Il 13 gennaio scorso il Consiglio d’Europa ha pubblicato il rapporto del Grevio sulla corretta applicazione della Convenzione di Istanbul da parte degli Stati contraenti e l’Italia non ne è uscita bene. Il Gruppo di esperte indipendenti chiamate a valutare le azioni politiche realizzate fino a oggi nel nostro Paese, hanno evidenziato che
lo Stato italiano non ha fatto abbastanza per contrastare le resistenze al cambiamento e ci sono ancora molti gli ostacoli alla parità e agli interventi di tutela delle donne e dei minori vittime di violenza
Marcella Pirrone, avvocata D.i.RE e curatrice del Rapporto Ombra della società civile, ha spiegato che “Grevio conferma la distanza tra la teoria dell’impianto legislativo e la pratica: si devono garantire i mezzi, la formazione e la sensibilizzazione di tutti i professionisti coinvolti per attuare le leggi. Leggi giudicate buone, come la legge 119/2013, di fatto non ottengono i risultati previsti tanto è vero che, secondo le esperte del Grevio, il Piano Nazionale antiviolenza non riesce a produrre una risposta adeguata e sistemica sulla violenza e il finanziamento dei centri antiviolenza continua ad essere problematica”. Lo scarto tra le leggi in vigore e la loro piena applicazione è ancora molto ampio e rischia di vanificare l’efficacia delle leggi contro lo stalking, quella sul Codice Rosso (69/2019) e la cosiddetta legge sul femminicidio (119/2013) che ha sancito l’obbligo per le istituzioni di sostenere e promuovere, anche attraverso l’assegnazione di mezzi finanziari, una vasta rete di servizi di assistenza alle vittime. Altre due buone leggi, secondo il Grevio, sono quella (80/2015) sul congedo retribuito per le vittime di violenza di genere e la legge (4/2018) per tutelare gli orfani di femminicidio.
Ma se non si cambia la cultura queste leggi rischiano di restare lettera morta. La mancanza di una formazione adeguata della magistratura, delle forze del’ordine, dei servizi sociali è la causa principale della vittimizzazione secondaria delle donne e dei loro figli. Nelle cause di affidamento dei figli non viene rispettato l’articolo 13 della Convenzione di Istanbul che raccomanda che siano adottate misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione e siano adottate le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini. Eppure
nelle aule dei tribunali, si continua a leggere la violenza familiare come un conflitto alla pari tra le parti
in questo modo non si tutelano i bambini perché si garantisce il diritto di custodia e di visita dei figli anche a uomini che hanno commesso violenza e stalking, esponendo le donne e i minori a ulteriori violenze e vessazioni. Il problema sta diventando oggetto di dibattito pubblico perché aumentano le denunce di pratiche che sovvertono i protocolli a tutela di donne e bambini vittime di violenza e vìolano la Convenzione di Istanbul e le Convenzioni sui diritti dei bambini.
Il rapporto Grevio ha constatato che raramente viene fatto prevalere l’interesse del bambino rispetto alla genitorialità condivisa e l’accusa di alienazione parentale, un costrutto ascientifico che fa ricadere sulla madre la responsabilità del rifiuto paterno del bambino senza che siano svolti adeguati approfondimenti sulle cause di quel rifiuto, trova ancora riconoscimento tra consulenti tecnici d’ufficio che non prendono in considerazione la violenza o addirittura negano che abbia conseguenze psicologiche sui bambini.
Recentemente ci sono state alcune sentenze della Corte d’Appello (Brescia e Roma) o della Cassazione che hanno annullato decreti di allontanamento coatto di bambini ed hanno criticato la superficialità dei consulenti tecnici d’ufficio, e le modalità con le quali si pretende di risolvere il rifiuto paterno del bambino. Forse sta nascendo una maggiore consapevolezza ma questo non basta a risolvere il problema di un sistema che troppe volte pregiudica i diritti di chi ha subito violenza.
A questo proposito Elena Biaggioni, avvocata e curatrice dei lavori per il rapporto Ombra pubblicato da D.i.Re, spiega che “il Rapporto Grevio chiede un esame urgente rispetto a quanto succede nella pratica giudiziaria e dei servizi in generale”, l’accusa di alienazione parentale rivolta dalle Ctu – Consulenze tecniche d’ufficio – alle donne vittime di violenza nelle cause di affido per i figli preoccupa le esperte. Una situazione che si sarebbe aggravata ulteriormente se fosse stato approvato il ddl Pillon perché, dice il Grevio, “avrebbe comportato gravi regressioni nella lotta contro le disuguaglianze tra i sessi e privato i sopravvissuti alla violenza domestica di importanti misure protettive” .
Il Rapporto punta il dito contro la tendenza a “riorientare la parità di genere in termini di politiche per la famiglia e per la maternità”
Ma ci sono ancora altre note dolenti quali l’incertezza dei finanziamenti per realizzare interventi coordinati e inter-istituzionali e la carenza di servizi specializzati per le vittime di violenza sessuale ed è ancora scarsamente strutturato e formalizzato il lavoro di rete tra tutti i soggetti che intervengono nei percorsi di uscita dalla violenza e i centri antiviolenza che devono essere maggiormente coinvolti. Un’ultima nota critica è sul Decreto sicurezza, Titti Carrano, avvocata, “è stato criticato dal Grevio perché le donne vittime di violenza rischiano di essere respinte senza poter chiedere la protezione internazionale di cui hanno diritto e manca un approccio volto a far emergere e affrontare le discriminazioni multiple subite dalle donne nell’ottica del rispetto dei diritti umani”. In materia di diritto di asilo, il rapporto mette in evidenza la inadeguatezza nell’individuare le vittime di violenza che rischiano di essere rimpatriate in violazione dell’obbligo di non respingimento anche con la politica dei “porti chiusi” e col divieto di salvataggio in mare. Per questo Grevio ha esortato le autorità italiane a rispettare i diritti umani nel soccorso in mare.