Dieci giorni fa sono stati impiegati 11 agenti della Digos per prelevare un bambino dalla sua casa dopo che un decreto del tribunale aveva deciso che quel bambino dovesse essere dato al padre, rifiutato dal minore, togliendolo dalla madre e dalla città in cui era cresciuto per essere portato a centinaia di kilometri di distanza.
Mamme giudicate ostative, malevole, simbiotiche e trasformate da vittime che denunciano violenza a carnefici che alienano i figli, e questo dentro tribunali civili e dei minori che applicano la teoria ascientifica dell’alienazione parentale
Teoria per cui se un bambino rifiuta un genitore, la responsabilità è sempre dell’altro, sulla base di Consulenze tecniche d’ufficio redatte da psicologi e psichiatri che applicano le teorie di Richard Gardner: un medico statunitense che teorizzava i “falsi abusi” e le manipolazioni delle madri nei confronti di bambini che rifiutavano padri maltrattanti o abusanti. Ora alla camera ci sono tre proposte di legge sulla riforma dei procedimenti per la l’affidamento dei minori. Una di queste l’ha presentata Laura Boldrini, già presidente della camera, che ha dichiarato come davanti a questi casi “non possiamo rimanere indifferenti”
Onorevole Boldrini, lei ha presentato una proposta di legge su affidi e ascolto del minore. Perché?
Perché ritengo indispensabile riuscire a fare in modo che quando ci sono separazioni e quindi affidi, il minore possa essere messo al centro, che sia ascoltato dal giudice affinché quest’ultimo possa arrivare a un proprio convincimento, che non può e non deve essere filtrato dalle Consulenze tecniche d’ufficio come invece avviene in questo momento.
Troppe volte il minore viene considerato non attendibile e questo comporta interpretazioni che spesso causano anche convincimenti completamente errati: dei pregiudizi che creano anche non pochi danni
Che cosa la preoccupa?
La mia preoccupazione deriva dal fatto che nei tribunali italiani si applichi ormai da anni questa teoria dell’alienazione parentale che è una teoria senza alcun fondamento scientifico, rigettata dall’OMS, dal ministero della salute, ma anche dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Ordine degli psicologi.
Di cosa si tratta?
Una teoria mai dimostrata che trova cittadinanza nelle nostre aule di tribunale con conseguenze devastanti per i bambini, ma anche per il genitore accudente. Un costrutto che nella maggior parte dei casi è ai danni della madre bollata in modo arbitrario come una mamma che condiziona e plagia il figlio, al punto che questi rifiuterebbe di incontrare e di andare con il padre anche se poi in realtà quest’ultimo è un uomo violento.
La cosa assurda è che non si vanno a cercare le cause reali ma ci si basi su una teoria rigettata da ogni parte
In che senso?
Mi spiego meglio. Il fatto che il bambino o la bambina non vogliano vedere il padre perché hanno paura, rappresenta una situazione che ha bisogno di indagini ed è assolutamente inaccettabile che questo rifiuto venga addossato di riflesso a una responsabilità della madre oltretutto è indimostrabile. È una ricostruzione completamente distorta che alla fine vuole punire la donna, e ha alla base una forte misoginia
Ha un’idea del perché nei tribunali italiani succede questo ormai da anni?
Secondo me molto è dovuto al fatto che i giudici delegano alle Consulenze tecniche d’ufficio fatte da psicologi e psichiatri, e quindi non entrano nel merito dell’ascolto del minore, delegando alle CTU la valutazione del caso. Ed è lì che noi probabilmente dobbiamo capire perché le CTU abbiano fatta propria questa alienazione parentale, nonostante tutte le prese di distanza degli organi nazionali e internazionali sulla materia. Questo non è ancora chiaro.
E come si risolve?
Personalmente credo che sia necessario risolvere il problema alla base, perciò se le CTU ritengono questa teoria non scientifica valida perché sono stati formati in questo modo, con una formazione di questo tipo, è perché forse ci sono degli interessi nel fare questo e quindi dobbiamo capire il perché ma prima di tutto mettere uno stop.
CTU che spesso suggeriscono di mettere un bambino in casa famiglia.
Nei casi estremi, in cui entrambi i genitori mostrano totale trascuratezza e addirittura atteggiamenti lesivi e abusanti, è chiaro che ci deve essere un trasferimento in casa famiglia, perché lo Stato ha la responsabilità di farlo. Ma questi sono casi estremi e sono pochi. Invece quando c’è un genitore, una madre accudente, non può essere in alcun modo una soluzione.
la struttura È l’estrema ratio ma la maggior parte dei bambini che oggi sono allontanati dalla loro casa, non sono privi di una madre accudente: questo è il paradosso
Spesso per allontanare questi minori il giudice esige l’uso della forza da parte degli agenti di polizia.
Il prelievo forzato fatto dalle forze dell’ordine con bambini che si aggrappano alle madri e si disperano, è una pratica altamente incivile, che mai e poi mai dovrebbe accadere perché crea dei traumi nei minori che difficilmente possono essere poi recuperati. Trovo questo qualcosa di terribile e la nostra legge cerca di evitarla.
La psicologa Elvira Reale, che è nella Commissione femminicidio, ha paragonato il prelievo forzato e la collocazione in casa famiglia di un minore a una forma di tortura. Lei è d’accordo?
