Femminismi contro sovranismi

L'8 marzo ha detto addio alle mimose: ora si sciopera in tutto il mondo e si combatte per i diritti di tutti

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



Anche quest’anno per l’8 marzo si sciopera. Quella che era la festa delle mimose è ormai diventata la data scelta per lo sciopero internazionale indetto dalle donne che invitano tutti ad astenersi dal lavoro fuori e dentro casa. E mentre alle Nazioni Unite si svolge la Commission on the Status of Women (CSW63), che quest’anno verte su protezione sociale, politiche per l’uguaglianza di genere ed emancipazione, in Sud America il movimento

in Sud America il movimento Ni Una Menos darà il via a uno sciopero globale contro i femminicidi

le donne che vorranno seguirle non solo contro la violenza di genere e per la tutela della salute riproduttiva, ma per i diritti di tutti contro ogni razzismo e fascismo, e per fermare l’ascesa delle destre nel mondo. Un giorno in cui in Italia si fermeranno autobus, voli e collegamenti marittimi, con manifestazioni, eventi, assemblee di donne che, insieme agli uomini, protesteranno contro l’inefficienza della lotta alla violenza di genere da parte dello Stato, i tentativi di sabotare la legge sull’igv, l’assalto al diritto al divorzio e la preoccupante esposizione alla violenza domestica per bambini e donne contenuta nel disegno di legge 735 proposto dal senatore leghista Simone Pillon.

In Europa i movimenti femministi hanno ricevuto una nuova spinta vitale sia dall’America Latina con NiUnaMenos, sia dagli Stati Uniti con la Women’s March e il movimento #metoo. Donne che hanno acquisito nuova forza di coinvolgimento, sia sui diritti di genere che sui diritti civili, probabilmente anche a causa dell’attacco dei sovranisti che in tutto il mondo sono il frutto della stretta sinergia di gruppi ultracattolici reazionari di destra. Come dice la giornalista Ida Dominijanni: «Il nuovo filo rosso fra i femminismi non è più solo la lotta contro la violenza di genere, sulla sessualità, sulla procreazione, ma anche quella su tematiche più strettamente politiche», e

«il fiume carsico delle lotte femministe riemerge in tutto il mondo» in maniera interseziale in difesa dei diritti di tutti, ponendosi contro i fascismi emergenti

Un autentico movimento di contrasto a populismi che veicolano messaggi di esclusione come le politiche razziste e misogine del presidente americano Trump, quelle fasciste di Bolsonaro in Brasile, fino ad arrivare ai governi autoritari di Ungheria e Polonia, a cui l’Italia si sta allineando, in un processo di limitazione delle libertà sull’esempio della Russa di Putin e della Cina.

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Manifestazioni in Argentina

Un’avanzata che mina le istituzioni democratiche, in cui le donne sono uno dei primi bersagli da colpire in nome della «famiglia tradizionale» (uomo/donna) che porta con sé l’attacco all’aborto ma anche il ripristino del matrimonio per sempre in un sistema dove la donna sta a casa a fare figli, mentre l’uomo torna a essere il pater familias, che si può permettere di malmenare la moglie nel caso sfugga al suo controllo. A Verona, a fine marzo, si svolge il World Congress of Families che riunisce le destre reazionarie e ultracattoliche del Pianeta e che avrà il patrocinio di Provincia, Regione, e del Ministero della famiglia. Un raduno a cui le femministe risponderanno con una tre giorni di proteste, dibattiti e spettacoli per la difesa dei diritti civili e della libertà delle donne.

In Polonia, dove le attiviste vengono picchiate in pubblico e perseguitate sul lavoro, e dove il governo di destra del PiS (Prawo i Sprawiedliwość) cerca continuamente di cancellare una legge sull’aborto già restrittiva (pericolo di vita, stupro o grave malformazione) e taglia i fondi alle associazioni di donne che lavorano sulla violenza di genere, il movimento femminista è più forte che mai. Donne che si proclamano antifasciste e antirazziste, e che di fronte alla propaganda nazionalista combattono per la democrazia e i diritti di tutti. Forte come quello italiano e polacco, è il movimento delle femministe spagnole che hanno mostrato i muscoli quando, nel 2013, il governo di Rajoy cercò di restringere l’interruzione volontaria di gravidanza su cui il ministro della Giustizia si giocò la poltrona.

le donne spagnole combattono su un nuovo fronte: l’ascesa della destra estrema di Vox

il partito che ha vinto le elezioni in Andalusia lo scorso dicembre e che non solo vuole togliere l’igv ma disconosce la violenza maschile sulle donne e vuole togliere i finanziamenti alle associazioni femministe. Quello che propone il nuovo governo andaluso – composto da Vox, Partito popolare e Ciudadanos – sono i sostegni alla famiglia tradizionale e un piano che distolga le donne dall’abortire, anche se la prima richiesta di Vox è stata quella di abrogare la legge regionale sulla violenza contro le donne, in quanto non garantirebbe protezione a tutti i soggetti che possono subire maltrattamenti in famiglia, mettendo così sullo stesso piano la violenza e la discriminazione millenaria sulle donne (1 miliardo nel mondo) e gli episodi di maltrattamento sugli uomini.

Santiago Abascal a capo di Vox

Una proposta caduta nel nulla, dato che il giorno d’insediamento della giunta per l’elezione del presidente Moreno, migliaia di donne si sono radunate davanti al parlamento locale con slogan come «i nostri diritti non si negoziano! nessun passo indietro! fuori i fascisti!». Femminismi che si definiscono sempre di più come un baluardo a difesa dei diritti che partendo da sé, in quanto primi bersagli delle destre incombenti, si aprono a una prospettiva più ampia includendo gli uomini, con una capacità di aggregazione e di mobilitazione che non si vedeva da tempo.

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