Igor Sollai ha confessato: è stato lui a sfracellare con un martello la testa della moglie Francesca Deidda, 42 anni, il cui corpo è stato trovato in un borsone il 18 luglio di quest’anno in uno stato avanzato di decomposizione ai margini di una strada statale.
Uccisa a martellate in testa sul suo divano mentre dormiva
Lei, scomparsa il 10 maggio nel cagliaritano, era svanita nel nulla ma lui si era preoccupato di mandare una lettera di dimissioni al suo posto di lavoro dicendo che si era presa una pausa e rispondendo a tutti i messaggi degli amici preoccupati fino a quando una collega insospettita gli aveva teso un trabocchetto. Lui che, in un copione simile a quello di Turetta e Impagnatiello, aveva fatto continuare la vita della moglie anche dopo averla uccisa, imbastendo un allontanamento volontario nel tentativo di farla franca.
Un uomo, un marito, italiano, bianco, l’ennesimo insospettabile che uccide la moglie probabilmente con premeditazione e a sangue freddo. Una donna, bianca, italiana, che in quel momento dormiva sul suo divano nel luogo più sicuro: la propria casa. Un colpo secco alla testa per lei, che non si è potuta neanche difendere, da parte dell’uomo che aveva sposato e reo confesso proprio nei giorni del putiferio fatto scoppiare dal nostro ministro dell’istruzione Valditara seguito a ruota dalla premier Meloni.
Valditara non si è sbagliato, diceva sul serio
In breve è ormai noto che Giuseppe Valditara, nel videomessaggio inviato alla Camera per la presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, abbia fatto una figura tapina dicendo che la visione ideologica “che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato” è anacronistica in quanto il patriarcato è finito sotto l’ascia del diritto di famiglia nel 1975; che in fondo rimangono solo “residui di maschilismo che vanno combattuti e che sono quelli che portano a considerare la donna come un oggetto”; che il “femminicidio che allarma sempre di più, se una volta era frutto di una concezione proprietaria della donna, oggi sembra più il frutto di una grave immaturità narcisista del maschio che non sa sopportare i no” e infine che il problema più preoccupante è “l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”.
Un coacervo di stupefacenti quanto pericolose affermazioni pubbliche non supportate da nessun dato ufficiale ma soprattutto inaccettabili dopo anni di campagne anche istituzionali contro la violenza sulle donne, tutte tese a rintracciare la matrice culturale di un sistema strutturalmente patriarcale che mette le donne, con le dovute differenze tra paese e paese, in una condizione di generale subalternità. Premesse già messe nero su bianco sia dalla Convenzione di Istanbul, sia dalle 13 relazioni della Commissione d’inchiesta sul femminicidio al senato della scorsa legislatura, guidata dalla già presidente Valeria Valente, che al contrario hanno messo in luce come il focus della violenza sulle donne sia proprio la violenza domestica, quella intrafamiliare agita da mariti, partner, ex, compagni e fidanzati per la maggior parte connazionali.
I dati: la violenza domestica è la forma più endemica
Inutile stare qui a sottolineare che i dati, già spiattellati ovunque, ci dicono tutt’altro, ovvero che il 93,9% delle donne assassinate in Italia è uccisa da italiani e non da stranieri (Istat), che il 78% di questi italiani sono legati alla vittima da un rapporto affettivo (Istat), che il 74% degli autori di violenza contro le donne è italiano mentre solo il 26% risulta straniero (nel 2022 era del 28%) (D.i.Re, Rete nazionale dei centri antiviolenza), e che non c’è stato nessun aumento delle violenze sessuali in questi anni (Direzione centrale della polizia criminale) e che anzi la percentuale di stupri imputabili a stranieri è del 15% (Istat): reati che tra l’altro vengono molto più denunciati rispetto agli altri.
