Donne e procreazione assistita sotto attacco: Padova, PM toglie una mamma a 33 minori anche se concepiti con l’ovulo dell’altra

La Procuratrice Valeria Sanzari impugna la registrazioni di bambini e bambine dopo la circolare del ministro Piantedosi a non trascrivere atti di nascita di coppie omogenitoriali, ma lo fa partendo dalla Pma e dalle coppie lesbiche: perché?

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



Sono 33 i bambini e le bambine che saranno privati di una mamma grazie alla Procuratrice Valeria Sanzari che è andata a ritroso fino al 2017 impugnando le registrazioni di questi minori e facendo già notificare dalla Procura di Padova a una di queste famiglie di “Rettificare il cognome e cancellare quello della seconda mamme”. Due mamme, di cui la biologica operata di un tumore e preoccupata per la sorte della bambina, che si ritroveranno a dover affrontare lo stravolgimento di vita della figlia sulla quale ricadranno tutte le conseguenze di un atto politico, legato al vuoto legislativo ma anche alle nuove direttive del governo di estrema destra.

Un atto politico

Valeria Sanzari

Un atto che avviene dopo la stretta voluta direttamente dal governo Meloni e che è partita con il pressing sul sindaco di Milano, Beppe Sala, che è poi continuato con la circolare del ministro degli interni Piantedosi, che ha richiamato prefetti e sindaci a non trascrivere atti di nascita di coppie omogenitoriali, e che si è aggravato con le impugnazioni, sempre più numerose, di registrazioni in varie regioni, anche se non a ritroso come a Padova.

Matteo Piantedosi

Un grave attacco ai diritti dei bambini e delle bambine su cui bisognerebbe riflettere più attentamente, dato che lo scorso aprile la Procura di Padova ha richiesto gli atti delle trascrizioni dei figli a partire dal 2017 non di coppie omogenitoriali generiche ma solo di quelle con due mamme. Un’azione precisa, perché mentre in parlamento si discute sulla condanna universale della Gpa (gestazione per altri su cui si può essere o meno d’accordo) quello che è stato messo sotto accusa a Padova è la procreazione medicalmente assistita (Pma), le coppie lesbiche, le donne che i figli se li fanno da sole, anche nel caso che una delle due abbia messo l’ovulo fecondato impiantato nell’utero dell’altra.

Un’azione mirata ad allargare il contesto, ribadendo che nessuna persona può avere la libertà di scegliere come fare e crescere i figli fuori da una dimensione di coppia eterosessuale, anche se li partorisce

La coppia deve essere etero

Eugenia Roccella

Approfittando delle ambiguità legislative e del buco normativo, oltre alle gravi ricadute sui bambini e le bambine coinvolti, il danno più grande è l’apertura di un varco che rende chiaro che per questa destra il problema non è la strumentalizzazione o meno del corpo di una donna che porta avanti una gravidanza per altri a pagamento, come vorrebbe farci credere la ministra Eugenia Roccella, ma la cancellazione tout court delle coppie omosessuali che non possono in nessun caso mettere su famiglia anche se l’utero e gli ovuli con cui questi bambini nascono, ce li mettono loro senza ricorrere alla Gpa.

Donne che pur avendo la possibilità e gli strumenti, continuano a non essere libere né di abortire, né di mettere al mondo figli con chi vogliono, perché tutto deve ricalcare lo schema della famiglia tradizionale: madre, padre e figli

Il “Ripristino dell’ordine naturale”

Più che la Gpa o la Pma, che sono una parte del problema, l’obiettivo è il controllo totale sul corpo delle donne e soprattutto il “Ripristino dell’ordine naturale”, tanto per citare Agenda Europa faro internazionale dell’estrema destra e dei membri del nostro governo, per cui devono essere scongiurate non sono le famiglie arcobaleno ma ogni orientamento sessuale che vada oltre alla coppia etero e oltre la famiglia sancita dal sacro vincolo del matrimonio. Come spiega senza peli sulla lingua Pro Vita & Famiglia su Twitter, quello che a questa destra interessa è che venga ribadito che “non si nasce da due donne o da due uomini”, che “i bambini crescano col loro papà e la loro mamma”, ma soprattutto che “quei bambini hanno un padre che gli è stato rubato”.

Un padre “rubato” che magari andrebbe anche ripescato e imposto, come già succede nei tribunali anche quando si tratta di un uomo violento e/o un abusante perché “signora, è sempre il padre”

Cosa rischiamo 

Raffaele Grassi

E allora quale sarà il passo successivo? Quanto perde la società intera nel tornare così indietro? Quanto siamo in grado di resistere senza alzare un dito? Lo scorso aprile il prefetto Raffaele Grassi ha inviato a tutti i sindaci della provincia di Padova una circolare per invitarli a rispettare la sentenza della Cassazione che blocca i riconoscimenti anagrafici per i figli delle coppie omogenitoriali. E anche se Sergio Giordani, il sindaco di Padova che si è impegnato a trascrivere gli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali, rivendica come giusto quello che ha fatto come tanti altri sindaci, la scure probabilmente arriverà piano piano per tutti i bambini e le bambine in questa situazione, con conseguenza devastanti per loro e per la gestione della loro crescita.

