Diritto: l’interesse superiore del minore domina sulla bigenitorialità

Come l'applicazione dell'alienazione parentale nei tribunali sta distorcendo la dimensione dei diritti dei bambini

Filomena Zaccaria
Filomena Zaccaria
Avvocata Cassazionista, ufficio legale della Rete dei Centri antiviolenza "Sud Est Donne", esperta Diritto di famiglia, supervisora legale e formatrice in materia di violenza di genere in sede civile e penale.



La Cassazione con sentenza n. 13217/2021 enuncia il principio di diritto secondo il quale l’alienazione parentale non è una teoria scientifica, non è una categoria giuridica di valutazione della genitorialità e lede il principio di tutela del benessere superiore del minore (conforme, Cass. civ n. 28723/2020 – n. 6919/2016 – difforme Trib Castrovillari Decr., 30/06/2020).

Ma che cosa è la Pas?

Il concetto di alienazione parentale nasce negli USA negli anni ’80: se un minore rifiuta il contatto con il padre ne è responsabile la madre che sarebbe in grado di manipolare il figlio, allontanandolo dall’altro genitore (mother blaming). Una teoria che esclude la capacità di autodeterminazione del minore che rifiuta il padre e non svolge alcun approfondimento fattuale, storico e scientifico sulle cause di tale comportamento.

Così, non potendo fornire alcuna prova della presunta “manipolazione psicologica” e rifiutando il riconoscimento della gravissima incidenza sulla psiche dei minori di rapporti paterni non tutelanti, (rifiutando l’esistenza della violenza diretta e assistita), i fautori di questa pseudoteoria coniano una sorta di malattia psichiatrica, che non ha bisogno di prove o evidenze scientifiche, in quanto è sufficiente che venga descritta nei testi di medicina.

Richard Garder

Tale “costrutto pseudo scientifico” è stato costruito per la prima volta da un medico di New York, Richard Alan Gardner il quale la definì “Parental Alienation Syndrome”, con l’acronimo P.A.S. (Gardner R., 1991, “Sex Abuse Hysteria: The Salem Witch Trials Revisited, Creative Therapeutics”, Cresskill). Nel 1985 Gardner scrisse un articolo su questa malattia da lui “scoperta”, che fu pubblicato sulla rivista Academy Forum dell’Associazione Americana di Psicanalisi e Psichiatria Dinamica, con sede legale presso la sua abitazione. Paul Fink, Presidente del Consiglio direttivo per gli abusi sui minori e la violenza interpersonale, ed ex presidente dell’American Psychiatric Association, definisce:

la PAS come “scienza spazzatura”, tanto da non essere inclusa nel DSM, mentre richard Gardner è stato espulso dalla Columbia University in quanto “incapace di ragionare secondo il metodo scientifico”

Fatta fuori la Sindrome, rimangono i “disturbi”

Il concetto di “Sindrome” è stato già ampiamente stralciato dalla discussione scientifica negli anni 2010/2013 in occasione della revisione del Manuale dei disordini mentali dell’uomo (DSM-5) a opera dell’American Psychiatric Association (APA). Pertanto i sostenitori di Gardner, non potendo più utilizzare termini quali PAS utilizzarono parafrasi dal medesimo contenuto quali: “disturbo da alienazione, disturbo parentale, legame simbiotico, legame fusionale, disturbo relazionale, patto di lealtà, disturbo misto, madre invischiante e pericolosa”, fino a ipotizzare presunti stati psicopatoligici quali “i disturbi misto di personalità”.

Nonostante l’accertamento scientifico dell’infondatezza della ideologia di Gadner, sono sorte scuole psicoforensi a favore della PAS (in Italia, tra gli altri, il neuropsichiatra infantile Giovanni Battista Camerini e lo psicologo-psicoterapeuta Marco Pingitore), e le CTU di riferimento che hanno determinato provvedimento dei Giudici di primo grado che ipotizzano percorsi di “riconnessione emotiva” dei minori mediante l’allontanamento di questi dalla madre e il loro collocamento in casa famiglia, a volte, proprio con il padre rifiutato.

