L’eroe Zelensky e il nazismo
Denis Prokopenko è il comandante del noto battaglione Azov che ha come simboli svastiche ed effigi del capo nazista ucraino della seconda guerra mondiale, Stepan Bandera, collaborazionista nazista durante la Seconda guerra mondiale che giurò fedeltà a Hitler, glorificato dal capo di Stato ucraino dal 2019 in poi in occasione della festa a lui dedicata nel giorno della sua nascita.
festa che ha preso il posto del 9 maggio, giornata della “Liberazione dal Nazismo”, vietata già dal 2015, dopo l’Euromaidan
I media occidentali e in particolare quelli italiani, hanno creato l’eroe Zelensky senza chiedersi seriamente perché un capo di stato dovrebbe glorificare nazisti o filonazisti, anche se, andando a cercare un po’ più in profondità, si possono trovare tracce dei rapporti tra Zelensky e Igor Kolomoyskyi, uomo d’affari dal triplo passaporto ucraino, cipriota e israeliano, fiduciario degli USA e proprietario della Privat Bank, la più importante banca in Ucraina. Uomo potentissimo con forti interessi economici anche in Donbass, che ha sostenuto e finanziato non solo il lancio dell’attuale presidente ucraino, ma anche gruppi paramilitari neo nazisti in Ucraina pur essendo ebreo. Gruppi militari che nel 2 maggio 2014 a Odessa uccisero e bruciarono vivi civili che si erano rifugiati nella Casa dei sindacati (e non solo).
Il ruolo dei media
La guerra della comunicazione non solo evita di approfondire certi argomenti, fino a partorire mostri come la proposta del Nobel per la pace al presidente di un paese che chiede a gran voce la Terza guerra mondiale e glorifica nazisti, ma non spiega e anzi attacca professori e intellettuali che osano mettere in discussione la linea dell’interventismo bellico, come Alessandro Orsini, Luciano Canfora, Donatella Di Cesare, Angelo D’Orsi, utilizzando il dramma della guerra per alimentare inflazione emotive, consenso ideologico e procedere con le economie di guerra.
In definitiva agendo per la conquista di nuove aree di influenza e dominio militare, commerciale, e ideologica
Imperialismo democratico
Senza nulla togliere alla gravità di questa invasione e alla responsabilità russa dei morti sul suolo ucraino, è incontrovertibile che quello a cui stiamo assistendo in questi giorni è anche costituito da un sistema pervasivo che genera una serie di eventi promozionali per rifornire sostegno ideologico a un’operazione militare di ridefinizione delle aree di influenza. Una guerra vera, concreta, reale consumata sulla pelle degli ucraini (per ora) su cui però abbiamo notizie non sempre certe o comunque non sempre verificabili al 100%. Il marketing con logo “Zelensky” produce un serial opportunamente adattato per i vari mercati del consenso: niente a che vedere con la propaganda russa che è molto più rude, grossolana, non proponibile all’opinione pubblica occidentale molto più “smaliziata” da questo punto di vista.
Al congresso americano Zelensky è intervenuto in dad dichiarando che “ogni giorno per noi è un 11 settembre”, riscuotendo una standing ovation dei presenti. Al Parlamento europeo sempre lui ha detto che “ogni giorno si alza un muro più alto”, ricevendo applausi scroscianti. Al parlamento italiano il presidente ucraino ha parlato paragonando Mariupol a Genova: “Immaginatela distrutta” ha detto, aggiungendo che il popolo ucraino “è diventato l’esercito” contro Putin il cui obiettivo non è l’Ucraina ma l’Europa. Un discorso di 12 minuti, accolto e seguito da un’ovazione del Parlamento, con il premier Draghi che ha lodato il presidente ucraino sottolineando “l’eroica resistenza contro la ferocia di Putin”. Ma è al Consiglio di sicurezza del’Onu che il presidente ucraino ha chiesto un intervento urgente, invocando una nuova Norimberga per i generali russi e per il presidente Putin.
Zelensky corpored media
Un materiale, quello prodotto dalla “Zelensky corpored media”, distribuito a tutti i promotori di consenso che è in continuo divenire e di ottima fattura, e che ha un obiettivo: allargare il conflitto con una partecipazione diretta dell’Europa che porterebbe a una catastrofe umanitaria. Fatti che vengono proposti con un certo pathos e anche una “rivisitazione” delle notizie lanciate all’opinione pubblica in maniera talmente forte, che anche la loro rettifica, dopo un’accurata verifica, appare insufficiente a ristabilire la verità. In realtà non c’è confronto tra la potenza di fuoco della propaganda e la verità che emerge dopo, perché questa non ha nessun impatto rispetto alla notizia “non esatta” che l’ha preceduta e che ha avuto ormai il suo effetto. E questo senza nulla togliere alla ferocia dell’operazione putiniana di invadere un paese con le armi e uccidere persone inermi.
