USA, dopo la cancellazione della Roe la destra mette a serio rischio il diritto all’aborto farmacologico

Gli ambienti conservatori continuano la loro battaglia pro-life e dopo l’annullamento della storica sentenza "Roe v. Wade", ora vogliono vietare la pillola abortiva dopo che la FDA ha concesso la sua vendita in farmacia e online

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice di DonnexDiritti Network e International Women



Una nuova minaccia contro il diritto all’aborto incombe sulla testa delle americane. Dopo il colpo di mano della Corte costituzionale che la scorsa estate ha spazzato via la Roe v. Wade, la storica sentenza che tutelava l’interruzione di gravidanza a livello nazionale, l’amministrazione Biden si ritrova a dover affrontare l’attacco nei confronti dell’aborto farmacologico, dopo che la Food and Drug Administration (FDA) ha stabilito che, per la prima volta nella storia del Paese, le pillole abortive potranno essere vendute anche nelle farmacie e online (su ricetta medica).

La causa nasce in Texas 

Più in dettaglio, lo scorso 10 febbraio 67 parlamentari repubblicani hanno firmato una memoria legale (un atto mediante il quale si illustra la propria posizione sui punti oggetto della controversia) per supportare la causa di Alliance Defending Freedom, che in questo caso rappresenta quattro organizzazioni mediche anti-abortiste, nei confronti della FDA in cui si afferma che il processo utilizzato nel 2000 per valutare e approvare i farmaci utilizzati per gli aborti terapeutici era illegale e che quindi dovrebbe essere revocato.

La causa è stata intentata lo scorso novembre in Texas per ottenere appunto il riconoscimento dell’illegalità dell’approvazione dei farmaci abortivi

Cindy Hyde-Smith

Una causa appoggiata ora anche da 13 senatori e 54 rappresentanti della Camera, guidati dalla senatrice Cindy Hyde-Smith e dal deputato August Pfluger che hanno presentato una memoria scritta dalla coalizione pro-life «Americani uniti per la vita» con l’appoggio della Conferenza episcopale statunitense, sostenendo che la FDA sia andata oltre i suoi poteri e che «ha autorizzato farmaci abortivi chimici senza conoscerne l’impatto sullo sviluppo adolescenziale, in particolare il loro effetto sul sistema immunitario delle ragazze».

August Pfluger

Una richiesta depositata al tribunale distrettuale di Amarillo, in Texas, e messa nelle mani del giudice Matthew J. Kacsmaryk che, oltre a essere stato nominato da Donald Trump durante il suo mandato da presidente, ha lavorato per il conservatore First Liberty Institute ed è noto per le sue opinioni conservatrici sul matrimonio omosessuale e sull’aborto.

Una decisione che potrebbe arrivare a breve e potrebbe aprire la strada a un divieto nazionale della pillola abortiva dato che il caso potrebbe finire davanti alla Corte Suprema

Matthew J. Kacsmaryk

Per cui «l’accesso all’aborto farmacologico – come afferma il Center for Reproductive Rights – potrebbe finire in tutto il Paese, anche in quegli Stati in cui i diritti all’aborto sono garantiti». Oggi, negli Stati Uniti, l’interruzione di gravidanza farmacologica è possibile fino alla decima settimana di gestazione e prevede due fasi: l’assunzione di una pillola a base di mifepristone che interrompe la gravidanza e, dopo 24 ore, quattro pillole di misoprostolo, un farmaco che cura le ulcere, utile per ammorbidire la cervice e provocare le contrazioni che servono a espellere il feto.

I farmaci sotto accusa

I due farmaci insieme garantiscono un buon esito nel 99,6% dei casi e un rischio di complicanze dello 0,4%. Ma, anche se la FDA ha affermato che l’approvazione del mifepristone è arrivata dopo un’ampia analisi delle prove scientifiche, nella sua querela Alliance Defending Freedom chiede proprio che l’approvazione del farmaco da parte della FDA sia annullata perché trascura effetti collaterali potenzialmente dannosi. Una presa di posizione che fa paura anche perché orchestrata da Alliance Defending Freedom che, oltre a essere un potente gruppo legale cristiano conservatore contro i diritti Lgbtq e contro l’aborto, ha redatto la legislazione del Mississippi che ha fatto strada alla Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization ovvero la decisione che ha annullato la «Roe v. Wade» lo scorso anno.

Come arginare le consuguenze

Letitia James

Attorno a questa causa si stanno mobilitando i sostenitori dei due schieramenti in tutto il Paese. Da un lato una ventina di procuratori repubblicani definiscono l’approvazione della FDA «profondamente viziata» e la contrastano in ogni modo; dall’altra 22 procuratori democratici capeggiati da Letitia James, procuratrice generale di New York, hanno depositato una memoria sostenendo che la revoca del mifepristone avrebbe «conseguenze devastanti» per le donne americane che sarebbero costrette a sottoporsi ad aborti chirurgici invasivi e costosi o a rinunciare all’aborto.

Merrick Garland

Al Dipartimento di giustizia una task force istituita dal procuratore generale Merrick Garland sta cercando vie legali per proteggere l’accesso alle pillole, ma la paura sale e alcuni membri dell’amministrazione Biden sono preoccupati perché la sentenza arriverà probabilmente da giudici conservatori che potrebbero sfruttare questa possibilità per limitare l’accesso all’aborto anche negli Stati a guida democratica. Un rischio che deriva da più fronti dato che, con la Camera tornata in mano al Grand Old Party dopo le elezioni di Midterm, il fronte anti-abortista potrebbe presentare un divieto federale. Un’eventualità di fronte alla quale lo stesso presidente Biden ha scritto sul suo profilo Twitter: «Se al Congresso passerà un divieto nazionale, io metterò il veto».

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Questo articolo di Luisa Betti Dakli è stato pubblicato su Azione 

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