Percorsi giudiziari che costituiscono vere e proprie forme di TSO a carico di minori. Ma l’introduzione nel sistema processuale della ideologia “pasista”, lede quei tanto acclamati diritti fondamentali dei minori?

La madre malevola come la strega da ardere sul rogo

Attraverso l’analisi storica del fenomeno “pasista”, è possibile comprendere, quale sia il sostrato pseudo culturale nel quale di sviluppa e si rafforza. La stragrande maggioranza dei presunti casi di “alienazione parentale” è attribuita alle madri, spesso vittime di maltrattamenti in famiglia, unitamente ai figli esposti a violenza assistita (art. 572 cp) . L’assenza, da parte del giudice, della necessaria “lettura di genere”, determina forme di vittimizzazione secondaria (artt. 3, 31 Convenzione Istanbul) e il minore, esposto a una relazione genitoriale paterna non tutelante, subisce traumi enormi.

L’approccio pasista, frutto di una cultura atavica, assegna alla madre/donna funzioni di cura, procreazione e adesione a un “sistema sociale” maschile, quindi ogni intervento che altera quell’approccio, è letto come pericoloso e manipolatorio

Il linguaggio utilizzato dai pasisti, privo di fondamento scientifico e giuridico, contiene giudizi e valutazioni di merito sul comportamento della madre. Approccio da cui derivano concrete reminiscenze dell’Inquisizione per cui le donne erano streghe in grado di manipolare e alterare lo scibile maschile, come è ben spiegato nel “Malleus Maleficarum”: trattato in latino pubblicato nel 1487 dal frate domenicano Heinrich Kramer con la collaborazione del confratello Jacob Sprenger. Donna che a causa della sua “natura” femminile, intende togliere i figli al padre, manipolando le menti dei bambini fino a renderli rifiutanti e impedendo una sana genitorialità. Da qui i titoli di madre malevola, madre padrona, madre invischiante, madre ostativa.

donne che, come le streghe, sono in grado di distruggere l’uomo/padre, vittima di tale “stregoneria” che lo priva della relazione con i figli

La mancata formazione della magistratura

I provvedimenti giurisdizionali attestano la mancata formazione della magistratura e dell’avvocatura in materia di genere, anche auspicata da tutti gli organi di riferimento (CSM delibera maggio 2018 – l. n 69/2019 – leggi regionali). I provvedimenti emessi con i pseudo criteri di valutazione della capacità genitoriali indicati dai pasisti, fondano la loro motivazione nella necessità di rispettare il principio della bigenitorialità del minore: assunto legittimo da un punto di vista formale, che necessita della dovuta interpretazione di coordinamento con altre norme, anche di rango superiore, in vigore nel nostro ordinamento, soprattutto sulla tutela del benessere superiore del minore.

in altre parole, nel bilanciamento degli interessi tra il munus genitoriale e il diritto del minore “a stare bene”, deve prevalere il secondo, in un coordinamento diseguale dei due diritti

Il diritto alla bigenitorialità appartiene al minore in quanto si interseca in modo prioritario ed esclusivo con l’altro diritto costituzionalmente garantito, ovvero il diritto alla salute. Per cui il diritto alla bigenitorialità va compresso quando lede il diritto costituzionale alla salute del minore e se il minore esprime paura e timore nella relazione paterna, tanto da determinare la lesione del diritto al benessere e alla salute, le istituzioni devono considerare la necessità di una compressione del diritto genitoriale.

Da qui è necessario che il giudice svolga un’indagine concreta della storia di cura del minore durante la relazione genitoriale ordinaria, così come dovrà necessariamente prendere in considerazione la volontà del minore, con una indagine di natura scientifica sui motivi del rifiuto del minore. Un percorso, obbligato in diritto, che esclude a priori qualsivoglia riferimento alla pseudo teoria pasista. In mancanza di tale approccio gli atti giudiziari conseguenti: affido super esclusivo al genitore rifiutato, decadenza/sospensione della responsabilità genitoriale della madre alienante, inserimento in casa famiglia del minore, interventi psicoterapici sul minore per effettuare la riconnessione emotiva, si pongono in palese contrasto con le norme costituzionali di riferimento.

