Cosa succederebbe se durante un conflitto armato una donna in prima linea fosse indicata da un capo branco come causa del disastro e quindi bersaglio da punire? Semplice, la risposta è stupro collettivo. Lo stupro come arma di guerra abbraccia culturalmente ambiti radicati nella vita quotidiana da cui non è slegato – altrimenti non esisterebbe e non avrebbe senso – ed è l’extrema ratio della violenza contro le donne in una situazione “limite” come è una guerra, ma porta in sé gli stessi concetti di controllo, punizione, possesso, corpo ridotto a oggetto, distruzione di questo stesso corpo umiliato e ridotto a “nulla”, propri del femminicidio, e che considera lo stupro un’arma a tutti gli effetti. Oggi, a proposito di questo, parliamo di stupro mediatico collettivo in un contesto di conflitto rappresentato da una bassa soglia di tollerabilità e assenza di confronto.
Ma che cosa è? È quando un obiettivo, in questo caso politico, vive in un corpo femminile e per questo non viene solo esposto alla pubblica rabbia ma simbolicamente lanciato dal capo branco nell’arena dove la massa di accoliti sono pronti a procedere al dilaniamento: una distruzione che nel caso di un corpo femminile, avviene attraverso un’azione distruttiva sessuale. Il fatto che avvenga realmente o che sia a livello simbolico, e in questo caso mediatico, non ne cambia i termini culturali e sostanziali, e non fa differenza che la donna in questione rappresenti un’istituzione, un punto di vista o una semplice cittadina, perché se è una donna, è prima di tutto una femmina e per questo sarà attaccata in base a un presupposto di genere che si basa su una cultura discriminatoria.
Ma veniamo ai fatti, e partiamo dall’inizio, ovvero da quello che è successo alla Camera la scorsa settimana a seguito dell’ostruzionismo a oltranza dei 5 Stelle sul disegno di legge Imu-Bankitalia, passato poi con 236 sì e 209 no, che ha scatenato una escalation di violenza, anche sessista, in parlamento. Grillo/Casaleggio, in proposito, hanno fatto sapere subito dopo l’accaduto, come in aula siano avvenuti “due fatti incontrovertibili, l’aggressione filmata e vista in tutto il mondo del questore di Scelta Civica, Dambruoso, alla portavoce del M5S Lupo, e il totale stravolgimento delle regole parlamentari con l’interruzione d’imperio, motu proprio, degli interventi dell’opposizione sul decreto IMU/Bankitalia da parte della presidente della Camera, Boldrini”.
Un resoconto in cui si dimentica di ricordare l’irruzione di alcuni deputati 5stelle nella commissione giustizia dove il deputato grillino Massimo De Rosa, ha apostrofato violentemente alcune deputate del Pd dicendo: “Voi del Pd siete arrivate qui solo perché avete fatto dei po**ini”, a cui è seguita querela. Dopo qualche giorno, il leader del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo, pubblica sulla sua pagina facebook la seguente frase:
“Che fareste in auto con Boldrini?” in un video dove un uomo in macchina con una Boldrini di cartone fa un monologo
attribuita alla presidente. Un’esca a cui accorrono i militanti e i simpatizzanti 5 stelle che dalle 23 di sabato sera si esibiscono con più di 400 commenti al post del leader, scatenandosi contro Laura Boldrini come l’orda di cui sopra (v. preambolo), e con frasi del tipo:
“ti sale in macchina perché la stai pagando, mi raccomando le protezioni”
“la riempirei di botte”
“impossibile, non vado a mi***tte”
“la porti in un campo rom e la fai tro**are con il capo villaggio”
e così via.
A questo punto, e con tutte le reazioni che ci sono state di fronte a questa esposizione a violenza mediatica, lo staff del movimento 5 stelle cancella, si scusa e fa sapere: “Prendiamo le distanze dalle offese sessiste dal post di Grillo. I messaggi sono stati scritti nella notte quanto non era possibile operare alcun controllo”.
