“Ci sentiamo braccati, come gli ebrei che attendevano i rastrellamenti dalle SS. Mi dispiace per il paragone, non me ne voglia nessuno, lo faccio solo per far capire come ci sentiamo”. A parlare è Laura che parla della sua situazione.
La storia di Laura e di suo figlio
“Noi ci sentiamo insicuri in ogni luogo – continua Laura – perché il nuovo decreto prevede che la forza pubblica, che dovrebbe prelevare mio figlio per portarlo in casa famiglia, sia in borghese in modo tale che non sia riconoscibile”. Il decreto è quello del Tribunale dei minori, l’ennesimo che decide di prelevare un bambino dalla sua casa, dai suoi affetti, da sua madre, per imporre un rapporto con un genitore che lui stesso rifiuta.
Uno strappo che non rispetta in alcun modo la tanto citata bigenitorialità, e che colloca il bambino in una struttura interrompendo il rapporto con la mamma perché giudicata ostativa, malevola, simbiotica, alienante
Una sentenza basata sulla diagnosi di Alienazione parentale, fatta dalla Consulenza Tecnica d’ufficio (CTU), malgrado la recente Ordinanza di Cassazione abbia chiaramente bollato questo costrutto come “nazista”. Un ricatto che nel caso di Laura dura da 8 anni, con udienze, denunce, sentenze, Consulenze tecniche d’ufficio, tutori, assistenti sociali, psicologi, psichiatri e naturalmente giudici. Una vicenda in cui Laura ha pagato di tasca sua non solo in termini morali e di vita, ma anche in moneta sonante:
“Avrò speso fino adesso più di 200mila euro di spese legali, perizie, visite mediche, e non solo – spiega Laura – e ho anche dovuto vendere una casa”
Il tribunale dei minori e la madre malevola
Un decreto che viene emesso dal Tribunale malgrado lo stop dato dalla Corte d’appello che aveva sospeso il precedente decreto (identico) non solo per la situazione di salute del bambino, che prende la pasticca per l’ipertensione da quando aveva 4 anni e che è stato ricoverato per mesi in ospedale quando era piccolo a seguito della vicenda, ma anche perché non è possibile imporre un rapporto in modo coercitivo.
Giudizio della Corte d’appello che è passato come acqua fresca sulle orecchie dei giudici che hanno tolto definitivamente la responsabilità genitoriale alla madre, dipingendola come non collaborativa e dannosa per il figlio stesso, riaffermando la necessità di un prelevamento del bambino anche con l’uso della forza pubblica, questa volta in borghese, ledendo la stessa volontà del minore. Una decisione azzardata, dato che il minore ha 11 anni e può esprimere in maniera compiuta quale sia il suo desiderio.
Una “terapia della minaccia”, ci tiene a precisare Laura in quanto “non si è mai vista la creazione di un rapporto d’amore e d’affetto con la violenza e la coercizione”
Senza quindi dare valore alla volontà del bambino e senza indagare in maniera oggettiva le cause di questo rifiuto, il tribunale mostra di sposare completamente, come sempre succede in tutti i casi di affido post separativi. Tesi senza alcun fondamento di psicologi e psichiatri che, formati alla scuola della “madre malevola” e “dell’alienazione parentale”, condannano a prescindere la madre in quanto colpevole di tutta la situazione.
Il trattamento sanitario imposto è una forma di tortura
Paure davanti alle quali la maggior parte delle volte, la reazione dei giudici e delle Ctu è di rigetto, scherno, non presa in considerazione, rifiuto anche quando esiste una sentenza penale a riguardo. E questo senza considerare che proprio all’articolo 31 la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia, prevede che gli episodi di violenza intrafamiliare siano presi in seria considerazione nelle decisioni di affido. Per Elvira Reale, psicologa e consulente della Commissione femminicidio al Senato:
il giudice in questi casi si arroga un diritto che travalica le sue competenze, imponendo un trattamento sanitario che va al di là delle aule di tribunale e davanti alle quali si può parlare di tortura
“Spesso l’alienazione parentale è nascosta dice Reale – non viene nominata, ma gli psicologi indicano comportamenti di alienazione parentale andando anche a pescare nell’inconscio, tanto che sembra di stare sul lettino di Freud e non in un tribunale”. È necessario quindi mettere uno stop e togliere ai tribunali una competenza che è sanitaria dato che i giudici “non si fermano alla diagnostica – continua Reale – ma arrivano a dare indicazioni di un trattamento sanitario che confligge con l’articolo 32 della Costituzione”. Un trattamento che deve essere fermato in ogni modo qualsiasi sia la causa e sia se si è in presenza di violenza domestica sia che non sia stata riscontrata.
Secondo Reale è un “trattamento simil-carcerario, simil-tortura” che avviene sulle spalle di un bambino che avviene con la forze dell’ordine “precettate per rimuovere ostacoli mobili e immobili, che significa buttar fuori e picchiare le persone che sono intorno, sfondare le porte”
“Dopodiché – continua – il bambino viene isolato, in un luogo sconosciuto, con persone sconosciute e messo solo a confronto con la persona con cui lui non vuole avere rapporti. Un bambino che in quel momento è assolutamente disperato”. Ma la cosa più grave è che “i giudici sono consapevoli di infliggere una sofferenza perché nella loro testa è previsto che la sofferenza futura di separazione dal padre sia superiore a questo tipo di trattamento”, conclude Elvira Reale.
