{"id":4599,"date":"2015-03-26T09:02:53","date_gmt":"2015-03-26T08:02:53","guid":{"rendered":"http:\/\/bettirossa.com\/?p=4599"},"modified":"2020-03-04T03:10:38","modified_gmt":"2020-03-04T02:10:38","slug":"federico-ucciso-dal-padre-il-ruolo-dei-servizi-sociali","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2015\/03\/26\/federico-ucciso-dal-padre-il-ruolo-dei-servizi-sociali\/","title":{"rendered":"Federico Barakat ucciso dal padre in visita: il ruolo dei servizi sociali"},"content":{"rendered":"

Federico Barakat \u00e8 stato ucciso a otto anni dal padre nelle stanze dei Servizi sociali di San Donato Milanese durante un incontro protetto, colpito prima con una pistola e poi con 24 coltellate senza che nessuno fosse presente e in grado di proteggerlo malgrado fosse in affidamento ai servizi sociali e malgrado gli incontri fossero vigilati.<\/p>\n

Era il 25 febbraio del 2009 e Federico era in quelle stanze perch\u00e9 un provvedimento del tribunale dei minori aveva deciso che il piccolo dovesse incontrare il padre malgrado fosse stata la madre, Antonella Penati, a rivolgersi al tribunale dei minori per la richiesta di decadenza della podest\u00e0 paterna<\/strong> dopo che il suo ex era ricomparso dal nulla con la pretesa di avere con s\u00e9 il bambino anche con la minaccia.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Ma \u201cper la tutela dello sviluppo del minore e del suo bisogno di crescita\u201d <\/em>– come si legge in una delle sentenze che sono seguite alla denuncia nei confronti degli operatori dei servizi – il tribunale dei minori non prese in considerazioni le istanze della donna, e anzi \u201cnel tentativo di garantire un recupero ed un sereno svolgimento del rapporto tra genitore e figlio<\/em>\u201d,<\/strong> decise di affidare l\u2019esercizio della potest\u00e0 su Federico ai servizi sociali di San Donato Milanese, mettendo cos\u00ec sullo stesso piano un padre inesistente e minaccioso, e una madre accudente che cercava di proteggere se stessa e il figlio.<\/p>\n

Un padre, suicida subito dopo aver colpito il figlio, che fin dalla sua ricomparsa perseguitava Penati e che lei stessa ha in seguito pi\u00f9 volte denunciato come pericoloso per violenze fisiche<\/p><\/blockquote>\n

segnalazioni che non furono mai ascoltate da chi aveva in affidamento il piccolo, che invece ha sempre considerato Penati come una madre inadeguata, troppo ansiosa, quasi un\u2019isterica. Oggi Federico non c\u2019\u00e8 pi\u00f9 ma Antonella Penati rischia tutt\u2019ora, pur avendo perso il figlio proprio perch\u00e9 nessuno ascolt\u00f2 la sua parola, di passare ancora adesso come una visionaria.<\/strong> Ce lo confermano, le sentenze che si sono susseguite in questi anni, in seguito alla denuncia che Penati fece per ricercare le responsabilit\u00e0 di quello Stato che pur prendendosi in carico il figlio, non \u00e8 stato in grado di difenderlo.<\/p>\n

\"Federico
Federico Barakat<\/figcaption><\/figure>\n

Le tre sentenze che sono state emesse dopo che Penati ha chiesto che venisse verificata la responsabilit\u00e0 dello staff che aveva sotto tutela Federico, sono il frutto di tre gradi di giudizio in cui i tre operatori sono stati assolti in primo grado e in Cassazione, mentre la Corte d\u2019appello aveva condannato la psicologa responsabile dello staff, dottoressa Elisabetta Termini.<\/strong> Ma la sentenza del 27 gennaio con cui la Cassazione rigetta la sentenza della corte d\u2019appello di Milano, assolve tutti gli operatori e<\/strong>\u00a0condanna Penati a pagare le spese processuali e rigetta il ricorso fatto dalla procuratrice generale,<\/strong> Laura\u00a0Bertol\u00e8 Viale, per la carenza di motivazione della assoluzione degli altri due (assistente sociale Nadia Chiappa ed educatore Stefano Panzeri), va oltre.<\/p>\n