Bene, come scusa può andare: ma chi ha esposto Laura Boldrini a questa violenza, cosa aspetta a fare le sue scuse pubbliche alla presidente e alle cittadine italiane? Non solo, perché lo staff pentastellato aggiunge che “chi ha scritto le minacce può essere querelato tranquillamente” e che “la rete è libera e deve rimanere libera ma ognuno si assume le proprie responsabilità”. Frasi di circostanza, e davvero poco sensate, perché si giustifica indirettamente la violenza del linguaggio e l’esposizione a tale violenza, come libertà di espressione: cose ben diverse in cui la censura non c’entra, perché è come dire che in fondo la violenza domestica è una cosa normale perché ognuno, a casa sua, può fare quello che gli pare. Come osservato dalla stessa Boldrini intervenuta telefonicamente in tv a “L’Arena” condotta da Massimo Giletti,
“questo non è dissenso, sono atti violenti e intimidatori: non discutono del mio operato e gli insulti si traducono in volgarità a sfondo sessuale”
Concetti ampiamente chiariti da Fabio Fazio ieri sera a “Che tempo fa” su Rai3, in cui la presidente sottolinea come il video postato sul blog di Grillo in quel modo fosse una “istigazione alla violenza” di cui sono riprova i commenti che sono seguiti “tutti a sfondo sessista”. E lei lo sa bene che cosa è la violenza e il linciaggio mediatico, perché non è nuova a questi assalti e aggressioni da cui lei, fin dall’inizio, ha osato difendersi. Chi non ricorda il “Giornale” che scriveva di “inediti e inquietanti particolari sullo smodato uso del potere, da casta vecchio stile, della presidente della Camera, Laura Boldrini, che per arginare la foto-burla che su Facebook ritraeva una finta Boldrini nuda, ha scatenato l’inferno”?
Su di lei è stato detto di tutto, le sue foto sono state ritoccate in diversi modi e suo corpo simbolicamente fatto a pezzi, smontato. Ma esporre alla violenza tutti coloro che non vanno a genio, e se si tratta di una donna usare il peggiore dei metodi machisti, è comunque per i 5stellati un vizietto. Lo abbiamo visto con diversi giornalisti, tra cui la collega de “L’Unità”, Maria Novella Oppo, ma soprattutto con Federica Salsi, consigliera del Comune di Bologna eletta nel M5S, che rea di una partecipazione a “Ballarò”, fu redarguita dal capo Grillo che la descrisse come una che va in tv a cercare il suo punto G e precisamente “il punto G, quello che ti dà l’orgasmo nei salotti dei talk show”. Una messa all’indice del leader che creò un varco a una violenza mediatica che sul sito e su Fb si è sfogata con frasi come:
“Fuori dai cog*ni!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! non capisci un cao!!! questa testa di cao!!!!!!!!!!!!!!!!!sembrava quella faccia da co della gelni, ma vai a care te e i tuoi amici del ca**o!!!!!!!!!!!!!!!!!!io gli farei fare una bella intervista anche su playboy!”.
In un Paese in cui la radice culturale della discriminazione di genere è così profonda, trasformare un bersaglio politico che vive in un corpo di donna in bersaglio “debole”, è molto semplice, anche perché questo tipo di violenza non è ancora riconosciuta come tale. I commenti al post di Grillo rappresentano l’italiano arrabbiato che invece di approfondire la sua rabbia e politicizzare davvero il suo disagio, preferisce scagliarsi contro il primo bersaglio che il suo capo gli indica e nel modo più scontato. E cosa c’è di più scontato degli stereotipi legati al machismo? (anche se la vera domanda è: perché Grillo tira fuori il peggio e non il meglio dei suoi seguaci?). Il fatto più grave di tutta questa storia rimane poi l’ancora scarsa percezione sia della violenza sia dell’esposizione a questa, che rappresenta già in sé una rivittimizzazione: una svalutazione che porta a confondere le botte con il troppo amore, l’attacco violento come fosse una burla, cose in fondo non gravi. E se è importante che le donne, in questo caso Boldrini, denuncino la violenza per riuscire a combatterla, è anche importante condannare la negazione e la banalizzazione che è una rivittimizzazione grave.
