Come poteva essere un “uomo mite”, uno “buono come il pane”, un padre “amorevole”, come lo hanno descritto la maggior parte dei giornali ostentando profili psicologici di un uomo “distrutto dal dolore” per la separazione dalla moglie, quello che ieri ha fracassato il cranio del figlio di 17 anni che dormiva nel letto di casa sua per vendicarsi bestialmente della moglie che lo aveva messo di fronte all’inevitabilità della separazione dopo l’ennesima lite? Come poteva essere un uomo “pacifico”, uno che decide scientemente di uccidere l’unico figlio che ha, prima di togliersi lui stesso la vita lasciando così alla moglie, che si era assentata dopo l’ennesima litigata, la scoperta dell’orrendo delitto consumato in casa sua?
Quale pace mai potrà ritrovare questa madre, rosa dal rimorso di aver lasciato il figlio in mano al suo aguzzino travestito da padre amoroso? Ieri mattina in una villetta bifamiliare sulle colline di Giaveno, a Torino, Maria Teresa Chiotti, 47 anni, era uscita di casa alle 6: “Vado da mia madre, poi torno a fare colazione con Willy, così la smettiamo di discutere”, aveva detto al marito. Ma quando è tornata, verso le 8, trovando l’uomo morto in cucina, la donna era corsa in mansarda urlando il nome di Willy che giaceva a letto, massacrato a martellate sulla testa. La donna, uscita in stato confusionale giardino, aveva iniziato a gridare: “Mi ha ucciso il figlio!” attirando l’attenzione dei vicini di casa, e poi si era accasciata a terra.
Poche ore prima William Gabriele, 17 anni, aveva finito di vivere, colpito alla testa con un martello da carpentiere per mano del padre, Adriano Maero, commerciante ambulante di 48 anni, che dopo l’atto si era stordito con una boccetta di etere per poi uccidersi con un coltello da cucina. Una storia agghiacciante, che ricorda la vicenda del piccolo Claudio, il bimbo di 18 mesi, buttato nel Tevere in una fredda mattinata e in una Roma coperta di neve, ucciso dal padre che si voleva vendicare della donna che lo aveva lasciato, anche lei, dopo l’ennesima litigata. Violenza in famiglia, violenza domestica, direi una volta per tutte uomini violenti, aggiungendo soltanto che un uomo, per essere violento, non per forza deve essere un delinquente, un tossico, insomma la feccia, perché chi si occupa di violenza domestica e di violenza assistita sa bene che dietro la faccia ben rasata di affermati professionisti, apparenti padri modello, uomini impeccabili e gentili, si può nascondere un uomo violento, che non è un folle ma solo uno che è stato culturalmente educato così.