Sequestrata nell’ufficio del sindaco mentre portano via il figlio di 9 anni

Convocata con un tranello, mamma accusata di alienazione parentale trattenuta da 10 persone mentre sotto il Comune 5 uomini delle forze dell'ordine in borghese strappano dalle mani dell'amica il bambino per portarlo in casa famiglia

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice di DonnexDiritti Network e International Women



È successo di nuovo e succederà ancora. Oggi una mamma è stata trattenuta contro la sua volontà nell’ufficio del sindaco di un Comune nel lodigiano mentre il bambino, che l’aspettava sotto con un’amica, veniva preso con la forza e portato via per essere collocato in una casa famiglia.

“Mi sono piombati addosso e non so neanche da dove sono usciti”, racconta Manuela, attivista di Maternamente e Movimentiamoci Vicenza che è corsa al Pronto soccorso per farsi medicare. “Io ero con il bambino in piazzetta e aspettavamo che la mamma tornasse dopo aver parlato con il sindaco, e a un certo punto mi si è avvicinato uno sconosciuto che ha cominciato a parlare con il bambino senza presentarsi. A quel punto faccio per allontanarmi e 5 persone mi arrivano addosso, mi immobilizzano, prendono il bambino, e lo portano via. Forze dell’ordine in borghese che si dichiarano solo dopo avermi aggredita, dato che il tesserino l’ho visto solo dopo”.

Al telefono la mamma è scossa ma lucida e riesce a raccontare la dinamica di quello che è successo

Trattenuta nell’ufficio del sindaco da 10 persone

“Sono al pronto soccorso adesso, perché sono stata immobilizzata fisicamente nell’ufficio del sindaco mentre portavano via mio figlio sotto il mio naso”, racconta la donna ancora sotto shock. “È assurdo. Il giorno prima abbiamo avuto un colloquio online con gli assistenti sociali ed era tutto tranquillo. Con mio figlio abbiamo chiesto addirittura di fare un po’ di vacanze al mare e loro non hanno detto di no. Poi, dopo 10 minuti, mi arriva la telefonata del sindaco che mi chiede di portare nel suo ufficio le chiavi della casa popolare di mia madre deceduta da poco – continua la donna – perché devono fare lavori urgenti. Io ero molto perplessa di questa richiesta ma sono andata in tutta buona fede. Poi oggi entro nell’ufficio del sindaco e oltre a lui, dopo poco, entrano 10 persone, tra cui il capo della polizia municipale, gli assistenti sociali, e polizia in borghese”.

“dicono che devono leggere il decreto del tribunale perché il bambino deve andare in comunità, e lì capisco che si tratta di un tranello”

La trappola per portare via il figlio

Una trappola dove l’intenzione è praticare un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) alla signora che viene trattenuta in quell’ufficio: “Erano tutti parati davanti alla porta della stanza, loro dicevano che se volevo potevo andare via ma quando mi alzavo mi ributtavano sulla sedia prendendomi dagli avambracci. Poi a un certo punto sono riuscita ad avvicinarmi alla finestra per chiedere aiuto e loro mi hanno accusata di volermi buttare giù mentre io cercavo solo di chiamare qualcuno per poter uscire da lì e andare da mio figlio, perché sapevo che sicuramente lo stavano portando via. Hanno anche chiamato il mio medico ma lui ha risposto che essendo una persona tranquilla e ragionevole non c’era bisogno di nessun Tso, ed è solo dopo questa telefonata che mi hanno lasciata andare”.

Il bambino svanito nel nulla

Una volta liberata la signora corre a cercare il figlio che non c’è più, svanito nel nulla, un bambino di 9 anni con alle spalle una storia travagliata e sofferta. “Mi sono messa con il padre di mio figlio nel 2011 – racconta la mamma – e quando sono rimasta incinta lui neanche lo voleva”.

“Mi diceva di abortire e al settimo mese di gravidanza mi ha messo un cuscino in faccia per soffocarmi perché diceva che non potevamo permetterci questo figlio”

“Quando però è nato il piccolo le cose sono andate meglio, e il primo anno sembrava un miracolo. Ma dopo questa breve luna di miele è cominciato l’incubo: lui beveva, spariva per giorni, mi umiliava continuamente, mi strattonava, mi prendeva per i capelli, urlava e una volta per poco non mi mette sotto con la macchina”. Un vissuto di violenza domestica e di persecuzione durata anni. “Una volta ha spaccato un televisore, aveva una rabbia che non riusciva a gestire. Mi staccava la luce, il gas, mi lasciava senza i soldi per la spesa, e poi ho scoperto che mi aveva anche denunciata per maltrattamenti sostenendo che ero io a maltrattarlo, che io ero il problema”.