Ma soprattutto il ministro sembra ignorare che a livello globale nel 2023 una donna è stata uccisa intenzionalmente dal partner o da un familiare ogni 10 minuti (Onu), e che se nel mondo è vero che la violenza sulle donne è aumentata del 50% rispetto al 2022, questo è dovuto ai conflitti armati (Onu), anche se lo zoccolo duro rimane la violenza domestica per cui se è vero che una donna su tre è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale almeno una volta nella vita (UNIFEM), è anche vero che la violenza domestica è la causa principale di morte o di lesioni gravi per donne tra 16 e 44 anni, più del cancro, malaria o incidenti stradali (OMS).
Una violenza che invece ha un focus importante nell’incapacità di essere riconosciuta come tale nei tribunali e nelle istituzioni così come nella società (il ministro ne è prova), per cui si parla di vittimizzazione secondaria e violenza occultata che è la vera piaga, per cui molte donne non denunciano perché hanno paura di non essere credute o perché non si rendono conto del fattore di rischio che corrono dato che nessuno, né a livello di educazione né a livello sociale o pubblico, rende visibile il fattore di rischio spesso nascosto in comportamenti culturalmente accettati e ammessi in quanto strutturalmente intrinsechi nell’abitudine sociale e nei rapporti uomo-donna grazie proprio a quel substrato patriarcale che per il ministro è morto e che invece, buttato fuori dalla porta, rientra sempre dalla finestra. Violenza che non è un retaggio dell’altrove ma qui e ora.
Il quadrato intorno a Valditara
Oltre l’ondata di indignazione che Valditara ha suscitato parlando davanti al padre di Giulia Cecchettin uccisa con 75 coltellate dal fidanzatino Filippo Turetta di 23 anni bianco e di buona famiglia, la cosa interessante è il quadrato che si è formato in sua difesa perché no, il ministro non si è sbagliato. Giorgia Meloni si è scomodata a difenderlo da Rio de Janeiro, dove stava per il G20, dicendo che “L’immigrazione illegale incide sulla violenza sulle donne e che l’Empowerment femminile e violenza sulle donne sono cose diverse”: “Ci sono dati – ha detto Meloni – che parlano di un’incidenza significativa dell’immigrazione illegale di massa”.
A lei ha fatto eco l’immancabile vicepremier Matteo Salvini con cui arriviamo alla fantascienza e per il quale: “I numeri dell’Istat mettono in correlazione il fenomeno migratorio con l’aumento dei reati sessuali” (dove li ha visti?), mentre per la ministra Eugenia Roccella, che invece si è fatta paladina di destra dei diritti delle donne, “Criticare Valditara perché liberamente ha espresso una sua opinione sul patriarcato e poi non riconoscere come altre culture hanno un’idea della donna molto più oppressiva e più repressiva, mi sembra veramente una grande contraddizione”.
Tanto che il giorno dopo Valditara ribadisce che non si sbaglia affatto e che “Prima di registrare l’intervento mi sono interrogato se fosse opportuno affrontare il tema nel suo complesso in quella circostanza e ho deciso che era il caso di farlo, perché quando c’è una giovane donna a cui la vita viene rubata per un no, non ritengo sia utile fare discorsi di circostanza, serve il coraggio della schiettezza”.
Quindi un atto di coraggio il suo, di cui dovremmo ringraziarlo. Non solo perché rincara poi la dose dicendo non solo che non si scuserà ma fa levitare i dati dicendo che “Se questo aumento di violenze sessuali, a cui partecipano in modo rilevante perché è evidente che se siamo quasi al 50% con una percentuale di immigrazione complessiva dell’8% circa, ma se andiamo a guardare i dati, sono in gran parte fenomeni legati all’immigrazione clandestina, irregolare, illegale e quindi i dati sono ancora più significativi”.
Ma ci siamo chiesti perché alle porte del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne, il governo ha deciso di fare una figuraccia scatenando polemiche su un tema su cui dovremmo essere tutti d’accordo grazie ai dati e alla immensa letteratura prodotta anche a livello istituzionale e internazionale in questi ultimi 20 anni (per non parlare di quella prima)? Un governo che tira fuori volutamente questo coniglio dal cilindro e fa quadrato ci vuole dire qualcosa, o perlomeno ci avverte che qualcosa bolle in pentola, non è fatto a caso. E ci siamo chiesti veramente cosa questa gente sarebbe in grado di fare, oltre a dichiarare sfacciatamente il falso? Abbiamo idea del pericolo che stiamo correndo nel concreto?
