Luisa Betti Dakli<\/figcaption><\/figure>\nUna manipolazione vera e propria che rispecchiava un\u2019Italia inesistente e che descriveva gli immigrati come responsabili di una violenza che invece all\u201980% si consumava tra le mura domestiche di cui i giornali non davano notizia, perch\u00e9 forse neanche sapevano di cosa si parlasse. Un modo di manipolare la realt\u00e0 del femminicidio (termine che indica tutte le violenze che una donna pu\u00f2 subire nel corso della vita fino alla sua uccisione) che per\u00f2 ha subito un cambiamento negli ultimi 10 anni,<\/strong> grazie al lavoro fatto dalle donne e dalle colleghe, come quello della Rete nazionale delle giornaliste Giulia di cui faccio parte e che in questo momento, insieme alla Federazione Nazionale della Stampa, \u00e8 a Venezia per presentare un manifesto che vuole essere un decalogo per una corretta narrazione della violenza.<\/p>\n<\/div>\n\n
Giornaliste che incontrandosi con i centri antiviolenza, magistrate, avvocate, psicologhe e tutte le operatrici che lavorano sulla violenza, hanno cercato di capire il fenomeno e quindi d\u2019inaugurare un diverso modo di raccontare fatti che fino a quel momento erano raccontatati esclusivamente in maniera morbosa:<\/p>\n
\ncome fossero film horror con particolari raccapriccianti e soprattutto come episodi a s\u00e9 senza nessun collegamento<\/p>\n<\/blockquote>\n
Oggi le cose sono un po\u2019 cambiate e grazie ai blog, alle rubriche e ai luoghi in cui le donne hanno avuto la possibilit\u00e0 di raccontare liberamente la realt\u00e0 della violenza, qualcosa \u00e8 cominciato a muoversi, ma ancora la strada \u00e8 lunga. Ma perch\u00e9 i media sono importanti? Perch\u00e9 chi legge i giornali, vede i tg e i programmi d\u2019informazione sono milioni di utenti, e raccontare in maniera corretta questo fenomeno da parte dei media \u00e8 una concreta forma di prevenzione e contrasto alla violenza<\/strong>, in quanto i media – insieme alla scuola – sono un punto di forza fondamentale per cambiare una cultura che vede ancora la donna su un piano di subalternit\u00e0.<\/p>\nUna cultura raccontata e sostenuta da chi informa che descrive una donna che vivr\u00e0 sicuramente nella sua vita almeno una forma di violenza come un evento ineluttabile provocato per di pi\u00f9 da lei stessa per la sua avvenenza, per la sua natura di provocatrice, per ribellione ai suoi doveri di moglie e di madre,<\/strong> perch\u00e9 ha esasperato il partner, perch\u00e9 lo voleva lasciare, e cos\u00ec via, insomma come se fosse lei la responsabile della violenza subita e non l\u2019uomo che l\u2019agisce.<\/p>\nFatti conditi con diverse attenuanti per l\u2019offender e rendono questi reati idealmente meno gravi o addirittura giustificabili, rappresentati da titoli che chiamano in causa il \u201craptus\u201d, il \u201cmomento di follia\u201d, anche quando un femmicidio avviene dopo anni di violenza domestica,<\/strong> maltrattamenti, percosse, persecuzioni, e magari anche dopo diverse denunce che di fatto non hanno protetto la donna; racconti che non parlano dei retroscena della violenza ma che si fissano su particolari morbosi e tendono a minimizzare un reato che colpisce in Italia 7 milioni di donne.<\/p>\n<\/div>\n\n
\nSi descrive cos\u00ec delitto passionale che non esiste nel nostro codice penale e che travisa quello che invece \u00e8: una donna uccisa perch\u00e9 ha voluto sottrarsi al controllo del partner o dell’ex<\/p>\n<\/blockquote>\n
perch\u00e9 ha cercato di scappare dall\u2019incubo di una violenza domestica che durava da anni, perch\u00e9 non voleva pi\u00f9 essere perseguitata e quindi femminicidi che avvengono non per gelosia ma perch\u00e9 la donna non ha accettato l\u2019esercizio del potere maschile e per questo \u00e8 stata punita. Uomini che per la maggior parte hanno agito portando con s\u00e9 armi – coltelli, pistole, accette \u2013 e che magari avevano sul loro conto gi\u00e0 delle denunce per stalking,<\/strong> per aggressioni, per maltrattamenti e che non possono aver agito in preda a un momento di perdita di controllo. La violenza sulle donne coinvolge pi\u00f9 di<\/p>\n\nun miliardo di donne nel mondo con 700 milioni di matrimoni forzati e 200 milioni di mutilazioni genitali femminili<\/p>\n<\/blockquote>\n
e la forma pi\u00f9 endemica di violenza \u00e8 proprio la violenza domestica che colpisce donne di ogni et\u00e0 e estrazione sociale, e quindi anche donne scolarizzate, con un impiego di responsabilit\u00e0 e socialmente abbienti, un fenomeno complesso che non si pu\u00f2 liquidare con un articoletto di nera<\/strong> ma che deve prevedere una formazione ad hoc per i giornalisti che la narrano che \u00e8 fondamentale per dare un resoconto reale del fenomeno da parte di chi informa.<\/p>\n<\/p>\n
E questo, va detto, non solo perch\u00e9 chi informa deve essere informato, ma perch\u00e9 una narrazione scorretta della violenza provoca danni sulle stesse sopravvissute e chi \u00e8 morta viene uccisa due volte<\/strong>. Un racconto della violenza, che ricalca stereotipi ancora vivi nella nostra societ\u00e0 e che provocano una vittimizzazione secondaria, ovvero provocano una seconda sofferenza per la donna che ha subito violenza.<\/p>\n<\/div>\n\n