\"\"Rendendo pubbliche le motivazioni della sentenza emessa dalla commissione presieduta dal giudice Pietro Antonio Sirena in Cassazione, ieri in una sala del comune di Milano, durante la conferenza stampa, la mamma di Federico<\/a> ha detto che si tratta di un vero e proprio \u201coccultamento della verit\u00e0\u201d nei riguardi dell\u2019omicidio di suo figlio, affermando che sebbene \u201cle testimonianze, la ricostruzione, la dinamica che ha portato all\u2019omicidio, siano tutte l\u00ec scritte nero su bianco, alla fine nessuna responsabilit\u00e0 viene attribuita allo Stato<\/strong> e tutto viene ricondotto a una tragica e imprevedibile fatalit\u00e0\u201d, quando \u00e8 chiaro – anche dalle carte – che l\u2019accaduto poteva essere evitato solo se fossero state prese in considerazione le sue numerose segnalazioni.<\/p>\n

\u201cLa psicologa \u2013 dice Penati \u2013 mi minacci\u00f2 che se non avessi ritirato la denuncia nei confronti del padre di Federico, mi avrebbe accusata di alienare il bambino<\/p><\/blockquote>\n

\"\"e che quindi poteva farmi portare via mio figlio. Fatto sta che Federico \u00e8 stato ucciso quando io non c\u2019ero, perch\u00e9 lui sapeva che lo avrei difeso a costo della mia vita\u201d. Un ricatto che suona familiare a molte donne italiane che recandosi al tribunale dei minori o ai servizi sociali per chiedere aiuto e per allontanare e proteggere i propri figli da un partner violento, alla fine si ritrovano costrette a una mediazione<\/strong> – che in caso di violenza domestica \u00e8 vietata \u2013 e messe sullo stesso piano del partner maltrattante, considerato comunque un buon padre anche se violento, e rivittimizzate per l\u2019assoluta impreparazione degli operatori pagati dalle tasse degli italiani, che non riescono a discernere una violenza nei rapporti intimi da una conflittualit\u00e0 di coppia<\/strong>. Donne che, come per Antonella Penati, nell\u2019ignoranza pi\u00f9 assoluta di tutta la letteratura internazionale sul tema ma anche delle leggi del nostro Stato sulla violenza domestica, vengono<\/p>\n

etichettate come \u201cmadri malevole\u201d, inadeguate e pazze che descrivono falsi abusi per togliere il pap\u00e0 ai propri figli<\/p><\/blockquote>\n

e che rischiano la sottrazione dei loro bambini, solo perch\u00e9 si sono \u201cpermesse\u201d di denunciare la pericolosit\u00e0 di un partner violento da allontanare, e che invece spesso viene \u201cimposto\u201d al minore in incontri pi\u00f9 o meno protetti.Il caso Barakat \u00e8 per\u00f2 emblematico su tutti, in quanto quello che emerge in maniera evidente \u00e8 la volont\u00e0: esattamente la volont\u00e0 di non rintracciare la responsabilit\u00e0 e la negligenza dei servizi sociali e dello Stato<\/strong>, che \u00e8 in linea con il mantenimento dello status quo<\/em> italiano in cui sebbene vengano recepiti convenzioni internazionali come la Cedaw <\/a>e la Convenzione di Istanbul <\/a>sulla discriminazione e la violenza sulle donne e sui minori che l\u2019accompagnano.<\/p>\n

\"\"
Antonella Penati<\/figcaption><\/figure>\n

E sebbene le istituzioni insistano nello spingere le donne a denunciare partner violenti promettendo protezione, quello che ancora decide sulla vita delle persone \u00e8 la mentalit\u00e0 arcaica che la parola di una donna valga meno di quella di un uomo, che un uomo violento pu\u00f2 essere comunque un buon padre, che una madre ce denuncia un partner violento \u00e8 una che si inventa le cose,<\/strong> in definitiva che la violenza sulle donne \u00e8 una cosa normale e quindi non degna di nota effettiva. E questo anche di fronte a fatti eclatanti come quello di Federico Barakat. Ma per non riconoscere queste responsabilit\u00e0 ci vuole anche una certa maestria: nella sentenza di primo grado del caso Barakat, s\u2019insiste sul fatto che la potest\u00e0 era rimasta ai genitori<\/strong> e che fosse stato dato al servizio solo l\u2018esercizio di essa, in quella di Cassazione si va avanti e<\/p>\n

