Chissà se Sarah Everard, la sera del 3 marzo, camminando per le strade di Londra, avrà usato tutte le accortezze delle donne che attraversano le strade quando cala il sole.
La dinamica dei fatti
Chissà se camminava fiduciosa o se avrà tenuto le chiavi di casa strette tra le dita, se avrà affrettato il passo o cambiato marciapiede dopo aver incrociato qualche uomo. Avrà tenuto lo sguardo a terra per evitare di incontrare quello di un molestatore? Avrà prestato attenzione al rumore dei passi alle sue spalle o a chi si avvicinava? Ci sono donne che arrivano a casa col cuore in gola, di giorno o di notte, dopo essere state apostrofate, insultate, palpeggiate, spaventate intenzionalmente e donne come Sarah che a casa non arrivano mai. Quella sera, dopo aver lasciato la casa degli amici su Leathwaite Rosad, a ovest di Clapham Common, ha camminato lungo la A205 diretta a piedi verso casa.
Alle 21,30 ha parlato per l’ultima volta col suo fidanzato prendendo accordi per vederlo il giorno dopo ed è stata ripresa dalle telecamere su Poynders Road prima di sparire nel nulla. I suoi resti sono stati ritrovati una settimana dopo in un bosco
vicino a un ex centro ricreativo a Freat Chart, nel Kent, a una settantina di chilometri a sud est di Londra. Quello stesso giorno Wayne Couzens, un agente della Metropolitan Police è stato arrestato con l’accusa di sequestro e omicidio insieme alla convivente accusata di complicità. La conferma che i resti trovati nel bosco fossero proprio quelli di Sarah è arrivata il 12 marzo grazie al riconoscimento delle impronte dentali, mentre a Londra montava la rabbia e il dolore delle donne, stanche di non essere sicure nelle strade e nemmeno nelle case.
I femminicidi in UK
Dall’inizio dell’anno in Inghilterra 16 donne sono state vittime di femminicidio, in Italia siamo a 14 vittime con il femminicidio di Ornella Pinto accoltellata dall’ex compagno Pinotto Iacomini. Le latitudini cambiano ma non la violenza contro le donne che resta e si manifesta nelle case e nelle strade. Anche quando non vivono relazioni violente, le donne devono fare i conti con la paura di possibili aggressioni maschili.
Sabato sera a Clapham si sono ritrovate a centinaia con una candela in mano per una veglia in ricordo di Sarah e lì sono state caricate brutalmente dalla polizia
che aveva precedentemente vietato la manifestazione perché violava le norme anti-Covid. Ma la rabbia delle donne non ha accettato il limite e tante hanno partecipato alla veglia Reclaim these Streets (Riprendiamoci le strade) riprendendosi lo spazio per un momento collettivo di cordoglio, indossando le mascherine. Le scene della carica della polizia sono sante riprese dalle stesse manifestanti e Priti Patel, ministra dell’Interno Britannico ha chiesto alla polizia di Londra un’indagine approfondita e ha definito scioccanti le immagini diffuse dai media che mostrano una repressione violenta. La protesta mal digerita, mette sotto accusa Scotland Yard.
Anche Antonella Veltri, presidente D.i.Re (Donne in rete contro la violenza), è intervenuta sul caso: “Il comportamento della polizia inglese non può essere giustificato dalla necessità di evitare gli assembramenti. Quello che è successo ieri a Londra contro le donne riunitesi nel parco dove un poliziotto ha ucciso una donna, Sarah Everard, ricorda molto le cariche della polizia contro le donne polacche che manifestavano contro le restrizioni contro le interruzioni di gravidanza.
Anche in Italia
Intanto i femminicidi non si fermano nemmeno in Italia dove ieri un’altra donna è stata uccisa dal marito a Napoli, a pochi giorni dall’8 marzo in cui anche il presidente della Repubblica, Mattarella, ha ricordato l’urgenza di intervenire per fermare la violenza maschile contro le donne. Alle donne inglesi va tutta la nostra solidarietà e vicinanza. In Italia come in Inghilterra la violenza maschile contro le donne deve diventare una priorità politica”.
La violenta reazione dei bobbies non ha fermato la protesta delle donne che anche oggi pomeriggio sono tornate a manifestare sfidando i divieti del lockdown e Patsy Stevenson, una delle manifestanti gettate violentemente a terra e ammanettata, è diventata il simbolo di una repressione inaccettabile