Gender gap: per colpa del Covid parità di genere tra 135 anni

Per il report del World Economic Forum la disuguaglianza tra uomini e donne sul lavoro avrà un ulteriore ritardo

Lucrezia Cairo
Lucrezia Cairo
Social Media Manager



È stato pubblicato il report annuale del World Economic Forum sulla situazione del Gender Gap economico in tutto il mondo, ma i dati che vengono riportati sono a dir poco allarmanti. L’indice, che utilizza differenti aree di analisi, mostra che il raggiungimento dell’obiettivo della parità è stato completato solo al 68% a livello globale.

A causa del Covid ci sarà un ritardo ulteriore per il raggiungimento della parità economica, e invece di 99 anni ce ne vorranno almeno 135 per chiudere il gender gap nel mondo

Empowerment Politico

La situazione più drammatica si trova nell’area dell’Empowerment Politico, cioè di rappresentanza femminile all’interno delle istituzioni governative. Qui la parità è stata raggiunta solamente al 22%, con un peggioramento durante il 2020 di circa il 2.4%. Nei 156 paesi analizzati dal report, le donne rappresentano solamente il 26.1% delle deputate parlamentari e il 22.6% dei 3400 ministeri, mentre in 81 paesi, non c’è mai stata una donna a capo del governo. Perfino l’Islanda, che è il paese che svetta in cima a tutte le classifiche del report, sebbene in questo ambito abbia un punteggio superiore del 56% rispetto agli altri paesi, riporta una percentuale pari al 24% di gender gap politico da colmare.

Dati che non fanno che peggiorare se ci addentriamo nelle classifiche: vediamo che infatti in 52 paesi le donne rappresentano meno del 20% delle deputate nelle camere basse, mentre la situazione è analoga per quanto riguarda i ministeri, con un 22.6% di rappresentanza femminile sui 3.400 ministri al mondo. In 9 paesi non ci sono donne ministre, per non parlare degli alti ruoli governativi. In 81 paesi non c’è mai stata una donna che abbia ricoperto la più alta carica dello Stato, includendo paesi che sono abbastanza progressisti rispetto alla parità di genere, come la Svezia, la Spagna, i Paesi bassi e gli Stati Uniti. In aggiunta, solo in 17 paesi le donne sono state al potere per meno di un anno negli ultimi 50 anni, inclusa la Francia e il Canada.

Con questi dati, il report stima che il gender gap in politica verrà colmato solo tra 145 anni, dunque nel 2166. Un po’ troppo in là, se consideriamo che la maggior parte di noi non sarà presente per assistervi

Osservando meglio, è possibile rendersi conto che il gender gap non è affatto qualcosa che riguarda solamente i Paesi in via di sviluppo e le zone meno avanzate del pianeta, ma rimane solido ed evidente anche nell’avanzatissima Europa e nel nostro paese, l’Italia, che si classifica solo al 63esimo posto nella classifica globale sul gender gap. Andando nello specifico, in merito alla rappresentanza politica da noi le donne in Parlamento sono al 35% contro il 64% degli uomini, mentre le donne ministre sono il 36% contro il 63% degli uomini e, ovviamente, non c’è mai stata una donna come Capo di Stato.

Economic Partecipation and Opportunity

Ancora più desolante è la classifica in merito alla Economic Partecipation and Opportunity, dunque la rappresentanza nel mercato del lavoro e le opportunità di carriera. Questa area si posiziona seconda rispetto alle altre in termini di gravità, con un gender gap ancora estremamente ampio che è stato colmato solo al 58.3%, rimanendo tra l’altro invariato rispetto allo scorso anno. Nel report viene evidenziato come una delle fonti di ineguaglianza più importanti tra uomini e donne è la sotto rappresentazione all’interno del mercato del lavoro, un canale importante per la crescita economica delle donne e la costruzione di organizzazioni e compagnie differenziate, inclusive e innovative.

Eppure, globalmente, l’80% degli uomini compresi tra un’età 15-64 anni costituisce la forza lavoro, mentre le donne dello stesso range di età sono solamente il 52%, spiegando quindi come mai il divario nel mondo del lavoro rimane fisso al 35%

Il World Economic Forum evidenzia che in merito alla lentezza della risoluzione del gender gap a livello economico, è necessario prendere in considerazione due fattori fondamentali. Il primo è che la quantità di donne altamente preparate a livello professionale è in costante aumento, insieme al tentativo di raggiungimento della parità salariale. Il secondo è che si tratta però di una risoluzione parziale, perché c’è un grave deficit di rappresentanza femminile nei ruoli dirigenziali, senza considerare che i dati disponibili per il 2021 non riflettono appieno quelle che sono le conseguenze della pandemia, con un aggravamento del gender gap in tutti i paesi. Di questo passo, secondo il report, ci vorranno ben 267 anni per eliminare il divario economico e di opportunità di lavoro tra uomini e donne.

L’Italia

L’Italia fa una pessima figura in nel campo del lavoro finendo addirittura al 114 posto, al di sotto del Cile, risultando come il Paese peggiore in cui vivere per una donna in carriera nell’Europa Occidentale con un gap colmato al 61% rispetto all’Islanda, nuovamente il Paese con i numeri migliori pari all’84%. Le donne italiane sono infatti il 56% contro il 74% degli uomini nel mondo del lavoro e vengono pagate circa il 19% in meno rispetto alla controparte maschile a parità di mansioni. Andando avanti, i dati riportano che solo il 29% delle donne guadagna più di 1.000,00 euro al mese, a fronte del 51% degli uomini, per non parlare delle cariche manageriali: qui il divario sembra incolmabile, con un misero 27% di rappresentanza femminile comparato al 72% maschile.

Eppure, molto spesso i più scettici in merito al gender gap menzionano i livelli di istruzione e di competenza diversi tra uomini e donne, dando per scontato che non c’è discriminazione di genere ma solo di capacità. Ebbene, un’altra area presa in considerazione dal report è proprio quella dell’istruzione, che vede

l’Italia in netto miglioramento, dimostrando addirittura che le donne sono più istruite degli uomini: le donne raggiungono il 73% in merito all’istruzione di terzo livello  (PHD) contro il 53% degli uomini

Dunque, nonostante gli sforzi, siamo ancora inesorabilmente indietro in tutto il mondo.  Anche se le donne rappresentano il 56% della popolazione mondiale, rimangono la categoria più vulnerabile e a rischio in ogni ambito della società, con lentissime politiche di tutela e rappresentanza che evidentemente non riescono a raggiungere i risultati sperati, anche perché spesso e volentieri vengono attuate da strutture composte interamente dagli uomini. Con il Covid-19, la situazione sembra aggravarsi ancora di più se pensiamo che il 5% delle donne ha perso il lavoro contro il 3% degli uomini durante la pandemia. Non solo, ma a causa del lockdown le donne sono coloro che si sono fatte carico sia delle responsabilità di cura all’interno della famiglia pur continuando a lavorare in remoto, adducendo un doppio carico di lavoro.

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