si legge che il provvedimento del tribunale dei minori \u201cnon derivava dalla necessit\u00e0 di tutelare l\u2019incolumit\u00e0 fisica del bambino ma dall\u2019esigenza di garantire un adeguato sviluppo del minore con genitori inadeguati<\/p><\/blockquote>\n

e che entro tale confini doveva essere interpretato l\u2019ambito di controllo demandato dall\u2019ente pubblico\u201d, e quindi che \u201cle finalit\u00e0 protettive erano al sostegno educativo e psicologico del bambino, a fronte della esasperata conflittualit\u00e0 della coppia genitoriale\u201d ,<\/strong> contravvenendo cos\u00ec a ogni logica che vuol prendersi cura dell\u2019aspetto \u201cmorale-educativo\u201d di una persona tralasciando quello di base, e cio\u00e8 la sua esistenza fisica.<\/p>\n

\"\"E soprattutto contraddicendo platealmente la Convenzione europea contro la violenza sulle donne e la violenza domestica \u2013 redatta a Istanbul e ratificata dall\u2019Italia in maniera vincolante nel 2013 \u2013 in cui si legge testualmente che \u201cLe Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione;<\/strong> adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l\u2019esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini\u201d (Articolo 31 \u2013 Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza).<\/p>\n

\"\"Un passo che sebbene non fosse \u201clegge\u201d ai tempi dell\u2019omicido Barakat, dovrebbe essere comunque conosciuto e tenuto in considerazione oggi da chi ha deciso e scritto le motivazioni della sentenza di Cassazione, in quanto chiarisce come in un contesto di ipotetico pericolo, il diritto di visita di un genitore non pu\u00f2 sovrastare il diritto all\u2019incolumit\u00e0 fisica dei bambini, sempre e comunque. Un punto che nel ricorso che la signora Penati far\u00e0 alla Corte dei diritti umani di Strasburgo \u2013 come annunciato ieri in conferenza stampa da lei e dal suo legale, avvocato Federico Sinicato \u2013 avr\u00e0 di sicuro il suo peso dato che si tratta di una norma europea vincolante alla luce della quale non si pu\u00f2 non leggere il fatto accaduto,<\/strong> e al quale si potr\u00e0 aggiungere diversi punti: come il non riconoscimento di una situazione di violenza nei rapporti intimi, la rivittimizzazione della signora Penati fatta in maniera grave e reiterata dai responsabili dello staff, il non riconoscimento della violenza assistita da parte di Federico nella dinamica familiare, la mancata valutazione dei fattori di rischio della signora e del figlio, il mancato ascolto della donna e del minore.<\/p>\n

\"\"
Federico Sinicato Avvocato di Antonella Penati<\/figcaption><\/figure>\n

A rimarcare questa mancanza di preparazione delle responsabili del caso, sono le diverse testimonianze rese agli atti ed \u00e8 proprio quella rilasciata da un\u2019altra psicologa in equipe nel centro che fa pensare, in quanto riguardo alla psicologa e all\u2019assistente sociale che seguivano Federico, riferisce come le sue colleghe parlassero solo di \u201cconflittualit\u00e0 e delle minacce che il Barakat faceva alla madre\u201d<\/strong> e di \u201cambivalenza della madre\u201d, dividendo cos\u00ec la pericolosit\u00e0 del Barakat in due sfere non connesse e responsabilizzando la donna della violenza subita<\/strong>, sempre sulla scorta della fantasia che un uomo violento verso una partner non \u00e8 pericoloso verso terzi e che \u00e8 la donna che se la cerca. Ed \u00e8 lo stesso Don Alfredo, prete che sosteneva Penati, a riferire che malgrado la donna avesse chiesto aiuto \u201calle dottoresse Termini e Chiappa, queste oltre a risponderle che erano sue fissazioni, l\u2019avevano spesso vessata e trattata con superficialit\u00e0, (\u2026) dicendole che era stata lei a scegliersi quell\u2019uomo\u201d (testimonianze agli atti).<\/strong><\/p>\n

