#Stopviolenza: la prima task force delle donne contro il femminicidio

Oggi è la società civile a costituirsi come garante della piena applicazione della Convenzione di Istanbul ratificata ma ancora disattesa nei tribunali italiani, monitorando e pretendendo da subito alcune importanti richieste dal governo

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



 È vero, il lavoro della Commissione d’inchiesta sul femminicidio al senato ha messo nero su bianco quello che la società civile delle donne grida da tempo: le enormi falle di un sistema giudiziario inadatto al un reale contrasto alla violenza maschile sulle donne e il nodo centrale da sciogliere in un massiccio quanto costoso cambiamento culturale.

Il lavoro della Commissione Femmincidio al senato

Giorgia Meloni

Lo ha fatto con i numeri, la statistica, l’elaborazione di dati raccolti in tutta Italia e l’analisi di 1500 fascicoli. Per la prima volta una istituzione si è presa la briga di vedere se quello che dicono le associazioni, da anni in trincea con le sopravvissute, corrisponde a realtà e come. Lo ha fatto con 13 relazioni consegnate dalla presidente della Commissione, Valeria Valente, alla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, giovedì scorso alla sala Zuccari al senato. Non solo, perché Valente ha anche presentato la proposta di continuare questo importante lavoro in una Commissione bicamerale, stavolta, che è già stata approvata al senato in maniera unanime, e che ora passa alla camera. Ma siamo sicure che questo basti a risolvere il bollettino di guerra tra donne uccise a coltellate e richiuse in una valigia, madri private dei loro figli dopo aver denunciato maltrattamenti o abusi in famiglia, e giovani ragazze marchiate come “bugiarde” e “poco di buono” perché non sono state zitte davanti a uno stupro?

La società civile sembra dire: no, non siamo sicure, quindi ci organizziamo

La società civile non si fida di Meloni

Valeria Valente

Così nasce l’idea di una task force dall’inequivocabile nome #Stopviolenza, che si ispira proprio alle conclusioni di questa Commissione che ha mostrato come l’80% dei tribunali civili agisca vittimizzando e punendo una seconda volta donne che cercano protezione, sempre che sopravvivano, attraverso l’applicazione di stereotipi sessisti e machisti che ancora fanno parte della struttura della nostra società, compresa la giustizia. Una Task force della società civile che nasce dall’esigenza di vedere applicata, una volta per tutte, quella Convenzione di Istanbul che è stata ratificata quasi 10 anni fa, e che oggi sembra diventata carta straccia.

I pericoli della destra estrema al governo

Eugenia Roccella

Perché sebbene Giorgia Meloni due giorni fa al senato abbia accolto il testimone di Valente dicendo che “sulla violenza contro le donne non ci sono differenze politiche”, e ricordando il femminicidio di Anastasia, la ragazza ucraina uccisa dal marito a Fano, le donne non se la sentono di dormire sonni tranquilli. Meloni, che finalmente ha parlato per la prima volta della violenza contro le donne da quando ha insediato il suo governo, ha parlato del “sommerso degli esiti di violenza”, di “adozione dei protocolli sul codice rosso”, “braccialetti elettronici che non vengono usati abbastanza”, e di quanto sia brava la nostra ministra Eugenia Roccella (presente in sala) che ha già finanziato centri antiviolenza e Cam (senza dire quanto).

E ci ha tenuto a ricordare, sempre Meloni, “il tema dell’immigrazione” che “impatta per cultura come l’omicidio d’onore con forme di violenza giustificate per religione e cultura”, dimenticando però di ricordare, come è scritto nero su bianco sulle relazioni della Commissione femminicidio di cui ha preso il testimone, che la maggior parte della violenza maschile sulle donne è violenza domestica e che l’85% degli offender sono maschi italiani per lo più partner e mariti che fanno parte di quella “famiglia tradizionale” che lei ama tantissimo.

Gli “amici” di Meloni che hanno già distrutto la Convenzione di Istanbul

Valeria Valente consegna le relazioni della Commissione femminicidio alla ministra Eugenia Roccella

Meloni che indica come esempi virtuosi leader che la Convenzione di Istanbul l’hanno già buttata nel secchio da un pezzo, come l’Ungheria e la Polonia, e che sperano ardentemente di equiparare la violenza maschile a quella “femminile” (meno del 10% a fronte di un fenomeno endemico) svuotando completamente la Convenzione, come vorrebbero i suoi cari amici di Vox in Spagna che ne hanno già chiesto il ritiro della ratifica. Una distruzione della Convenzione di Istanbul auspicata e voluta, dato che per loro metterebbe in pericolo la “famiglia tradizionale”, in quanto si tratta di una Convenzione pensata e redatta dal Consiglio d’Europa per contrastare tutte le forme di violenza maschile sulle donne a partire dalla violenza domestica basata sullo squilibrio di forza dei sessi e quindi dalla disparità sostanziale nella società tra uomini e donne. Particolari che dovrebbero farci intuire la causa per cui la Convenzione di Istanbul non è mai stata veramente applicata in un paese cattolico, a proposito di religione, e bigotto come l’Italia.

