donne sarebbe un buon primo passo nella giusta direzione. A febbraio, dopo una serie di proteste in cui i manifestanti hanno dipinto slogan contro la violenza di genere sulla facciata del Palazzo Nazionale, López Obrador ha chiesto ai gruppi femministi di non dipingere le porte dell’edificio, dove vive e lavora.

Ma Yesenia, la madre di Marichuy, ha un’altra idea. “Non vogliamo dipingere la tua porta, vogliamo buttarla via, vogliamo che tu ci ascolti “, ha detto. E poi, quasi rassegnata alla mancanza di azione del governo, ha inviato un messaggio ad altre donne: “Per pura ribellione, rimaniamo unite. Amiamoci. Proteggiamoci. E prendiamoci cura delle nostre figlie e dei nostri figli perché questo a questo governo non importa di noi.” Perché lei sa che in Messico, le donne vengono uccise e niente viene fatto a riguardo.

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Questo articolo è stato scritto da Jorge Ramos, opinionista del NYT, e pubblicato il 6 marzo 2020 su The New York Times ispanico con il titolo “¡A mí me mataron a mi hija! Pero las mujeres rompimos el silencio”.

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