30 ottobre 2007: Giovanna Reggiani e la strategia della paura
Quelle parole di Valditara sono un déjà vu perché ci riportano al 30 ottobre del 2007 quando Giovanna Reggiani fu sequestrata, stuprata e uccisa: un femminicidio che allora non veniva ancora chiamato così perché non si usava, anche se le donne morivano già da tanto tempo. Quel giorno alle 19.30 il trenino si era fermato come sempre alla stazione di Tor di Quinto e Reggiani, che era scesa per tornare a casa dal marito, viene rapita, picchiata, trascinata all’interno di una baracca e sottoposta a violenze atroci per poi essere buttata seminuda in un fossato in fin di vita. Giovanna muore e l’autore viene rintracciato poco dopo: è Nicolae Romulus Mailat, un cittadino rumeno di 24 anni.
Il caso diventa virale e la narrazione prende un corso incontrollabile focalizzandosi completamente sulla nazionalità dell’offender: sono gli immigrati la vera causa della violenza sulle donne. Diventa uno tsunami che travolge tutto, compreso il rapporto dell’Istat sulla violenza maschile delle donne pubblicato proprio nel 2007, che spiega molto chiaramente, già allora, che la forma più estesa di questa violenza è la violenza domestica agita da mariti, ex, fidanzati, italiani e con le chiavi di casa.
Ma nessuno prende in considerazione quei dati, nessuno li legge, perché l’onda cavalcata sul corpo morto di Giovanna Reggiani è troppo forte e lo cavalca sia la destra che la sinistra. La colpa è degli immigrati che ci rubano il lavoro e ci stuprano le donne uccidendole, e questo va talmente in fondo alle coscienze che la percezione dell’immigrato si stravolge fino a sentire la presenza “straniera” in maniera abnorme rispetto alla reale presenza: un numero di immigrati, quelli in Italia, che facevano ridere al confronto con paesi come Francia, Gran Bretagna, Germania. Una cassa di risonanza che diventa abnorme e che nel mondo della politica produce un Consiglio dei ministri straordinario del governo Prodi, allora presidente del consiglio, che redige un decreto legge per consentire ai prefetti di espellere i cittadini comunitari per motivi di pubblica sicurezza: “Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale”.
Dopo due mesi la norma decade ma il lavoro continua e la strategia della paura dell’immigrato dà i suoi frutti quando il governo Berlusconi approva il pacchetto sicurezza nel 2008 senza ostacoli, e a nessuno sembra importante far notare che in realtà la violenza contro le donne è nella maggior agita da italiani e nelle loro case. Anzi l’estrema destra ne fa il suo vessillo e Gianni Alemanno diventa sindaco di Roma nell’aprile del 2008, così come Berlusconi e la sua coalizione inaugura la svolta a destra dell’Italia e Roberto Maroni della Lega viene nominato ministro degli interni. Una morte e uno stupro di una donna che tornava a casa dopo una giornata di lavoro, che fu non solo emblematico per gli effetti che produsse a dispetto della verità, ma che fu una lezione su come si può distorcere la realtà per i propri scopi senza guardare in faccia a nessuno e sulla pelle delle donne, e quanto questo paga.
Qual è la strategia della destra mondiale
Quello che non ci deve sfuggire è che la strategia di normalizzazione della violenza sulle donne passa proprio dalla negazione di una matrice di genere che è strutturalmente connessa alla negazione di un disequlibrio di forze tra uomini e donne che ha le sue radici in una organizzazione patriarcale della convivenza in cui una parte della popolazione vale meno dell’altra in base a una discriminante solo e unicamente biologica che essendo del tutto arbitraria viene attrezzata culturalmente come “naturale”.