Sergio Giordani

Una strategia, quella di procedere localmente per arrivare a un obiettivo finale, già sperimentata dalla destra sulla legge 194, per cui gli attacchi all’aborto non sono mai sulla legge nazionale ma sulla sua limitazione a livello locale. Una tattica che si è rivelata vincente anche negli Stati Uniti dove le leggi per restringere o cancellare il diritto all’aborto di diversi Stati, sono diventati effettivi quando la Corte ha cancellato la “Roe v. Wade” che tutelava questo diritto a livello nazionale.

Il Dna vale per i padri ma non per le madri donatrici

A dire il vero però questo delle mamme di Padova è un fatto eclatante, inaccettabile, soprattutto se si pensa che in questo gruppo di 33 c’è anche qualcuno/a che è stato concepito con l’ovulo di una mamma nell’utero dell’altra mamma, cosa che mette in seria discussione il fatto che per un padre sia determinante il patrimonio genetico (prova del Dna) per accertare la paternità, anche di quell’uomo indegno che voleva costringere la donna ad abortire o che l’ha stuprata, mentre per una madre che ha scelto un percorso di coppia e genitorialità consapevole, questo Dna non conta. Valeria Sanzari, la Procuratrice di Padova, ha detto all’Ansa di essere “tenuta a far rispettare la legge”, e dato che nel diritto italiano non esiste la “seconda mamma”, la possibilità per la donna di assegnare al figlio biologico il cognome della propria compagna, decade. Ma siamo sicure che sia proprio così?

La sentenza di Cassazione fa riferimento alla Gpa e non alla Pma

In realtà la sentenza della Cassazione dello scorso dicembre a cui la procuratrice Sanzani si richiama, riguardava un caso di Gpa dove la Corte d’appello di Venezia avevano imposto al sindaco di Verona di riconoscere tutti e due i padri, mentre per la Suprema Corte solo il padre biologico poteva essere considerato genitore, quello che aveva donato il seme (sentenza a cui si rifà anche Piatentedosi nella sua circolare).

Un caso ben diverso da quello di Padova dove si parla di mamme, per cui adattando una decisione della Cassazione che è di fatto contro la Gpa, ci si scaglia anche contro la Pma strumentalizzando la sentenza

I tribunali che hanno riconosciuto due mamme

Già a marzo di quest’anno la Corte d’Appello di Firenze aveva confermato il decreto del Tribunale di Pistoia sulla legittimità della registrazione di una bambina nata con la Pma per cui la “madre intenzionale” ha potuto riconoscere la figlia con il consenso della madre biologica, come previsto dall’articolo 254 del codice civile, malgrado la Procura di Pistoia avesse impugnato la registrazione. Come anche il Tribunale di Taranto che nel 2022 ha ritenuto legittima la richiesta di due donne a eseguire la trascrizione dell’atto di nascita dei loro figli nati con la Pma all’estero, a fronte del rifiuto del Comune, non essendo ammissibile trattamenti differenziati tra minori. Mentre nel 2021 è stato il Tribunale di Roma che ha acconsentito alla registrazione di una bambina con due mamme le quali avevano fatto ricorso alla procreazione assistita “in qualità di coppia” e “in attuazione di un progetto di genitorialità da tempo maturato nella loro relazione sentimentale”.

Cosa dice la Legge 40 

Il riconoscimento dei bambini e delle bambine nati dalla Pma non dovrebbe perciò neanche essere messo in discussione, in quanto se è vero che in Italia la legge non consente l’applicazione di tecniche di riproduzione assistita a donne single o coppie lesbiche, è pur vero che per i bambini concepiti con fecondazione eterologa, la legge 40 del 2004 prevede che il consenso prestato da parte del genitore non legato geneticamente al minore, valga a costituire il rapporto di filiazione.

Non solo, perché la legge 40 stabilisce anche che “I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime”

Per cui o disconosciamo lo status di dignità sociale e giuridica della coppia (legge Cirinnà), oppure ci stiamo zitti. Per non parlare poi delle coppie di donne in cui una delle due abbia sottoposto a fecondazione i propri ovociti e l’altra abbia portato a termine la gravidanza, che presuppone un legame genetico da parte di entrambi le mamme non riconosciuto come tale. E se la prova del dna è giustificata a rendere concreto il riconoscimento di quel padre che non ha voluto riconoscere il figlio alla nascita perché non desiderato, non si capisce come mai non debba essere riconosciuta a una donna che invece ha deciso e fatto un percorso ben preciso per diventare genitore responsabile nei confronti di bambini e bambine desiderati e voluti.

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