Sulla pelle dei minori: il caso di Lura

La mamma era scappata col piccolo dopo essersi rivolta a un centro antiviolenza e tornata dai genitori negli Usa

Luisa Betti Dakli
Luisa Betti Dakli
Direttrice DonnexDiritti International Women



Di solito, quando vado dal parrucchiere, mi porto la mia rivista preferita nella borsa perché mi scoccia leggere di gossip e di moda. Stavolta però non ho resistito e dopo aver messo via il mio giornale, ho preso in mano la prima che mi è capitata: “Oggi”. Mentre sfoglio in cerca di pettegolezzi all’italiana, vedo una foto che ritrae il viso preoccupato di una donna che ha come didascalia:“una madre disperata”. Leggo l’articolo e rimango di sasso: primo perché per la prima volta  mi rendo conto che queste riviste possono essere una fonte interessante, e poi perché la storia rientra in una di quelle che riescono a togliermi via anche il sonno.

Lura  è un’americana di 42 anni che durante un viaggio in Italia si è innamorata di un italiano, che ha sposato a Las Vegas e con cui ha fatto un figlio  che ora ha sei anni. La donna racconta una storia di violenza domestica che l’ha costretta a rivolgersi, in Italia, a un centro antiviolenza e poi a nascondersi e fuggire insieme al figlio. Il dramma però è che Lura è americana – mentre il figlio ha la doppia cittadinanza – e quindi, volendo tornare dai suoi genitori, è tornata in California, a Los Angeles, ottenendo lì un provvedimento di protezione, per lei e il minore, a causa dei trascorsi. Oggi però Lura dovrà riportare indietro il figlio in Italia. Il giudice italiano, presidente del Tribunale di Parma, ha ordinato nel 2010 un ordine di protezione per la donna e per il figlio, e l’affido esclusivo alla madre senza l’obbligo di riportare in Italia il bambino – accogliendo anche la richiesta della Corte di Los Angeles a cui la donna si era rivolta – mentre adesso, ancor prima del rientro di Lura e del figlio minore dagli Stati Uniti,

ha disposto l’affido condiviso a entrambi i genitori con domiciliazione presso il padre da cui Lura fuggiva due anni fa

Incuriosita da un ribaltamento così repentino e sapendo che anche la sottrazione internazionale di minore, che fa riferimento alla Convenzione dell’Aja ed esige il rimpatrio anche forzato sotto i 16 anni, ha tra le sue clausole quella dell’articolo 13b – per cui si ha l’eccezione per i bambini che sono stati tolti da abusi e da violenza in famiglia – torno a casa per vederci chiaro e per fare ricerche, e cosa scopro? Scopro che dopo la fuga della mamma con il bambino, che allora aveva 4 anni, la signora ha ottenuto dalla Corte di Los Angeles la separazione dal marito, un provvedimento di protezione per lei e per il figlio ma anche un allontanamento dell’uomo pur residente in uno Stato diverso. Scopro poi anche che il padre, disperato per la partenza di moglie e figlio, ha smosso mare e monti, scrivendo una lettera accorata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ottenendo che la senatrice del Pd, Albertina Soliani, facesse una interpellanza parlamentare sul caso e sulla sottrazione del figlio di cui è stato vittima.

Il padre, che a Los Angeles ha visto il figlio in incontri protetti alla presenza di una psicoterapeuta, si è difeso tenacemente dalle accuse che gli erano state rivolte cercando anche di ottenere la custodia del figlio avviando un procedimento di decadenza della potestà materna presso il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna a Bologna. In più scopro anche che, oltre alla denuncia penale per sottrazione di minore nei confronti della signora lui  è andato in appello per la sentenza in primo grado alla Corte di Los Angeles rovesciando il procedimento e ottenendo in secondo grado che gli Stati Uniti accogliessero la richiesta di rimpatrio forzato del bambino.

Infine scopro che tutti e due i genitori, che hanno rilasciato interviste anche alla CNN hanno messo in atto una petizione per “salvare” il figlio dall’altro/a, e che mentre lui accusa la moglie di “essere un’alcolista”, la signora ha detto che l’ex avrebbe “precedenti penali per reati multipli”. Domani, sabato 2 giugno, il piccolo arriverà in Italia all’aeroporto di Fiumicino, e il 4 giugno 2012, alle ore 13, saranno tutti presso il Tribunale di Parma per l’udienza e la comparizione delle parti. Il giudice Piscopo ha ordinato che il bambino, appena arriva insieme alla madre all’aeroporto, sia immediatamente dato a suo padre presso il quale rimarrà per due giorni fino all’udienza, mentre Lura avrà una visita supervisionata per una o due ore, in quanto uno psicologo nominato dalla Corte valuterà il piccolo sulle sue interazioni, sia con il padre che la madre in maniera separata, in un periodo di 48 ore. Poi, lunedì 4 giugno,

sarà decisa la custodia del bambino basata sulle osservazioni dello psicologo

Ora, al di là dei genitori e della veridicità o meno delle accuse reciproche,  mi chiedo: ma qual è qui l’interesse superiore del minore? com’è possibile che il piccolo sia preso da una situazione A e messo a sei anni in una situazione B diametralmente opposta, senza una gradualità, un tempo necessario per farlo abituare, e messo subito sotto esame per l’arco di 48 ore, per di più in un contesto da cui è rimasto lontano dai 4 ai 6 anni?

Al di là di chi ha ragione o torto, e se anche i giudici che si sono occupati del caso – a questo punto tutti quanti – avessero preso un clamoroso abbaglio iniziale decidendo prima per la custodia di madre e figlio, e poi invece per il rientro in patria e la domiciliazione temporanea presso il padre, come non si può valutare il rischio del trauma per il minore che non saprà se “amare” più il padre o la madre tra sabato e domenica? e che dire del fatto che tutto ciò avviene in una modalità per cui il piccolo rimarrà separato dal genitore che in questi anni è stato il suo riferimento principale?

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