Per cui anche laddove l’emancipazione è andata molto avanti, le donne subiscono violenza dagli uomini e vengono uccise dai partner ugualmente, in quanto i diritti “regalati” o “strappati” al patriarcato non bastano, non minano la struttura patriarcale nelle sue fondamenta. E soprattutto non deve sfuggire che a questa destra, a tutta questa destra, quello che più preme, oltre la patria e Dio, è la famiglia eterosessuale: la struttura patriarcale per eccellenza dove la donna ha il dovere di prolificare in silenzio e dove il padre assume il ruolo proprietario garante di quel nucleo di fronte alla società e alle sue regole.
Sembra medioevo ma non è così. Ci siamo troppo in fretta dimenticati di cosa diceva questa gente al Congresso Mondiale delle famiglie di Verona nel 2019 e ci siamo dimenticati che la Lega ha partorito un mostro come il ddl Pillon in cui si limitava il divorzio, si introduceva l’alienazione parentale e si permetteva ai padri abusanti di pernottare da solo con i figli abusati in nome della salvaguardia della famiglia anche al di là della violenza che ci poteva essere stata.
Abbiamo dimenticato l’alleanza ancora in piedi e in piena espansione di questa destra con gruppi oltranzisti ultracattolici che lavorano alacremente da anni contro i diritti delle donne e i diritti civili, e che in Polonia, con Ordo Iuris, hanno cancellato l’aborto nel paese con un colpo di mano al Tribunale Costituzionale polacco attraverso un amici curiae (argomentazioni giuridiche) firmato una rete internazionale di attivisti di estrema destra, compresi i ProLife italiani.
Ordo Iuris, importante istituto legislativo che si sta espandendo in tutta Europa, che qualche anno fa ha redatto un Trattato delle famiglie in contrapposizione alla Convenzione di Istanbul, in cui la violenza sulle donne veniva classificata slegata da un fattore di genere ma attribuita appunto alla devianza, all’alcol, alla sessualizzazione dei media, all’omosessualità, tutti fattori che mettono in crisi la famiglia.
Un Trattato sposato dall’allora governo del Pis e sottoscritto da molte organizzazioni di estrema destra in Europa, convinte che la violenza domestica sia causata proprio dalla mancanza di una forte concezione dell’unità familiare corrispondente al modello tradizionale: padre, madre e figli. Famiglia che va salvaguardata a tutti i costi, anche a costo di normalizzare o addirittura occultare la forma più estesa di violenza sulle donne, quella domestica, che mette troppo in crisi la struttura principe di questo sistema.
La strategia di questa destra al governo quindi non è un privilegio solo nostro, si va a tentativi graduali ma decisi, calcolati: Vox in Spagna sono anni che tenta di far fuori la Convenzione di Istanbul equiparando la violenza maschile sulle donne a quella sugli uomini, fenomeni che non solo hanno numeri completamente sproporzionati ma che per storia e cultura non solo equiparabili.
I tentativi di occultare la violenza maschile sulle donne deviandone le cause, sono tantissimi e sparsi per il mondo: non ultimo quello di Agenda Europa, la rete più importante delle ultra destre mondiali, il cui manifesto non solo recita il “Ripristino dell’ordine naturale”, ovvero il ripristino dell’intoccabilità della famiglia eterosessuale – patriarcale, ma che arriva a condannare il divorzio e l’uso di contraccettivi per ripristinare quest’ordine e in cui la violenza domestica è solo un piccolo incidente di percorso che le donne devono subire per non mettere in discussione il disegno più grande: quello di dio.
Quindi se uno della Lega o dei Fratelli d’Italia, come un qualsiasi esponente di partiti o di gruppi di estrema destra nel mondo, dovesse cercare di convincermi di non preoccuparmi perché il patriarcato è morto e che quello che resta sono solo “residui di maschilismo” e che la vera causa della violenza sulle donne sono i migranti, secondo voi io ci dovrei credere? Mi dovrei fidare?