“Dio Patria Famiglia”, l’inchiesta di Giulia Bosetti trasmessa lunedì 28 gennaio su Raitre a Presa Diretta con Riccardo Iacona, ha riaperto il dibattito, già molto acceso nei mesi scorsi, sul disegno di legge 735 proposto dal senatore leghista Simone Pillon sulla riforma della famiglia. Dopo la presentazione in commissione giustizia, associazioni, giudici, avvocati, mediatori e centri antiviolenza si sono espressi duramente sulla proposta a firma lega/5stelle, chiedendone il ritiro, e il 24 novembre sono scese in piazza 200 mila persone contro la violenza sulle donne e contro quello che ormai è diventato il ddl Pillon. Eppure, malgrado i lavori parlamentari sul ddl siano fermi per le audizioni in corso, nei tribunali si continua a sottrarre bambini a madri accusate della fantomatica teoria dell’alienazione parentale contenuta nella proposta di legge: una storia, quella del ddl 735, che non inizia con Pillon ma che ha avuto un decorso che negli anni si è consumato, e si consuma tutt’ora, sulla pelle di molte mamme che cercano di sottrarsi con i loro figli alla violenza domestica.
Promossa da gruppi e associazioni di padri separati, a cui si sono unite anche le nuove partner, le nonne, le sorelle, questo disegno non è la prima proposta che arriva sul tavolo di una commissione in parlamento ed è in verità l’espressione di qualcosa di più complesso dei tempi paritari e del mantenimento diretto,
in una visione che nega il femminicidio e cerca di mettere a tacere anche gli abusi sui bambini
Ideologie che hanno trovato il loro punto di riferimento nella Lega Nord e in quei gruppi politici di destra ultracattolici e oltranzisti che fanno crociate contro la salute riproduttiva delle donne, contro la loro emancipazione, che disprezzano l’autodeterminazione femminile e che vorrebbero restaurare il matrimonio per sempre riportando la donna a casa a fare figli in una situazione di totale sottomissione al pater familias.
Un partito trasversale che, grazie a Salvini, si riaffaccia con arroganza marchiando gli orientamenti sessuali come deviati e devianti, identificando nella razza una discriminante di appartenenza imprescindibile, e perseguitando tutto ciò che mette in discussione il loro “ordine“. Una politica di odio che, cavalcando gli effetti della crisi, lavora sul malcontento dovuto alla disuguaglianza economica e sociale, e sulla paura dell’invasione culturale e terroristica, riempendo il vuoto lasciato dalle sinistre, con xenofobia, razzismo, misoginia e ogni tipo di discriminazione contro i gruppi sociali più vulnerabili. Nel tentativo di cancellare i valori di tolleranza, rispetto e democrazia, questa grande area trasversale anche ai partiti,
sta incrinando il cuore dei diritti umani creando mostri e identificando il nemico nel diverso senza risolvere nessuno dei problemi messi sul piatto
L’ondata travolgente di autoritarismo, populismo e intolleranza in Europa e nel mondo, veicola continuamente messaggi di odio ed esclusione: dalle politiche razziste, divisive e misogine del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a quelle marcatamente fasciste di Bolsonaro in Brasile, fino ad arrivare ai governi populisti e autoritari come quelli di Ungheria e Polonia, che continuano il loro processo di limitazione delle libertà dei cittadini e delle cittadine sull’esempio di Putin o della Cina. In questa avanzata di una politica che demonizza le minoranze e mina le istituzioni democratiche, le donne rappresentano indubbiamente uno dei primi bersagli.