Ddl 735: l’Onu dice no a falsi abusi e alienazione parentale, Pillon sbeffeggia la lettera sui social

Dubravka Šimonović e Ivana Radačić si sono mostrate preoccupate della deriva che il disegno di legge porta con sé

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



Sul suo profilo Fb è il senatore Pillon avverte che “due tizie dell’Onu prendono posizione contro il #DDL735”, e con tono di chi sbeffeggia chiede se interverranno i caschi blu per arrestarlo dicendo che comunque lui andrà avanti con le audizioni ascoltando tutti: tutti eccetto chi ha più voce in capitolo di tutti quanti voi messi insieme?

Senza rendersi conto che le “due tizie”, come le chiama lui, sono la Special Rapporteur dell’Onu sulla violenza contro le donne, Dubravka Šimonović, e la Presidente del Gruppo di Lavoro sulle discriminazione contro le donne, Ivana Radačić, manifesta un atteggiamento tutt’altro che dialogante verso un’istituzione come le Nazioni Unite, e verso due donne rappresentanti di questo importante organo per la tutela dei diritti umani che certamente non sono lì per caso, in barba anche agli accordi internazionali che non solo l’Italia ha ratificato e quindi deve rispettare, ma che il senatore mostra, prendendole poco sul serio, di non conoscere affatto.

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Pretendendo di riscrivere sulla riforma del diritto di famiglia senza conoscere gli avanzamenti legislativi in materia dei diritti delle donne e dei bambini come la Convenzione di Istanbul o la Convenzione dei Diritti del Fanciullo,

Pillon dimostra di non avere le basi fondamentali per affrontare un così delicato compito

e che con la sua sicurezza di poter ascoltare tutti, dimostra che forse non è all’altezza neanche di recepire quello che gli viene detto o suggerito. La superficialità con cui il senatore neocatecumenale risponde alle due rappresentanti è sconcertante, soprattutto perché quello che viene messo in discussione nella lettera rispetto al suo disegno, sono dei punti delicatissimi che riguardano la tutela e la salvaguardia dei minori di cui lui, che vuole la bigenitorialità a tutti i costi, non sembra affatto curarsi. Le nazioni Unite intervengono in maniera puntuale sul DDL Pillon rilevando una

“potenziale regressione nell’avanzamento dei diritti delle donne e la loro protezione dalla violenza domestica”

in quanto “Il Decreto introdurrebbe disposizioni che potrebbero comportare una seria regressione e alimentare la disparità di genere e la discriminazione basata sul genere e privare le sopravvissute di violenza domestica di importanti protezioni”. Rilevando una potenziale disattesa degli obblighi dell’Italia sul rispetto delle convenzioni firmate e ratificate, la lettera fa un elenco dettagliato di tutte le criticità, soprattutto riguardo la violenza domestica, su cui Pillon ancora oggi non ha risposto se non con un generico: “non è un disegno di legge sulla violenza”, “i bambini hanno diritto a crescere lontani dalla violenza”, oppure “io le ordinanze di allontanamento non le tocco”.

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Dubravka Šimonović, United Nations Special Rapporteur

Oltre che sulla mediazione obbligatoria, che non può essere tale, l’Onu ribatte sulla discrezionalità del giudice sottolineando che “L’Articolo 2 del Decreto prevede un obbligo di segretezza, dunque tutti i documenti riguardanti la procedura di mediazione rimarranno segreti e non potranno essere visionati durante i procedimenti giudiziari eccetto per il concordato raggiunto durante la mediazione. Questa clausola è fonte di grave preoccupazione in quanto limita il potere dell’autorità giudiziaria di accedere a informazioni chiave per la determinazione in relazione al caso di separazione, limitando l’abilità del giudice di adempiere alle obbligazioni dello Stato riguardo la protezione della vittime/sopravvissute di violenza domestica”, sottolineando l’introduzione di un “coordinatore genitoriale” che dovrebbe avere “il potere di prendere decisioni in relazione alla situazione di conflitto” e questo senza indicare “obblighi che garantiscano l’imparzialità”.

L’Onu ravvisa anche la presenza delle false accuse e dell’alienazione parentale “che avrebbero delle conseguenze negative sulla parte più vulnerabile della situazione”

ovvero “Il presupposto della presenza della sindrome dell’alienazione parentale, una teoria molto contestata, senza necessità di fatti supportanti o evidenza legale”, contravvenendo all’Articolo 31 della Convenzione di Istanbul, che prevede che gli episodi di violenza siano presi in considerazione nelle decisioni di affido.

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Ivana Radačić, UN Working Group on Discrimination against Women in Law and Practice

Infine mette in evidenza l’Articolo 14 del DDL che “rende impossibile per il genitore/bambino vittime di violenza di scappare dal luogo dove la violenza si svolge in ordine di trovare protezione e salvezza” e l’articolo 12 per cui “il bambino, anche se vittima di violenza, verrà obbligato a frequentare il violento o abusante come anche stabilisce che al bambino deve essere garantita una doppia genitorialità”: fattori in contrasto non solo con la Convenzione di Istanbul ma anche con la Convenzione dei Diritti del Fanciullo.

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