Una guerra che andava evitata e che va fermata, non incentivata, proprio perché non sappiamo dove potrebbe andare a parare (come d’altronde tutte le guerre)
Vediamo alcuni fatti “rielaborati” all’inizio
Andiamo ad analizzare alcuni esempi partendo dall’inizio del conflitto. I tredici eroi ucraini dell‘isola dei serpenti (isola Zmiinyi) che si erano sacrificati al nemico e immediatamente medagliati in mondovisione da Zelensky, in realtà si erano arresi, e la stessa guardia di frontiera Ucraina lo asseriva il giorno dopo: notizia ufficiale su Twitter, diecimila visualizzazioni a dir tanto. Eppure l’audio in cui insultavano il nemico russo che avanzava ha fatto il giro del mondo e l’impatto dei media ucraini che davano i 13 militari rimasti sull’Isola sul Mar Nero morti sotto i bombardamenti russi, è rimbalzato su tutti i media del main streming, mentre il messaggio della “resistenza” dei soldati non è stato scalfito da nessuna rettifica posteriore.
Il “terrore nucleare” dichiarato da Zelensky con accuse di assalto dei russi a una delle centrali nucleari, erano in realtà incursioni di contractors ucraini vicino al perimetro della centrale già controllata dai russi da una settimana. Pericolosa certo, ma neutralizzata in poche ore: che un esercito faccia saltare una centrale nucleare che già controlla in effetti è un po’ surreale ma se si omette di dire che la centrale era già sotto controllo russo, l’impatto mediatico può funzionare su scala mondiale. Così come è successo per il mausoleo della shoah, distrutto su tutti giornali per un giorno, per poi essere filmato il giorno dopo integro da un giornalista ebreo corrispondente per il “Jerusalem post”. Notizia pubblicata da lui personalmente e ripresa da un giornale o due israeliani ma ignorata da tutti i media, anche se il mondo avevano urlato dalle prime pagine la distruzione del giorno prima.
Il bombardamento dell’ospedale materno a Mariupol ha rappresentato sicuramente un alzamento di livello perché già nella prime ore si titolava riguardo un centinaio di morti. Solo dopo si è parlato di un solo ambulatorio in attività, di una evacuazione molti giorni prima (come attestano documenti delle autorità di Mariupol) eseguita da militari del battaglione Azov che avrebbero posto alcuni “punti di fuoco” nell’ospedale stesso. Alla fine il triste bilancio è stato di 17 feriti e tre morti di cui un bambino: orribile certo, ma molto distante dal bilancio fatto “a caldo”, anche perché con l’ospedale pieno i morti sarebbero stati davvero centinaia.
L’orrore della guerra è confermato anche per un morto ma l’amplificazione a centinaia di vittime è un’altra cosa
Anche la moschea di Mariupol è stata “mediaticamente” bombardata per mezza giornata con all’interno centinaia di Muslim turchi di cui si attendeva soltanto il conteggio delle salme. Poi alle 15.40 una televisione turca si mette in contatto con il capo Muslim della moschea che conferma che stanno tutti bene, che le bombe ci sono e che la più vicina è esplosa a 700 metri dalla moschea.
La “Carneficina” della Stampa
C’è poi la “liberazione” con “missione speciale” del sindaco di Melitopol. Lui quando sono arrivati i Russi si è rifiutato di collaborare (legittimo, onore a lui) e i russi lo hanno destituito e arrestato (“prevedibile” in un contesto di guerra) cosa che viene divulgata come rapimento con titoli angoscianti su torture e quant’altro. Poi arriva l’annuncio trionfale, con rimbalzo mediatico mondiale, del sindaco che in realtà sta bene ed è pronto a rientrare operativo in un giorno o due: sorrisi e battute cameratesche. Non gli é stato torto un capello.
L’eroica missione speciale cos’era? Uno scambio di prigionieri: nove soldati russi per un civile. Nel frattempo la missione speciale passa tra gli influencer e diventa un’altra notizia sui giornali e sui social
Infine c’è il teatro di Mariupol distrutto da una bomba russa e i titoli sono già pronti: ci si aspetta tra i 1.000 e 2.000 morti, ma per fortuna il bunker regge ed escono vivi 130 superstiti. Non ci sono morti o feriti ufficiali. Intanto però i morti “attesi” sono mediaticamente esistiti nella prima ondata e nessuno li può più spostare dall’immaginario collettivo che nel frattempo si “fomenta” per una entrata in guerra diretta, giustificando l’investimento massiccio e l’invio di armi senza riflettere neanche un secondo su cosa potrebbe comportare un allargamento del conflitto ucraino e quali pericoli sono dietro un’azione del genere.
Poi arriva la tragedia di Bucha
Le immagini di Bucha fanno il giro del mondo, il video più riprodotto è quello fatto da un convoglio ucraino che attraversa una strada disseminata di cadaveri. Crimine assurdo e feroce dei soldati russi da condannare senza mezzi termini. Alcuni segnalano che in quelle riprese un morto muove una mano, attimo di sgomento, poi la smentita: non è una mano ma una goccia di pioggia sul parabrezza che fa “effetto movimento” perché il corpo è fermo (anche me sembra proprio una goccia).
Getting fed up of this “it’s a moving arm” bullsh….. it’s a raindrop on the windscreen, alongside an inverted channel version for more clarity. The whole arm moving thing is just ridiculous. pic.twitter.com/ZiuEX4rFWc
— Aurora Intel (@AuroraIntel) April 3, 2022