Come quella fatta da Claudio Messora, responsabile comunicazione del Movimento 5 Stelle, che su twitter ha risposto alle dichiarazioni di Boldrini da Fazio – che ha identificato i pentastellati che l’hanno aggredita su Fb come “potenziali stupratori” – con la frase
“Cara Laura volevo tranquillizzarti anche se noi del blog di Grillo fossimo potenziali stupratori tu non corri rischi”
(post comparso ieri notte e poi cancellato per le proteste ma ancora reperibile). Oltre a Grillo e ai suoi “simpatizzanti” virtuali, una riflessione va fatta anche su chi gli sta vicino, o meglio sulle onorevoli e gli onorevoli che prendono uno stipendo per le loro funzioni istituzionali e che hanno ratificato, e quindi letto, la Convenzione di Istanbul e che hanno presentato diversi emendamenti al decreto sicurezza sui tre capitoli riguardanti la violenza contro le donne.
Onorevoli che in aula hanno argomentato sul femminicidio in maniera ampia, e che forse si sono già dimenticati, o non hanno capito cosa facevano, oppure hanno ripetuto pedissequamente quanto suggerito dalle associazioni delle donne, sul fatto che “la violenza nei confronti delle donne intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano, o sono suscettibili di provocare, danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica, economica, comprese le minacce di compiere tali atti”, (“Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”, Istanbul, 2011). Sono loro che avrebbero il dovere di interloquire con il loro leader che adotta non la ghigliottina ma la forca per chi osa criticare e che, se si tratta di una donna che “sgarra”, non disdice di adottare la deplorevole esposizione a violenza mediatica, e quindi psicologica, come già successo con Federica Salsi e ora con Boldrini.
Un escamotage per cui certo, si può querelare chi usa violenza attraverso il linguaggio ma cosa puoi fare contro chi ti espone a questa violenza? E a che serve poi battersi per la Convenzione di Istanbul e per il contrasto contro violenza sulle donne-femminicidio, se non la si riconosce in casa propria, e se addirittura il responsabile della comunicazione del tuo movimento si esprime con questi toni, rivittimizzando invece di chiedere scusa? Infine, diciamolo fuori dai denti: Laura Boldrini, presidente della camera dei deputati e terza carica dello stato, è una donna che non è stata mai simpatica né ai grillini né alla destra, perché in realtà fa quello che loro proclamano, ed è un bersaglio politico a cui si punta con disprezzo di genere e tentativi di screditamento.
Boldrini si è davvero diminuita lo stipendio, ha dimezzato il suo staff e soprattutto ha un rapporto diretto e di ascolto con le persone che le chiedono una interlocuzione, con la gente. Pur non facendosi pubblicità, una pubblicità che sicuramente altri non sdegnerebbero, Boldrini si comporta come una cittadina qualsiasi in molte situazioni e non ha la “spocchia” di molti altri: una persona che non si sottrae mai a una richiesta, che viaggia con voli di linea anche per visite ufficiali, una donna che raccoglie i biglietti che le lasciano nella borsa e in tasca durante gli interventi pubblici e che contatta direttamente quella gente disperata che non sapendo dove andare, spera in un ascolto delle istituzioni e lo fa individuando lei come interlocutrice.
Una carica istituzionale pronta a chiedere “scusa” per le disfunzioni dello stato prendendosi lei, con la sua faccia e di persona, lo sfogo e la disperazione di chi, in questo Paese, si sente abbandonato. Oltre ogni capacità fisica, Laura Boldrini c’è sempre e si pone con gli altri con una dose di umiltà che farebbe bene a molti parlamentari dell’ultima ora. Una presidente che quando è venuta ad ascoltare le associazioni sul femminicidio alla Casa internazionale delle donne, non si è assolutamente vergognata di tirare fuori il suo quaderno nero per prendere appunti, al contrario di molti altr* onorevoli che pur non sapendo nulla dell’argomento, hanno sfoderato un inventario di banalità senza eguali.