#metoo e media: l’onda travolge il numero uno della tv americana

Leslie Moonves, numero uno della Cbs, si è dimesso dopo essere stato travolto dallo scandalo delle molestie sessuali

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



Ieri su hollywoodreporter è apparso un articolo al cianuro scritto dalla celebre sceneggiatrice Linda Bloodworth Thomason (cinque nomine agli Emmy) sulla vicenda di Leslie Moonves, il numero uno della Cbs, che si è dimesso dopo essere stato travolto dallo scandalo delle molestie sessuali. Uno degli uomini più potenti della tv americana spazzato via da un’altra inchiesta raccontata da Ronan Farrow sul New York Time dove il 9 settembre sono state pubblicate le voci di donne che hanno raccontato le molestie sessuali subite da Moonves.

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Les Moonves ex ceo della CBS

A parlare sono state in 6, tra cui l’attrice e scrittrice Illeana Douglas, la sceneggiatrice Janet Jones e la produttrice Christine Peters, alle quali poi si sono aggiunte altre costrette a fare sesso orale o a ricevere molestie sessuali, con la minaccia di ritrovarsi con la carriera stroncata per sempre. Ma non c’è solo la violenza sessuale, perché quello che racconta Bloodworth Thomason nel suo editoriale di ieri è qualcosa di diverso. La creatrice di Designing Women racconta infatti di una violenza più sottile

un mobbing che ha fermato la sua carriera proprio quando era all’apice del successo

Thomason, che ha creato commedie come Designing Women ed Evening Shade, e che ha lavorato per M * A * S * H e Rhoda, pur essendo stata un pilastro della CBS tra il ’75 e il ’95 con uno dei più importanti contratti di scrittura e produzione nella storia della rete, è improvvisamente scomparsa nel ’95. Perché? 

Academy Of Television Arts & Sciences Presents "Funny Bone Of The '80s"
Linda Bloodworth Thomason, sceneggiatrice

Pur non essendo mai stata molestata sessualmente, ha raccontato di come in maniera sistematica il numero uno della Cbs abbia sabotato il suo lavoro per anni, senza mai essere chiaro e anzi facendola lavorare e sperare fino alla fine per poi dirle che sebbene il suo copione fosse uno dei migliori che avesse letto, aveva deciso di non farlo. Tutto questo perché “lui odiava soprattutto Designing Womene in quanto i loro discorsi erano troppo aperti”, e perché probabilmente questa donna aveva una testa troppo indipendente per i suoi gusti.

Per Thomason quello che Moonves aveva creato alla Cbs era un regno prepotente e misogino

fatto per soli uomini in sodalizio tra loro, e in cui le donne o erano ubbidienti e accondiscendenti o erano fuori: un po’ come in Italia, dove le donne devono sputare sangue per rimanere autonome nel loro lavoro se non vogliono essere manichini in mano al comando maschile, e devono mettersi la cintura di castità per andare a lavoro se per caso sono anche carine o come dicono molti maschi: “papabili”. Un milione e mezzo che sembra essere aggredito da un esercito di fantasmi dato che qui chi denuncia è solo lo 0,7% mentre gli offender sul luogo di lavoro, continuano tutti a rimanere al loro posto.

Dove però non si è mai smesso di denunciare, e il #metoo prosegue spedito, le teste continuano a saltare e le donne parlano pubblicamente senza paura di essere giudicate, punite o escluse dal loro lavoro (come invece succede qui), e i loro racconti vengono riportati dai media senza storture. Sarà per questo che nel suo suo editoriale Thomason dichiara senza peli sulla lingua: “come molte donne a Hollywood, sono felice di ballare sulla sua morte professionale (di Leslie Moonves). E non un ballo qualsiasi: ma una Macarena, la rumba, il cha-cha e il Moonwalk”.

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