Alienazione parentale e violazione del diritto

Le scelte giudiziarie in aderenza alle teorie pasiste, violano l’art. . 337 ter cc che, nel codificare il diritto del minore a essere curato, educato, istruito, assistito moralmente, autorizza il giudice ad assumere provvedimenti “con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale” del minore.

Il giudice ha l’obbligo di valutare se l’adempimento del diritto alla bigenitorialità del minore, violi l’altro di rango superiore dato dalla tutela del benessere del minore

È evidente che l’ideologia pasista introduca, surrettiziamente, un quarto criterio nell’art. 337 – ter c.c., quale la necessità che la madre garantisca l’accesso all’altra genitorialità. Si leggono in molte CTU locuzioni quali “la madre non veicola il bambino al padre, è invischiante, è invadente, è possessiva, è diffidente”, e sulla scorta di tali “espressioni”, la madre decade dalla responsabilità genitoriale.

Un criterio antigiuridico che viola le norme di diritto sostanziale escludendo a priori ogni indagine sulla storia di cura del minore nella relazione genitoriale

Convenzioni internazionali sull’interesse del minore

Il Regolamento c.d. Bruxelles II bis utilizza la locuzione “responsabilità genitoriale” ponendo l’accento sui doveri piuttosto che sui diritti dei genitori. Diritti conferiti ai genitori solamente ai fini della realizzazione di un interesse non proprio, ma del minore che ha diritto di esprimere “liberamente la sua opinione su ogni questione che lo riguarda”, come sancisce la Convenzione di New York, in linea con “Guidelines of the Committee of Ministers of the Council of Europe on  child-friendly justice”.

L’articolo 14 della CEDU (Corte Europea dei diritti umani) assicura il godimento dei diritti riconosciuti nella Convenzione “senza nessuna discriminazione”, comprese quelle fondate sull’età (Schwizgebel c. Svizzera – n. 25762/2020 ). L’art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce il diritto del minore per cui la sua opinione sulle questioni che lo riguardano sia presa in considerazione tenuto conto di età e maturità. Il riferimento all’interesse “superiore” dei minori è nella Convenzione di Strasburgo, all’art. 1, comma 2: “Promuovere, nell’interesse superiore dei minori, i loro diritti”.

Ma anche nella conferma della finalità dell’intervento dell’autorità giudiziaria (art. 6, lett. a): “al fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del minore”

Nella Convenzione ONU sui Diritti Del Fanciullo (artt 32 e 117 Cost.), la discrezionalità del giudice non può ritenersi priva di limite per cui la concretizzazione giudiziale dell’interesse del minore, non può avere esiti contrastanti con i princìpi fondamentali dell’ordinamento, e quindi con le esigenze di rispetto della persona minore d’età con vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (ex art. 117, comma 1, Cost.).

In questa direzione è la CEDU (S. H. c. Italia, ric. n. 52557/14, Zhou c. Italia – 28 aprile 2016) che codifica il “giusto equilibrio” e la “giusta proporzione” tra i diversi interessi, che tenga conto della preminente considerazione da riservare all’interesse del minore (Corte EDU 12 luglio 2011, Sneersone e Kampanella c. Italia). Nessuna tutela di un altrui concorrente interesse (art. 317 ter cc), può porsi in contrasto con il superiore interesse del minore (clausola normativa di non contrarietà, art. 24, comma 3, CDFUE – art. 9, comma 3, Conv. Onu sui diritti del fanciullo), al punto da mettere a rischio il benessere psico-fisico del minore o lo sviluppo e la promozione della sua personalità ( Corte EDU 20 gennaio 2015, Manuello e Nervi c. Italia).

Il giudice, pur autonomo e libero nella determinazione del libero convincimento, non può non rispettare e dare adempimento ai principi di diritto e alle norme nell’ordinamento giuridico

tanto che eventuali provvedimenti emessi in violazione di tali cardini giuridici fondamentali, cadrebbero nel libero arbitrio, esautorando lo stato di diritto e la tutela giudiziaria dei suoi cittadini.

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