Non c’è nulla di galante, erotico o seducente nello street harassment, le molestie per strada che le donne ricevono quando attraversano spazi pubblici.
Perché il fischio in strada è una forma di violenza
Fischi, inseguimenti, commenti sull’aspetto fisico o su parti del corpo, fino all’esibizione dei genitali, alla masturbazione o ai palpeggiamenti: sono un continuum di micro-agressioni (quando non si concludono con stupri), che ogni donna subisce nell’arco della propria vita fino a percepire le spazio pubblico come insicuro. Nel 2000 l’Istat rilevò che il 50% delle donne in Italia aveva subito molestie sessuali, e studi sulla percezione della sicurezza hanno rilevato che il 38% delle donne ha paura quando cammina da sola per strada, contro l’8% degli uomini.
Nel corso della vita di una donna le molestie verbali sono tra le più diffuse e colpiscono il 26,6% del mondo femminile nell’età compresa tra i 14 e i 65 anni, seguite da pedinamenti (21,6%), esibizionismo (20,4%), molestie fisiche (19%)
L’insicurezza delle donne è più che giustificata perché è la diretta conseguenza di aggressioni volgari, intimidazioni, offese che costituiscono una forma di violenza psicologica sottovalutata che le donne subiscono fin dalla adolescenza, facendo esperienza in età precoce che gli uomini possono essere invadenti, prevaricanti e pericolosi. Si può essere molestate in luoghi isolati o affollati, nei ristoranti, nei cinema, sui treni, sugli autobus, in centri commerciali, ristoranti e anche davanti a testimoni perché ancora si sottovalutano o tollerano comportamenti invasivi e malevoli come esercizio di dominio che esige la subalternità delle donne.
Accade anche abbastanza spesso che complimenti si trasformino in ingiurie quando le donne non ricambiano l’attenzione maschile o rispondono di non voler essere in alcun modo disturbate
L’oggetto su cui testare la virilità
Una donna che cammina per strada da sola (ma in compagnia di amiche) o siede al tavolo di un ristorante, o entra in un bar o sale su un autobus, viene ancora percepita come un oggetto a disposizione che si può apprezzare o disprezzare, avvicinare, apostrofare fino a insultare o intimidire quando non manifesta gratitudine per attenzioni non richieste. Al molestatore non interessa sedurre piuttosto pretende ed esige dalle donne un riconoscimento della sua superiore mascolinità e chiede di essere gratificato per l’esibizione del suo interesse sessuale. Metaforicamente sta mostrando i genitali (quando non li mostra effettivamente) e vorrebbe essere ammirato.
I movimenti femministi di ogni Paese, sia in Occidente che in Oriente, denunciano da decenni questa grave violazione della libertà delle donne
Ma qui se ne parla sulla stampa e a livello politico sempre e solo in seguito a fatti di cronaca che hanno colpito l’opinione pubblica, come recentemente è accaduto con la denuncia sui social di Aurora Ramazzotti, senza diventare però uno dei punti da affrontare nell’agenda politica. La denuncia di Ramazzotti ha sollevato polemiche e reazioni negative, astiose ed è stato tirato in ballo il solito “benaltrismo”, un’ottimo diversivo per far calare la pietra tombale sulla denuncia del sessismo e della violenza maschile.
Il movimento Hollaback!
Sull’argomento è intervenuta ieri anche l’attrice Vittoria Puccini che ha dichiarato di aver vissuto sulla sua pelle: “L’ho sempre trovata una violenza, un’aggressione in qualche modo (verbale si, ma le aggressioni non devono essere sempre fisiche) soprattutto per il senso di disagio che mi lasciava da ragazzina quando gli uomini mi giravano e fischiavano dalle macchine. Perché? Sono atteggiamenti assolutamente non giustificabili ed è una pratica che deve assolutamente cessare. Siamo sempre nell’ambito del non rispetto della donna”.
“Ma chi te l’ha detto di fischiarmi dietro o di farmi un complimento? Non è voluto, non è cercato e non ti devi permettere di farlo. È una molestia per chiunque, soprattutto nei confronti di una ragazza giovane che magari non ha la forza di farseli scivolare addosso del tutto”
Nel corso degli ultimi 20 anni sono state tante le iniziative pubbliche che hanno denunciato lo street harassment. Nel 2005 a New York è nato il movimento Hollaback! per porre fine alle molestie in strada. Il progetto si diffuse a livello internazionale e venne sostenuto in 62 città e 25 Paesi.