ma soprattutto dovrebbero farci anche intravedere che nel futuro non andrà certo meglio

Il problema di un paese cattolico e bigotto fa deflagrare quello culturale

Linda Laura Sabbadini

Italia in cui il problema culturale è così profondo che, come ha ricordato Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat e Chair di Women20 che lavorato nella Commissione, non solo il 63% delle donne non parla della violenza subita ma che quel 15% che denuncia non viene protetto e per questo ammazzato dal partner o dall’ex. “Nelle Ctu (Consulenze tecniche d’ufficio richieste dai giudici, ndr), non c’è nessun riferimento alla violenza – dice Sabbadini – perché c’è un processo di rimozione che si attiva fin dall’inizio, e si ripropone continuamente con i riferiti del minori che vengono rimossi, per cui ci troviamo di fronte a un problema culturale gravissimo”.

Teresa Manente

Per Teresa Manente, avvocata responsabile dello studio legale di Differenza Donna, “Gli stereotipi di genere sono diffusi anche in sede giudiziaria dove la violenza si confonde con il conflitto di coppia, pregiudicando diritti e libertà di donne e bambini, perché si mette allo stesso livello le responsabilità, negando la sproporzione del rapporto di forze tra uomini e donne. Un fattore che espone le sopravvissute a ulteriore violenza e alla vittimizzazione secondaria”.

Affidi dei figli minorenni in sede separatoria in cui l’articolo 31 della Convenzione di Istanbul non viene mai applicato anche se è evidente la presenza di violenza domestica

La “famiglia tradizionale”

Perché? Ma perché si tratta della famiglia e la famiglia non si tocca neanche se c’è violenza e abusi sessuali sui bambini, e guai a pronunciare queste parole. Denunce che non a caso vengono per lo più archiviate con donne che vengono anche minacciate e messe a tacere. Ma se la “famiglia” non è stata toccata finora neanche davanti all’evidenza dei fatti di cronaca efferati, perché dovrebbe farlo proprio adesso che c’è un governo che sbandiera come un vessillo “la famiglia tradizionale”, cara a tutti gli ambienti della destra estrema in Europa e nel mondo?

Cosa si propone la task force delle donne

Ed è in base a queste premesse, e in base al lavoro portato a galla dalla Commissione d’inchiesta sul femminicidio al Senato in questa XVIII legislatura, che la task force #Stopviolenza si propone, come si legge nel documento, di vigilare sulla piena applicazione della Convenzione di Istanbul, ma anche di monitorare gli esiti dell’inchiesta della Commissione femminicidio nei Tribunali e negli ambiti di contrasto alla violenza maschile sulle donne e di pretendere:

  • la cancellazione di stereotipi e pregiudizi che sottopongono le donne a vittimizzazione secondaria nei Tribunali e nella società;
  • la formazione ad hoc obbligatoria per tutti coloro che lavorano o si occupano della violenza maschile contro le donne;
  • la messa fuori legge di teorie ascientifiche misogine e il monitoraggio della loro effettiva esclusione dai Tribunali e dalla formazione;
  • la revisione dei processi in cui sono state usate teorie ascientifiche dell’alienazione compresi tutti i costrutti correlati;
  • la fine di allontanamenti forzosi e coattivi dei minori dalle madri vittime di violenza;
  • il ripristino immediato dei rapporti madre-figli là dove sussistano a oggi vincoli, divieti e limitazioni a carico delle madri;
  • l’immediata liberazione con ritorno al domicilio di origine dei bambini allontanati dalle madri “alienanti” rinchiusi in casa famiglia”.

Un’iniziativa che nasce anche dal fatto che lo Stato italiano e i Tribunali italiani sono stati già condannati più volte dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo e dalle Nazioni Unite (Comitato Cedaw) per aver omesso protezione e/o aver esposto donne e minori a codesta violenza anche con esiti fatali agendo attraverso stereotipi sessisti”, e dalla palese violazione dei diritti umani.

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Cosa chiede la Task force #Stopviolenza

#STOPVIOLENZA, la Task Force della società civile, è promossa da Protocollo Napoli, Udi Napoli, DonnexDiritti Network, International Women, Ass. Salute Donna, Ass. Arcidonna Napoli, Psy-Com (Psicologia di Comunità), Ass. Sud Est Donne, Ass. Donne Insieme, La Rete delle reti , Ass. Dalla Parte dei Minori, il Forum – Associazione Donne Giuriste, Cav. Ipazia Siracusa, una rete aperta a chiunque voglia aderire (associazioni, persone singole, donne e uomini).

PER ADESIONI MANDARE UNA EMAIL CON IL SEGUENTE MESSAGGIO: ADERISCO ALLA RETE PER LA TASK FORCE #STOPVIOLENZA

(usare una sola delle seguenti email)

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