Io penso che ci siano casi veramente disperati in cui bisogna mettere in sicurezza il minore perché i genitori non accudiscono, casi di abbandono o anche di abuso del nucleo familiare, e dunque è giusto che il minore venga sottratto perché in quei casi bisogna trovare un ambito in cui possa avere uno stile di vita fuori da un contesto malsano. Ma qualora ci sia un genitore o una genitrice accudente, nel modo più assoluto non si deve procedere forzatamente perché quel bambino vivrà uno shock dal quale difficilmente si riprenderà
Gli si toglie il suo punto di riferimento e lo si fa ingiustamente, per cui sottrarre una madre a un bambino in modo forzato senza che questa abbia fatto nulla nella realtà, è una forma di violazione dei diritti del bambino. È una violazione dei diritti umani davanti alla quale non possiamo stare immobili
Questa situazione in Italia è scoppiata dopo la legge 54 del 2006 sull’affido condiviso. L’Italia era immatura per una legge del genere?
La bigenitorialità ha senso solo se non c’è violenza, se non c’è abuso. In ogni circostanza in cui c’è una denuncia o viene riportato dal minore una situazione di violenza e di abuso, non si può, in alcun caso. Ce lo dice la Convenzione di Istanbul, che l’Italia ha ratificato nella scorsa legislatura.
E dove sia invece possibile applicare la bigenitorialità?
Anche lì, non si può pensare che un minore possa vivere una settimana con un genitore che abita magari in una città e un’altra settimana con la madre che abita in una città diversa. Questo va sulle spalle del minore e non è praticabile: non si può pretendere che un bambino veda la sua vita sradicata e sia considerato un pacco postale. Quindi al centro va messo il bambino, non l’esigenza dei genitori.
La bigenitorialità ha un senso nella misura in cui non danneggia l’equilibrio del minore, il suo stile di vita, il suo ambito affettivo
Nei tribunali civili spesso si confonde la violenza domestica con la conflittualità di coppia, lei che ne pensa?
Penso che questa sia una disfunzione grave del nostro ordinamento, in cui il penale non parla con il civile e il civile disattende al penale. Se un genitore è violento non è adatto ad accudire un figlio, perché usa violenza. Nelle cause civili dovrebbe essere vincolante prenderne atto e di conseguenza maturare una valutazione sulla base anche del penale, se c’è.
E anche laddove la donna non abbia denunciato, anche ci fosse un minimo sospetto, un riferito della mamma o dei bambini, questo va approfondito, indagato con una raccolta di prove e non sulla base di perizie psicologiche. Questo è il vulnus del nostro ordinamento che stiamo cercando di riempire con questa PdL
Che cosa vuole cambiare questa legge?
La legge è articolata, l’obiettivo è quello di mettere al centro il minore, quindi il suo ascolto sempre e comunque, con una valutazione autonoma del giudice. L’articolo 4 parla della continuità affettiva e della stabilità del minore, che deve essere prioritaria, e se ci sono delle difficoltà con uno dei genitori, il giudice dovrà individuarne le cause in maniera oggettiva e non sulla base di quello che dice uno psicologo che deve essere solo un appoggio e non la base. Nell’articolo 5, in cui si parla dell’affidamento esclusivo, abbiamo voluto essere molto chiari per cui quando vengono riferiti abusi o episodi di violenza domestica anche assistita, deve essere attivato solo con il genitore accudente.
Quindi ridurre CTU e valutare il caso su elementi probatori?
Sì, poi parliamo anche delle CTU, perché vogliamo garantire una maggiore professionalità, trasparenza, e anche l’affidabilità delle CTU che non possono essere date in mano a chi ha aderito a teorie non scientifiche mai dimostrate e anche dannose.
Per distinguere i piani è necessaria una diversa formazione?
Sì, certo. Noi vogliamo che i magistrati, gli avvocati, i medici, gli psicologi e gli assistenti sociali che si occupano di questa materia, siamo formati sulla violenza domestica, e sull’ascolto e il trattamento dei minori durante un processo.
Questo è un punto fondamentale perché spesso la formazione manca e quindi mancano gli strumenti adatti per leggere gli avvenimenti
In che modo?
Noi abbiamo proposto che queste teorie ascentifiche possano essere materia di studio ma non possono essere utilizzate nei tribunali. All’articolo 9, comma 4, si prevede che “teorie o dottrine che sono prive delle necessarie evidenze scientifiche o fondate su pregiudizi e stereotipi, possano formare oggetto dei programmi e delle attività formative solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuovere l’applicazione in sede giudiziaria”.
Molti però nascondono l’alienazione parentale sotto altri termini, come si fa a distinguere?
Noi ci riferiamo a tutte le teorie e le dottrine prive di evidenza scientifica, quindi non accreditate, ma anche a quei disturbi che vengono adoperati per applicare il principio dell’alienazione parentale per cui il bambino viene tolto alla mamma senza elementi probatori.
Abbiamo voluto fare un testo completo, perché sono molti gli ambiti che oggi sono scoperti nei processi per affidamento
Ci sono diverse proposte di legge alla Camera. Pensate di mettervi d’accordo?
Ora è previsto un ciclo di audizioni e poi spero si arrivi a un testo unificato dove si tratterà di integrare le parti più salienti dei provvedimenti. Io penso che si potrà fare un lavoro di questo genere e penso che i tempi non siano neanche troppo lunghi.
Pronostici?
È difficile fare previsioni, abbiamo iniziato le audizioni e dopo la pausa estiva spero che si riesca a fare la sintesi di tutto quello che è stato messo in ballo.
In autunno forse?
Sicuramente faremo di tutto perché venga approvata alla Camera il prima possibile, poi andrà al Senato e lì vedremo cosa succede.