Ormai è chiaro: l’Arabia Saudita non permetterà neanche quest’anno che ci siano donne provenienti dal suo paese pronte a competere nelle gare delle Olimpiadi del 2012. La delegazione di atleti sarà quindi completamente maschile, e senza che il regno sia soggetto ad alcuna penalità. Human Rights Watch ha invitato il Comitato Olimpico Internazionale (IOC) a porre fine alla discriminazione contro le donne saudite nello sport come condizione per la partecipazione dell’Arabia Saudita ai giochi olimpici o a altri eventi sportivi.
“Nessuna donna saudita ha il permesso di gareggiare”
ha detto Christoph Wilcke, ricercatore senior del Medio Oriente di Human Rights Watch, e “il fatto che le donne e le ragazze non possano allenarsi per competere – ha sottolineato – vìola chiaramente l’impegno della Carta olimpica di uguaglianza e dà al movimento olimpico un grave colpo”.
La decisione, di per sé grave e lesiva nei confronti delle donne, nasconde però una violazione ancora più profonda che riguarda diritto delle ragazze e delle bambine a praticare sport nelle fasi di crescita.
In un recente rapporto, “Steps of the Devil”, Human Rights Wacht descrive una situazione allarmante in quanto non solo il ministero dello sport e della gioventù saudita non incoraggerebbe lo sport femminile, ma che lo stesso ministero della pubblica istruzione ostacolerebbe di fatto alle ragazze la possibilità di fare educazione fisica nelle scuole statali del regno. Nelle interviste fatte da HRW ai funzionari sportivi internazionali, si è rilevato l’assenza di infrastrutture del governo per lo sport femminile che non prevede né edifici destinati, né club sportivi, corsi, insegnanti specializzati, a meno che non si tratti di uomini.
Le donne, alle quali è vietato accedere a club sportivi ufficiali, possono frequentare palestre per il fitness che nella maggioranza non hanno però impianti sportivi attrezzati e che raramente dispongono di piscine e campi per jogging o giochi di squadra
Gli organismi sportivi ufficiali non hanno la possibilità di far fare sport agonistico alle saudite che non possono gareggiare in competizioni regionali o internazionali. Ma l’Arabia Saudita non è solo, perché ci sono altri due paesi al mondo che non hanno mai inviato un’atleta femminile alle Olimpiadi: Qatar e Brunei.
Il Qatar però ha sostenuto lo sport per le donne nel corso dell’ultimo decennio e ha detto di voler inviare le atlete ai Giochi Olimpici di Londra. Il CIO ha criticato l’Arabia Saudita per il mancato invio delle atlete alle Olimpiadi, ma non ne ha condizionato la partecipazione malgrado sulla Carta del CIO si affermi che lo sport è un diritto per tutti senza alcuna discriminazione compresa quella di genere. Eppure nel 1999, il CIO ha escluso l’Afghanistan alle Olimpiadi di Sydney 2000, anche per la discriminazione dei talebani contro le donne. Human Rights Watch ha esortato l’Arabia Saudita ad agire entro un anno per introdurre l’educazione fisica per le ragazze in tutte le scuole e destinare fondi per lo sport femminile.