\nMa che cosa \u00e8 la vittimizzazione secondaria? \u00c8 quando la donna non viene creduta, \u00e8 la non protezione delle istituzioni<\/p>\n<\/blockquote>\n
quando una donna viene rimandata a casa a fare pace dopo essersi rivolta alle forze dell\u2019ordine , \u00e8 il giudizio nei suoi confronti, \u00e8 mettere sullo stesso piano la donna che si difende e l\u2019uomo che aggredisce, \u00e8 chiedere alla donna \u201cperch\u00e9 non ha chiuso le gambe?\u201d<\/strong> (come ha fatto un giudice canadese che \u00e8 stato rimosso dal suo incarico), \u00e8 far sentire la donna responsabile di quello che ha vissuto, farla sentire una stupida perch\u00e9 si \u00e8 fatta picchiare, \u00e8 non considerare grave la violenza psicologica che invece pu\u00f2 portare al suicidio o all\u2019annullamento di s\u00e9, \u00e8 considerare una sopravvissuta una vittima senza speranza, una demente, o una donna che provoca gli uomini e che quindi quelle botte se le merita, o una ragazza troppo carina per non aspettarsi di non essere violentata prima poi.<\/p>\n<\/div>\n\n
\nIn questi giorni abbiamo letto delle ragazze che hanno denunciato lo stupro a Firenze, interrogate per 12 ore e sottoposte a 250 domande della difesa dei carabinieri<\/p>\n<\/blockquote>\n
<\/strong>ed \u00e8 emerso che a una di loro sia stato chiesto se la sera del fatto portasse le mutande: una domanda che ci offende tutte, che offende tutte le donne e che ci riporta a \u201cProcesso per stupro\u201d degli anni \u201970. Una rivittimizzazione grave che nei media si \u00e8 caratterizzata nel modo in cui si \u00e8 parlato di questi stupri come se fossero delle \u201cbravate\u201d, organizzando salotti tv per chiedere alle ragazze quanto avessero bevuto.<\/strong> Una rivittimizzazione che ha gli stessi effetti di una violenza perch\u00e9 fa sentire la donna responsabile di quello che le \u00e8 accaduto ampliandone il dolore in quanto l\u2019umiliazione viene proposta pubblicamente sotto gli occhi di milioni di spettatori, concorrendo cos\u00ec a sostenere la normalit\u00e0 di quella stessa violenza subita (una bravata) e l\u2019impunit\u00e0 di chi la compie in quanto la colpa,<\/strong> in fin dei conti, \u00e8 sempre di chi ha permesso che accadesse (per\u00f2 tu avevi bevuto), cio\u00e8 la donna.<\/p>\n<\/div>\n\n
\nScrivere \u00abera un padre modello ma ha sterminato la famiglia\u00bb o \u00abera un ragazzo d\u2019oro ma l\u2019ha bruciata viva\u00bb \u00e8 rivittimizzante<\/p>\n<\/blockquote>\n
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Intervistare una sopravvissuta ledendo la sua intimit\u00e0 e scavando nel suo passato, \u00e8 rivittimizzante, come anche intervistare un offender partecipando al suo sentire di uomo tradito, \u00e8 rivittimizzante per la donna che ha subito una violenza da quell\u2019uomo<\/strong>. Creare un circolo mediatico intorno alla violenza invitando personaggi completamente a digiuno, e non le esperte del fenomeno, d\u00e0 un ritorno sbagliato e pu\u00f2 essere rivittimizzante per chi quelle molestie le ha subite perch\u00e9 si sentir\u00e0 al centro di una chiacchiera da bar in cui viene tranquillamente giudicata e magari offesa.<\/p>\nE questo malgrado un ricco codice deontologico in cui ci si richiama alla Tutela della dignit\u00e0 delle persone, alla Tutela del diritto alla non discriminazione, alla Tutela della sfera sessuale della persona, e malgrado l\u2019Ordine dei giornalisti in Italia abbia assunto il decalogo della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) a proposito di violenza sulle donne dove, tra le altre cose, si invitano i giornalisti a \u00abutilizzare un linguaggio esatto e libero da pregiudizi\u00bb<\/strong>, a chiamare le donne non vittime ma \u00absopravvissute\u00bb, a \u00abpermettere alla sopravvissuta di essere intervistata da una donna, in un luogo sicuro e riservato\u00bb,<\/p>\n\n\u00abcollocare la violenza nel proprio contesto\u00bb, utilizzare \u00abinformazioni di esperti, organizzazioni di donne \u00bb, \u00abraccontare la vicenda per intero\u00bb in quanto \u00aba volte i media isolano incidenti specifici e si concentrano sul loro aspetto tragico\u00bb<\/p>\n<\/blockquote>\n
\u00abnon citare i nomi e non identificare i luoghi la cui indicazione potrebbe mettere a rischio la sicurezza e la serenit\u00e0 delle sopravvissute e dei loro testimoni\u00bb. Noi sappiamo che la legge sulla violenza sessuale \u00e8 passata da reato contro la morale a reato contro la persona solo nel 1996 e che il delitto d\u2019onore \u00e8 stato cancellato nel 1981, quindi l\u2019altro ieri, ma sappiamo anche che in Italia sono state varate ottime leggi nel corso degli ultimi anni, tra cui la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la legge 119 che inasprisce le pene della violenza nei rapporti intimi: norme che per\u00f2 non sono rese efficaci dalla loro scarsa applicazione.<\/strong><\/p>\n<\/div>\n