Negli ultimi anni abbiamo assistito a graduali ma continui cambiamenti riguardo alla condizione delle donne nel parto. Cambiamenti nei quali, finalmente, almeno in alcune realtà, veniva riconosciuta la soggettività della donna, la sua capacità e competenza nello scegliere, supportata da operatori sanitari, cosa era meglio per lei e per il neonato, con una significativa diminuzione (ma non l’eliminazione) delle pratiche imposte, senza consenso, e che di fatto danneggiavano la salute della donna e del neonato.
La violenza ostetrica
Questo cambiamento è dovuto ai tanti movimenti che negli ultimi anni hanno denunciato all’opinione pubblica la violenza ostetrica che non è una vecchia e cattiva levatrice, ma la violenza che le donne ricevono durante la loro vita sessuale e riproduttiva.
pratiche invasive, dolorose, non giustificate dal punto di vista medico, che negli ultimi decenni tante donne hanno sofferto nella grande maggioranza delle sale parto
Violenza ostetrica che è anche la negazione all’accesso alla contraccezione e a un aborto sicuro e sostenibile, una violenza che è senza dubbio di genere. Purtroppo, come dice Simone De Beauvoir mettendoci in guardia, abbiamo assistito a una repentina perdita dei diritti anche riguardo al parto e alla nascita: “Non dimenticate mai che basterà una crisi politica, economica o religiosa affinché i diritti delle donne siano messi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete stare attente alla vostra vita”.
Covid e perdita dei diritti in sala parto
Il covid è sicuramente uno di questi momenti di profonda crisi in cui i diritti si perdono in nome di una causa maggiore, e le donne sono tra le prime a perdere questi diritti. Per quanto riguarda il parto, per dirne una, è stato nuovamente e più decisamente interdetto l’accesso al partner durante il travaglio e il parto: partner considerato pericoloso per la diffusione del virus, malgrado fosse stato fino alla notte precedente il ricovero con la compagna e dormito con lei abbracciato.
Ma soprattutto è stato reintroddotto l’obbligo dell’ago cannula permanente per tutta la durata del travaglio e del parto anche se spontaneo e fisiologico
Oppure il monitoraggio cardiotocografico in loop, che limita ulteriormente i movimenti: pratica inutile ma diffusa. È stata imposta la posizione sdraiata del parto, sono riaumentate le episiotomie (taglio di 4-5 cm sulla vagina, forse l’intervento chirurgico più diffuso al mondo, malgrado l’OMS lo definisca dannoso per la salute sessuale della donna), di nuovo tante donne hanno subito la manovra di kristeller (una poderosa e pericolosa spinta sulla pancia) e, dulcis in fundo, immediato taglio del cordone e separazione della madre dal neonato, riducendo il tanto celebrato contatto “pelle a pelle” a 1 massimo 2 minuti perché “tanto avete tutta la vita davanti”. Così passando dal “signora da noi si è sempre fatto cosi” per arrivare al “e se poi succede qualcosa” come velata minaccia per scoraggiare le donne più insistenti, siamo tornate a vedere scene che speravamo oramai di poter dimenticare.
un ritorno a pratiche non EBM (evidence based medicine) a favore di violenti e obsoleti protocolli dettati da una pratica medica che pretende la consegna del corpo senza nessun riconoscimento della soggettività
Cosa vogliono le donne?
Ma cosa vogliono le donne? Vogliono il cesareo o il parto a casa? L’epidurale o il parto in acqua? Il parto medicalizzato o il parto “naturale”? Qualsiasi cosa sia non bastano parole gentili, stanze rosa, sedie o lettini da parto iperestensibili e sofisticati. Le donne vogliono salute per loro e per i loro figli/e, vogliono concretezza, assistenza appropriata, rispettosa, assolutamente informata, condivisa. Vogliono essere viste, riconosciute nel loro potere, perché solo una donna è in grado di trasformare del piccolissimo materiale genetico in una nuova persona umana, e solo lei può decidere quale sia il suo percorso, se scegliere di affidarsi, di essere guidata, se volere il timone in mano. Perché partorire è una esperienza che molte donne definiscono trasformativa e fondante, ridotta invece a dolore e sofferenza. Come nella Bibbia.