Donne che cambieranno gli Usa

La maggior parte di loro sono state votate alla camera dei rappresentanti e sono quasi tutte democratiche

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



«Hai sentito? È il rumore del soffitto di cristallo che s’infrange». Con questo incipit i giornali americani hanno accolto le 117 donne che nelle elezioni di mid-term ce l’hanno fatta, alzando di due punti la percentuale femminile al Congresso degli Stati Uniti (22%). Una risposta alle politiche di Donald Trump che arrivò alla Casa Bianca due anni fa quando, il giorno del suo giuramento

sfilarono 500mila persone sotto la bandiera della Women’s march contro il machismo del neo presidente e in nome dei diritti

Un’onda rosa arrivata anche in politica dopo che il movimento #metoo ha cambiato per sempre le relazioni tra i sessi, portando alla luce l’enorme quantità di molestie e violenza su donne che ogni giorno rimanevano in silenzio per paura di perdere il lavoro, dando così nuova credibilità alla parola di un mondo fin troppo discriminato e screditato: quello femminile.

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Ilhan Omar

Sul «New York Times», Kate Zernike scrive che «se il 2018 passerà alla storia come l’anno delle donne non sarà solo per il record di candidate, ma anche e soprattutto per l’ondata di attivismo che è esplosa tra le donne», che nelle elezioni di metà mandato si sono presentate in 272 (185 democratiche e 52 repubblicane) su un totale di 964 candidati.

Oggi la maggior parte delle elette al midterm sono alla Camera, dove i dem hanno strappato la maggioranza ai repubblicani di Trump, e anche se per Donna Shalala, ex segretaria alla Salute, «il fatto che le donne abbiano deciso di mettersi in prima linea è importante sia che siano repubblicane o democratiche», è ormai chiaro da che parte stiano le donne: la stragrande maggioranza di loro (6 su 10) ha infatti votato dem e ha partecipato attivamente alla campagna elettorale di quel partito, anche finanziandola. Una scelta di cui Trump ha tracciato il sentiero, grazie alla sua politica machista, catalizzando forze femminili e femministe già durante la sua campagna elettorale, e spingendo in prima linea le stesse donne che un tempo sarebbero rimaste nelle retrovie.

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Alexandria Ocasio-Cortez

Nelle sfide in cui erano in corsa un uomo e una donna, in campo democratico hanno prevalso le donne al 69%, mentre in campo repubblicano nel 34% dei casi (Cook Political Report), con una presenza imponente di candidate che già dalle primarie sono riuscite a battere avversari maschi, bianchi e di lunga data. Come la giovanissima dem Alexandria Ocasio-Cortez che a 29 anni è la più giovane congressista nella storia degli Stati Uniti, e che ha sconfitto il repubblicano Anthony Pappas di 72 anni, senza mai perdere un colpo durante la campagna elettorale. Cresciuta nel quartiere di Parkchester, nel Bronx, dove vive in un bilocale con il fidanzato, Ocasio-Cortez si dichiara socialista e ha conquistato il suo elettorato con parole d’ordine come i diritti delle donne, la difesa delle minoranze, la tutela dell’ambiente, la sanità per tutti, e i giovani. Nata da una madre cristiano-evangelica di Porto Rico che faceva le pulizie, e da un padre architetto morto di cancro a 48 anni, dopo aver studiato alla prestigiosa Yorktown High School, nel Westchester, ha lavorato come cameriera in un ristorante di Union Square e

due anni fa si è arruolata come volontaria nella campagna elettorale di Bernie Sanders di cui si dichiara seguace

NYDonne che portano al Congresso una ventata di novità per la loro svariata provenienza sociale ed etnica, come le democratiche Debra Haaland e Sharice Davids che sono le prime native americane che approderanno alla Camera, con Davids, un’avvocata di Kansas City con la passione per le arti marziali cresciuta nella tribù Ho-Chunk Nation del Wisconsin, che sarà la prima deputata pubblicamente lesbica. Le dem Rashida Tlaib, Ilhan Omar e Anna Eskamani sono invece le prime musulmane a mettere piede a Capitol Hill: Tlaib, nata a Detroit, è figlia d’immigrati palestinesi, Omar è una somalo-americana fuggita dalla guerra civile e sarà la prima rifugiata africana al Congresso, ed Eskamani è la prima iraniana a essere eletta alla Camera.

Tra le senatrici sono arrivate al podio la repubblicana Marsha Blackburn in Tennessee e la democratica Tammy Baldwin, che in Wisconsin ha sconfitto Leah Vukmir. Insieme a loro ci sono 9 governatrici, tra cui la repubblicana Kristi Noem in Sud Dakota, e la dem Lou Leon Guerrero, prima eletta nel territorio di Guam. Ma cosa accomuna queste donne? L’aver imparato a muoversi in politica, presentandosi alle elezioni non solo con istanze femministe, che comunque la maggior parte proclama, ma anche con proposte su ambiente, sanità, istruzione, armamenti, minoranze, e sui diritti in generale.

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Ayanna Presley

Ayanna Presley, democratica eletta a Boston, è la prima afroamericana del Massachusetts a entrare nel Congresso: «Sono immensamente onorata di condividere questo momento con le tante donne visionarie e coraggiose che hanno alzato la mano per candidarsi alle cariche pubbliche», ha detto dopo essere stata eletta, «e so per certo – ha aggiunto – che nessuna di noi si è candidata per fare la storia, ma per realizzare un cambiamento». Una Pink Wave da cui potrebbero uscire candidate per la sfida presidenziale del 2020 contro l’odiato Trump: «Donne – dice la senatrice Elizabeth Warren – che non avevano mai corso, e che hanno deciso di candidarsi rifiutandosi di lasciare che qualcuno le zittisse mettendosi di traverso».

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