In Italia arrivò nel 2012 con sede a Milano e si aprirono contemporaneamente gruppi in Turchia, Belgio, Nepal, India, Irlanda fondando blog dove si invitavano le persone a raccontare la propria esperienza. Nel 2014 Hollaback! documentò questa forma subdola di violenza contro le donne riprendendo in un video 108 molestie controuna giovane ragazza: Shosama Roberts, mentre camminava per le strade di New York vestita con una semplice maglia, jeans e scarpe da ginnastica. Qualche mese dopo l’esperimento venne ripetuto al Cairo da Colette Ghunim con risultati analoghi. È anche possibile consultare il sito Stand Up International per avere informazioni su come comportarsi in caso di molestie sessuali per chiedere aiuto.
La legge francese
Dopo un sondaggio in 22 città in diversi Paesi e dopo aver rilevato con uno studio per cui le molestie sessuali costituiscono la principale minaccia alla sicurezza delle ragazze in tutto il mondo, nel 2019 la Ong Plan International fece una campagna di sensibilizzazione chiamata “Chalk Back”, che durò 16 giorni (dal 25 novembre al 10 dicembre), invitando le donne a raccontare le molestie che avevano subito nei luoghi dove erano avvenuti, scrivendo sull’asfalto con gessetti colorati.
Non sono mancate testimonianze dirette di giovani donne che hanno filmato vere e proprie aggressioni, come avvenne in Francia a Marie Laguerre, presa schiaffi da un molestatore dopo avergli risposto di chiudere subito la bocca
In seguito a quella violenta aggressione l’Assemblea nazionale francese approvò la legge contro le molestie sessuali promossa da Marilene Schiappa, ministra per le Pari Opportunità francese, che prevede la sanzione di 750,00 euro per le molestie in strada o sui mezzi di trasporto. A distanza di due anni la legge non è stata giudicata molto efficace dalle francesi perché è necessario che ci sia una sorta di flagranza di reato, che colga il molestatore al momento in cui commette la molestia.
Fa parte della cultura dello stupro quindi è una cosa normale
Ci sono state molte altre denunce pubbliche da parte di donne di diversi Paesi nel corso degli anni ma nonostante lo svelamento e la denuncia di comportamenti invadenti, molesti e aggressivi, c’è chi ancora oggi non comprende o fa finta di non comprendere che si tratta di forme di prevaricazione che possono diventare violenze psicologiche che possono sfociare anche in un assalto sessuale. E c’è chi pensa di poter decidere che cosa debba piacere o non piacere alle donne.
Beppe Severgnini sulla rubrica “Italians” in questi giorni, ha scritto: “Catcalling. Odioso fin dal nome. Chiamiamolo come (de)merita: molestia da strada. L’espressione viene da «catcall», uno strumento che si usava a teatro nel XVII secolo, in Inghilterra. Serviva al pubblico per esprimere disapprovazione, e produceva un suono stridulo, come il verso di un gatto (cat) arrabbiato. Perché l’inglese non va bene? Perché conferisce una patina di attualità e fornisce un’attenuante. Marketing della morale, non serve. Chiamiamo le cose col loro nome”.
“Catcalling vuol dire molestare una donna per strada con fischi, gridolini, battute, proposte. Giorni fa, un noto conduttore radiofonico voleva convincere gli ascoltatori: gridare a una donna sconosciuta che ha un bel seno – lui usava un altro termine, plurale – è un complimento, non una molestia. Tesi sbagliata e pericolosa. Vuol dire scusare un comportamento grave, e assolvere chi lo tiene. Le molestie da strada non sono nuove. Mi è capitato di vedere l’inizio di un film con Ugo Tognazzi, “La bambolona” (1968). I primi minuti sono un lungo pedinamento: un uomo di mezza età vede una diciassettenne formosa in un bar e la segue fin sulla porta dell’appartamento, all’interno del palazzo. I genitori dei lei se ne accorgono, e sono pure contenti. La mancanza di riprovazione sociale è evidente. Certi uomini c’erano allora e ci sono oggi. La differenza è che le donne italiane, giustamente, non ne possono più”.