I primi miliziani curdo-iracheni, i peshmerga, sono entrati a Kobane, la cittadina siriana al confine con la Turchia assediata dall’Isis. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), precisando che si tratta di un primo contingente, poiché il punto di accesso è sotto il bombardamento dell’Isis. Mentre Human Rights Watch, in un rapporto pubblicato oggi, racconta il massacro con interviste a 15 sopravvissuti che hanno raccontato:
“Ci hanno preso in 1.500, poi ci hanno caricato sui camion e portato in mezzo al deserto, a circa 2 km dalla prigione”
I miliziani dell’Isis hanno poi separato gli sciiti dai sunniti e dai cristiani, che sono stati fatti risalire sui camion e portati via. I rimanenti prigionieri sono stati portati nei pressi di un burrone e lì è iniziata la mattanza: gli uomini sono stati costretti a mettersi in fila, e i jihadisti li hanno costretti ad alzare la mano e gridare il proprio numero di fila. Alcuni sopravvissuti affermano di aver sentito il numero “680”. “Hanno iniziato a spararci da dietro, anche con le mitragliatrici pesanti”, racconta un testimone.
Per sostenere Kobane mobilitazione internazionale per la giornata di sabato, primo novembre in tutto il mondo. Capoluogo di uno dei tre cantoni in cui è diviso il territorio curdo siriano di Rojava nel nord della Siria – controllata dalla milizie curde dal 2012 e conta circa 2 milioni di abitanti -Kobane è da mesi sotto attacco dello Stato Islamico e allo stremo delle sue forze.
In un confine stretto da l’Isis e una Turchia che si rifiuta di aiutare i curdi e impedisce al PKK di attraversare il confine, la resistenza è al sopra di ogni possibile sforzo umano
Tutta l’area è in grave pericolo, e di questo è complice l’immobilismo della comunità internazionale, e per sostenere questa battaglia e scuotere l’immobilismo internazionale, sono state indette diverse manifestazioni per sabato dalle 14 in diverse città del mondo, organizzate dal coordinamento di associazioni della diaspora curda internazionale, con la partecipazione di importanti settori della società civile.
I promotori accusano la coalizione internazionale, e soprattutto la Turchia, di assistere passivamente all’attacco senza fare nulla di fronte al massacro della popolazione civile, e la scesa in piazza è proprio per esercitare pressione sui governi occidentali. L’appello per Kobane è stato sottoscritto da premi Nobel, storici, professori, scrittori, politici e parlamentari tra cui Noam Chomsky, Desmond Tutu, Ken Loach, Moni Ovadia e Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la pace argentino, per sostenere questo primo novembre con manifestazioni a Parigi, Marsiglia, Rennes, Strasburgo, Basilea, Colonia, Amburgo, Berlino, Brema, Francoforte, Norimberga, Friburgo, Stuttgart, Oslo, Stoccolma, Göteborg, Copenhagen, Vienna, Atene, Nizza, Londra, L’Aia, Bruxelle e Helsinki, ma anche in America Latina, negli Stati Uniti, in Giappone, in India, in Pakistan. Mentre in Italia si terranno mobilitazioni a Roma, Firenze, Torino, Udine, Reggio Calabria e Bologna.