I titoli a volte dicono tutto, e “Torture Archipelago: arbitrary arrests, torture and enforced disappearances in Syria’s underground prisons since March 2011” , è il nome che Human Rights Wach (HRW) ha dato al rapporto di 81 pagine che giorni fa ha presentato al mondo, svelando le torture che il regime siriano di Bashar al-Assad pratica sui suoi cittadini. Una mappa del terrore composta da 27 centri di detenzione sparsi nel Paese e gestiti dalle agenzie di intelligence siriane, in una guerra civile che ha ucciso, dal marzo 2011, più di 16.500 persone.
Il rapporto, messo insieme grazie all’inchiesta di HRW, denuncia che decine di migliaia di persone in Siria vengono ormai quotidianamente «picchiate, abusate sessualmente e torturate» con bastoni, cavi e manganelli, seviziati con impiego di scosse elettriche e chiodi elettrificati piantati nel corpo, bruciati con acido o acqua bollente,
aggrediti e violentati, costretti a posizioni dolorose e sottoposti ad asportazione di unghie ed esecuzioni simulate
Un reportage agghiacciante in cui vengono elencati oltre 20 metodi di tortura su detenuti che rimangono in attesa del loro turno in celle che potrebbero al massimo contenere 4 o 5 persone, e in cui invece vengono accatastati circa 70 persone a volta. I siriani vittime di queste torture sono di età compresa tra i 18 e i 35 anni, ma le testimonianze parlano anche di molti bambini, di donne e di persone anziane, perché chiunque sia sospettato di opporsi al regime di Bashar al-Assad rischia di finire in questo incubo. Le 200 interviste di cui si compone il documento, sono state realizzate grazie alle testimonianze di ex detenuti, anche alcuni minorenni, in un lavoro iniziato subito dopo la repressione.
In queste interviste un detenuto ha detto di essere stato torturato con una pinzatrice
Arrestato nel governatorato di Idlib a giugno, l’uomo ha raccontato: «Mi hanno costretto a spogliarmi. Poi hanno cominciato a stringere le mie dita con una pinzatrice. Mi hanno messo punti sulle dita, il petto e le orecchie. I punti nelle orecchie erano i più dolorosi. Poi hanno usato due cavi agganciati a una batteria da auto per darmi scosse elettriche. Hanno usato pistole elettriche stordenti sui miei genitali per due volte. Pensavo che non avrei mai più rivisto la mia famiglia». Ole Solvang, responsabile della ricerca, dice che «quello che risulta chiaro da questo rapporto è che la tortura è largamente e sistematicamente usata. Le informazioni che abbiamo raccolto e documentato descrivono
uno stato di polizia in cui la tortura è ampiamente tollerata»
I prigionieri sono tenuti «in posizioni di stress dolorose per lunghi periodi, e spesso con l’utilizzo di apparecchiature appositamente progettate per questo scopo», dice ancora Solvang. «Le agenzie siriane di intelligence gestiscono un arcipelago di centri di tortura sparsi in tutto il Paese», prosegue Solvang «ma le agenzie che avrebbero commesso le peggiori torture sarebbero raggruppate sotto il nome di Mukhabarat ».
A capo di questa vasta rete di centri di detenzione ci sarebbero infatti 4 nuclei: il Dipartimento di intelligence militare, il Direttorato di sicurezza politica, l’Intelligence generale e l’Intelligence dell’aviazione militare. Ognuna di queste agenzie è poi in diretto contatto con le filiali centrali a Damasco e con quelle regionali in tutto il Paese, e in quasi tutti i settori ci sono strutture di detenzione di varie dimensioni, anche se, oltre alle basi militari, verrebbero usati anche stadi, scuole e ospedali.
In conclusione, «la tortura continua ancora oggi in Siria, ed è il prodotto di una politica nazionale», ha detto Nadim Houry, a capo di Human Rights Watch con sede a Beirut, un uso sistematico delle violenze che indica «una politica di Stato della tortura e del maltrattamento, che quindi costituisce un crimine contro l’umanità». Per questo Human Rights Watch ha lanciato, insieme al reportage, un appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché denunci la situazione siriana alla Corte penale internazionale con sanzioni contro i funzionari sospettati, i capi delle agenzie di intelligence, i membri di governo e il capo dello Stato.