Che fine fanno i minori? Il business sulla pelle dei bambini
Minori che vengono presi e messi in case famiglia senza un motivo valido e in presenza di un genitore accudente con cui loro vogliono stare, dato che, secondo i dati di un monitoraggio del ministero della Giustizia presso gli uffici giudiziari minorili, tra il gennaio 2018 e il giugno 2019 siano stati allontanati dalle proprie famiglie di origine 12.338 minori in Italia e di questi:
l’88% (9 su 10) “non è dato sapere con certezza la destinazione”, o meglio la maggior parte viene dimenticato nelle 3.300 strutture di accoglienza
Un business, quello che riguarda l’alienazione parentale, le madri malevoli, gli affidi coatti e il trattamento sanitario costrittivo da parte dello Stato, che coinvolge legali, psicologi, psichiatri, assistenti sociali, tutori, curatori del minori, educatori e case famiglia in cui un bambino costa dai 3.000 ai 6.000 euro al mese e dove una Consulenza tecnica d’ufficio può arrivare a 6.000 euro mentre una Consulenza di parte fatta dai “maestri” della Pas può arrivare anche a 30.000 euro.
L’inventore dell’Alienazione parentale che sosteneva la pedofilia
E questo grazie all’adozione da parte dello Stato italiano, nei fatti, di principi e comportamenti che nella totalità si richiamano a una sindrome non riconosciuta e ascientifica, inventata dallo psichiatra Richard Gardner, secondo cui se un figlio rifiuta un genitore la colpa è dell’altro che aliena il bambino a prescindere da tutto, anche di eventuali possibili violenze che saranno di sicuro false e inventate. Un disturbo diventato prassi ma mai entrato nel DSM (The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), e applicato da giudici che probabilmente non conoscono le dinamiche di abusi e violenza domestica, ma che soprattutto non sanno che Gardner era un teorico della pedofilia (R. Gardner, “L’isteria collettiva dell’abuso sessuale”, ed. Quattro Venti, Urbino 2013, p. 59):
“Se un padre abusa della figlia – scriveva Gardner nei suoi libri – la colpa è della madre inibita che non vuole fare sesso con suo marito e che, al fine di evitare scappatelle extra familiari, le offre la figlia”
Le proposte di legge alla Camera per mettere uno stop
Per mettere un freno a una violazione dei diritti umani degna del giudizio della Corte Penale Internazionale, sono sul piatto almeno tre proposte di legge interessanti in discussione alla Camera: una sulla riforma dei procedimenti per la tutela e l’affidamento dei minori, presentata dalla deputata 5S Stefania Ascari, una sulla modifica in materia di responsabilità genitoriale, affidamento dei minori e ascolto del minore (legge n.184 e n. 54 ) dell’onorevole Veronica Giannone di Forza Italia.
E un’altra presentata tre giorni fa da Laura Boldrini, deputata Pd già presidente della camera, che ha dichiarato come davanti al caso di Laura “non possiamo rimanere indifferenti”. “La proposta vuole rafforzare ascolto e protezione dei minori – dice Boldrini – e intervenire per contrastare l’uso giudiziario di teorie ascientifiche come appunto l’alienazione parentale in tutte le svariate definizioni dietro cui essa viene nascosta e dunque applicata”.
La sua proposta di legge dispone “Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di affidamento e ascolto del minore e di protezione da abusi e atti di violenza domestica” (3148). Una proposta, quest’ultima, che indica modifiche al codice civile in cui viene messa come priorità la necessità che il giudice indaghi, in caso del rifiuto del bambino verso un genitore, circostanze legate a violenza domestica o abusi “ove siano riferiti (in sede di ascolto del minore ma anche altrimenti)” affinché:
“il giudice accerti autonomamente i fatti riferiti con pienezza di cognizione, tramite gli ordinari mezzi istruttori”, relegando così le CTU a mere consulenze che non si possono trasformare in sentenze vere e proprie come tutt’oggi succede
Ctu che devono avere “requisiti di professionalità” e “opportune garanzie della loro imparzialità”. Mettendo al centro il “minore nelle operazioni di ascolto e la piena autonomia del giudice”, con “l’obbligo di ascolto del minore maggiore di anni dieci (e anche di età inferiore, se capace di discernimento)”, questa proposta esclude la possibilità di motivare la decadenza dalla responsabilità genitoriale “sulla base di sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili”, con ovvio riferimento non solo all’alienazione parentale, molto spesso celata nelle CTU in quanto contestabile, ma anche a tutti i suoi derivati.
Ci si assicura che “la presenza del genitore indicato come violento o maltrattante non possa essere imposta con l’uso della forza o con provvedimenti coercitivi contro la volontà del minore”
(come abbiamo visto fare tante volte con i trattamenti di cui sopra), escludendo anche come causa di affidamento esclusivo, quelle stesse “sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche”. Senza dimenticare, in materia di formazione di magistrati, avvocati, medici, psicologi e assistenti sociali, “l’integrazione di conoscenze e competenze relative alla violenza domestica e di genere e all’ascolto e trattamento dei minori in giudizio”.
Nonché la modifica del quarto comma dell’art. 250 c.c. in cui “nell’ipotesi di rifiuto del consenso, da parte del genitore, al riconoscimento successivo del figlio da parte dell’altro genitore, la sentenza che tiene luogo del consenso non possa essere pronunciata ove contrasti con l’interesse del minore”, e in cui “il giudice valuti anche l’eventuale condotta pregiudizievole al figlio” nel caso anche che sia avvenuta “antecedentemente alla domanda” del genitore che chiede di riconoscerlo.