Lunedì, un’alta corte colombiana ha deciso di respingere la richiesta di legalizzazione dell’aborto da parte dei suoi sostenitori, i quali speravano nell’annuncio di un cambiamento in America Latina, che avrebbe incoraggiato altre nazioni nella regione a liberalizzare le loro leggi.
“La corte ha perso un’opportunità per cambiare la vita delle donne”
ha detto Mariana Ardila, un avvocato che stava spingendo per la legalizzazione. Ciò nonostante, anche coloro che si erano opposti all’aborto e che avevano sollevato il caso sono rimasti delusi, in quanto avevano richiesto un divieto completo sull’aborto anche nelle situazioni più estremi. Alla fine, la Corte costituzionale della Colombia si è rifiutata di risolvere il caso, lasciando in vigore la legge attuale del paese: l’aborto è quindi rimasto illegale, con tre eccezioni. Il caso aveva suscitato le speranze dei sostenitori del diritto all’aborto, a causa di una proposta di sentenza di uno dei membri più liberali della corte, Alejandro Linares, che era stata divulgata dai media. Il caso aveva suscitato le speranze dei i sostenitori dei diritti di aborto quando una proposta di sentenza di uno dei membri più liberali della corte, Alejandro Linares, è stata divulgata ai media.
Il giudice Linares aveva proposto la legalizzazione dell’aborto dei primi quattro mesi di gravidanza
sostenendo anche che obbligare una donna ad avere un figlio, la mette nella condizione necessaria di cedere il controllo del proprio corpo a terzi, incluso lo Stato, secondo quanto riportato dai media colombiani. Ma lunedì, la Corte costituzionale della Colombia non ha legalizzato né messo al bando la pratica, dato che sei dei nove giudici della corte hanno votato per non pronunciarsi sul caso.
Questo rifiuto di prendere una decisione ha quindi lasciato intatta la sentenza del 2006 emessa dalla corte, che consente a una donna di abortire in tre circostanze: quando è in pericolo la sua vita, quando il feto ha gravi problemi di salute e quando la gravidanza è il risultato di stupro. La decisione iniziale del tribunale di occuparsi del caso – e quindi di considerare la legalizzazione – ha scatenato un acceso dibattito sull’aborto in Colombia sulla questione se sia prerogativa del governo o degli singoli individui quando e se una donna può porre fine alla sua gravidanza. Più in generale, i gruppi internazionali hanno osservato il caso come un indicatore di come l’America Latina potrebbe affrontare la questione.
Essendo la regione fondata su una fortissima tradizione cattolica, le leggi in merito sono alcune delle più restrittive vigenti al mondo, anche se i movimenti che vogliono il rispetto dei diritti riproduttivi e una maggiore protezione delle donne si sono diffusi da un paese all’altro, legandosi assieme. Se il tribunale avesse dunque legalizzato l’aborto, avrebbe reso senza dubbio la Colombia il paese più grande e influente dell’America Latina a permettere tale pratica.
Il caso, prima della corte, era stato riportato da Natalia Bernal, professoressa di legge che vive in Francia, che ha sostenuto che l’aborto equivale a una forma di tortura e viola i diritti delle donne e dei bambini non ancora nati. Invece, il giudice Linares, secondo ciò che è stato riportato dalla stampa colombiana riguardo la sua proposta di sentenza, ha voluto utilizzare il caso come un’opportunità per spingere per legalizzare la procedura durante le prime 16 settimane di gravidanza, per tutte le donne. Alla fine, la maggioranza della corte ha dichiarato di non poter decidere sul caso dinanzi ad essa, definendo la richiesta una “sostanzialmente inadatta” e dicendo che “non ha presentato argomenti sufficienti” per meritare di riconsiderare le decisioni passate della corte.
Tre giudici, incluso il giudice Linares, hanno votato contro la decisione e hanno scritto opinioni dissenzienti a favore della legalizzazione dell’aborto. L’azione del tribunale lascia aperta la porta ai giudici per prendere in considerazione la legalizzazione – o un divieto completo – in futuro. E gli attivisti di entrambe le parti hanno chiarito che non si arrenderanno. “Continueremo a combattere”, ha detto Liliana Nuñez, 40 anni, una dottoressa che si oppone all’aborto e che lunedì ha protestato fuori dal tribunale. Wendy Calderon, 28 anni, assistente sociale, si era unito a un gruppo di sostenitori dei diritti di aborto proprio dall’altra parte della strada. “Non vogliamo che tutte decidano di abortire, ma il diritto di decidere se farlo o meno” ha detto. Prima dell’annuncio della corte, centinaia di sostenitori e oppositori al diritto all’aborto si sono affrontati fuori dall’imponente edificio di mattoni gialli della corte.
“Sì alla vita”, ha gridato un gruppo, “Sì all’aborto”, hanno risposto altri manifestanti
Coloro che si opponevano al diritto all’aborto erano vestiti di blu e portavano con loro dei palloncini a forma di bambini, mentre i sostenitori indossavano il verde e suonavano dei tamburi. Se il tribunale avesse deciso di legalizzare l’aborto, la decisione avrebbe potuto rimbalzare in tutta l’America Latina, cambiando il destino di un paese. La Colombia, con circa 50 milioni di persone, non è solo tra le nazioni più popolose e culturalmente influenti della regione, ma la sua Corte costituzionale è spesso considerata un leader quando si tratta di definire i diritti individuali. Ad esempio, fu una sentenza del 2016 della corte a legalizzare il matrimonio gay in Colombia.
Le sue sentenze spesso liberali, tuttavia, si sono scontrate con gli atteggiamenti più conservatori del paese. Il presidente, Iván Duque, ha affermato che, sebbene abbia approvato la decisione del 2006 di autorizzare l’aborto in alcuni casi, non ha intenzione di spingersi oltre. Con la non-decisione della corte colombiana, il centro della lotta contro l’aborto in America Latina ora è probabile che si trasferisca in Argentina, dove i legislatori stanno prendendo in considerazione la legalizzazione. L’anno scorso la lotta per consentire alle donne di interrompere la gravidanza su richiesta è stata persa, ma questa volta il disegno di legge ha il pieno sostegno del nuovo leader del paese, il presidente Alberto Fernández.
Sono pochi i luoghi che in America Latina hanno legalizzato gli aborti: Uruguay, Guyana, Cuba, Città del Messico e lo stato messicano di Oaxaca, mentre diversi paesi centroamericani lo vietano
I sostenitori del diritto all’aborto hanno a lungo affermato che l’attuale situazione legale in Colombia rende estremamente difficile per le donne avere la possibilità di abortire. I medici infatti spesso si rifiutano di eseguire la procedura affermando che la donna richiedente non soddisfa nessuno dei requisiti. Gli aborti non autorizzati sono ancora comuni in Colombia e, secondo il ministero della salute del paese, causano circa 70 morti all’anno.
________________________________________________________________________
Questo articolo è stato scritto da Julie Turkewitz, corrispondente bureau chief del NYT che copre Colombia, Venezuela, Bolivia, Ecuador, Perù, Suriname e Guyana, e pubblicato il 4 marzo 2020 su The New York Times con il titolo “Colombia Court Keeps Restrictive Abortion Law in Place“.