“Un giorno addirittura mi accusa di avergli rubato il portafoglio prima di partire per la montagna con sua madre – continua la donna – mi spinge, mi accusa, e io a quel punto non ce la faccio più e chiamo mia madre che a sua volta chiama i carabinieri che consigliano di portarmi via perché la situazione è pesante e perché se sono una vittima di violenza domestica e rimango in quella situazione, dicono che potrebbero portarmi via il bambino”.

Il bambino rifiuta il padre: spunta l’alienazione parentale

A quel punto lei ha paura, non sa cosa fare e lascia l’uomo per tornare alla casa materna portando con sé il figlio perché solo lì si sente al sicuro. Ma ecco che subito arriva il ricorso al tribunale ordinario in cui il padre chiede il collocamento del figlio in comunità per il “reset” per abituarlo alla figura paterna e quindi affidarlo a lui in maniera esclusiva. “In realtà io gli portavo il bambino e lui lo poteva vedere quando voleva ma era il bambino che a un certo punto ha cominciato a rifiutarlo perché aveva paura”.

“Una volta al parco ha cominciato a strattonare il piccolo e poi ha chiamato i carabinieri dicendo che io non me glielo volevo dare”

Ed è così che arrivano gli incontri protetti che iniziano quando il minore ha 4 anni, incontri protetti che il bimbo rifiuta mettendosi seduto in un angolo della stanza. Ma la colpa non è né del padre, né degli assistenti sociali incapaci, bensì della madre che come da copione viene accusata di essere una madre alienante da una Ctu (Consulenza tecnica d’ufficio) che sotto ordine del tribunale ordinario stila una perizia utilizzando la teoria dell’alienazione parentale già ampiamente rifiutata da diverse istituzioni tra cui il ministero della salute e più volte confutata in Cassazione, che in una sentenza l’ha definita degna di un metodo “nazista”.

“Mi dicono: o lo aiuta a fare il padre oppure il bambino va in comunità. Quindi sono io che devo aiutare lui a fare il padre – specifica la signora – e cerco anche di farlo con incontri relazionati dallo stesso educatore che scrive non solo che il padre non è capace a gestire il bambino ma che ha contatti con lui solo grazie all’aiuto prezioso della madre. Relazione che però non è mai stata depositata né presa in considerazione in tribunale”.

Lui sparisce ma la responsabilità è della madre

Ma poi l’uomo sparisce di nuovo, e si fa rivedere solo dopo mesi: “A dicembre viene a casa e gli porta il regalo ma dopo mezzora se ne va sparendo. Lo chiama solo al telefono fino a febbraio e poi sparisce completamente senza neanche dare più un soldo di mantenimento.” A quel punto il tribunale ordinario emette un nuovo decreto con collocamento del piccolo in una comunità semi-residenziale e anche se la mamma ottiene il centro diurno dove il bambino doveva andare dopo la scuola per abituarsi al padre, il minore si rifiuta dicendo che lui suo padre non lo vuole vedere.

“Il bambino è stato anche ascoltato dal giudice insieme alla Ctu. Io li sentivo da fuori – dice la madre – e senza dubbio lui ha riportato che il papà lo strattonava, lo maltrattava, gli tirava degli sberloni e che per questo non lo voleva vedere”

Ma il giudice non ha dubbi: il bambino soffre di alienazione parentale, ha un problema relazionale causato da un processo manipolativo che la mamma ha attuato sul bambino. “Alla fine la responsabile della sua incapacità di contenere la sua rabbia sono io, questo è assurdo perché da vittima diventi tu la carnefice e vieni punita dalle istituzioni solo perché hai cercato di sottrarti alle violenze, perché di questo si tratta anche se ormai nelle procure tutti questi procedimenti vengono archiviati, come è successo anche a me. Noi non siamo niente, chiunque si opponga alla legge del padre viene punita. Fatto sta che io oggi sono stata sequestrata nell’ufficio di un sindaco contro la mia volontà, mi hanno portato via mio figlio con la forza aggredendo la mia amica e non so neanche dove sia adesso il bambino. Che giustizia è questa?”.

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