Sebbene quindi fosse chiaro che il signor Barakat era un uomo violento per le denunce di Penati e sebbene il dottor Parrini del Policlinico di San Donato avesse informato il centro della \u201cpericolosit\u00e0 del Barakat\u201d (testimonianza agli atti), non solo le responsabili non presero provvedimenti all\u2019epoca, ma vengono ancora oggi sostenute e avallate in questa inadempienza dalla Cassazione<\/strong> che non considera questo fatto come grave e dirimente, non facendo riferimento all\u2019ampia letteratura anche giuridica in proposito. In tutte e tre le sentenze non si legge mai la parola violenza malgrado sia una storia che trasuda violenza e che culmina con l\u2019atto finale di uccisione di un figlio da parte di<\/p>\n

un padre che si \u00e8 voluto vendicare su una donna che non riconosceva il suo potere e la propriet\u00e0 del maschio: in completa sintonia con la logica del femminicidio<\/p><\/blockquote>\n

Nelle sentenze si parla invece di \u201cconflittualit\u00e0 di coppia\u201d, dando la responsabilit\u00e0 a entrambi i genitori, tanto che nella sentenza di Cassazione si accenna anche a una mediazione tra i due ipotizzata dal centro: cosa che in caso di violenza in relazioni intime \u00e8 vietata e che invece non viene contestata in nessun modo come comportamento negligente nella sentenza.<\/p>\n

\"\"Come anche, e questo forse pi\u00f9 grave, che sia stata accolta l\u2019istanza della psicologa sul fatto di non poter revocare gli incontri tra padre e figlio che invece, in presenza di situazioni che anche ipoteticamente pericolose non per l\u2019incolumit\u00e0 fisica ma per l\u2019equilibrio psicologico del minore, possono essere revocati in qualsiasi momento anche solo con una refertazione medica sul bambino che non vuole vedere il padre per fondati motivi: come succedeva per Federico che aveva paura di vedere il padre, come testimoniato dal Dottor Mazzonis, che seguiva il piccolo, e che aveva chiesto al centro che \u201cgli incontri tra Federico e il padre fossero rallentati in virt\u00f9 della forte insofferenza e del timore che il minore provava nei suoi confronti\u201d<\/strong> (testimonianza agli atti).<\/p>\n

\"\"Fatti che in quest\u2019ultima sentenza non vengono messi in evidenza ma in cui anzi viene ribadito come non ci fossero, per gli operatori che vigilavano su Federico, \u201ccomportamenti indicativi del malessere derivante dalla relazione con il padre, tali da far scattare in capo la garante il dovere di segnalazione al tribunale dei minori\u201d.<\/strong> Il problema di fondo \u00e8 che queste sentenze sul caso Barakat, sposano in pieno la linea di condotta dei servizi sociali che non viene mai messa in discussione con strumenti adatti, mentre invece \u00e8 stata proprio la miopia, la superficialit\u00e0 e la mancanza di preparazione dello staff del centro che aveva in affidamento il piccolo a determinare una cattiva attenzione. Una superficialit\u00e0 ribadita dal legale di Penati, l\u2019avvocato Sinicato, che proprio ieri ha messo in rilievo come<\/p>\n

nel centro di San Donato Milanese, malgrado sia potuto entrare un uomo con una pistola e un coltello che ha ucciso il figlio, ancora non si sia provveduto a installare un metal detector<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Servizi sociali di San Donato Milanese<\/figcaption><\/figure>\n

Un\u2019impreparazione che non coinvolge solo il centro di San Donato Milanese ma moltissimi servizi sparsi per tutta Italia in cui le donne che cercano un aiuto, ancora troppo spesso trovano l\u2019inizio di un incubo. Il vero nodo della questione,<\/strong> ovvero il mancato riconoscimento da parte delle istituzioni di una violenza nelle relazioni intime in atto da parte dell\u2019uomo, fa perpetuare lo stereotipo dell\u2019uomo che anche se violento \u00e8 un buon padre, e della donna troppo emotiva e ansiosa, e quindi meno credibile dell\u2019uomo.<\/strong> Per questo pi\u00f9 volte ieri si \u00e8 parlato della necessit\u00e0 di una Commissione d\u2019inchiesta bicamerale che valuti il comportamento reale delle istituzioni nell\u2019affrontare oggi sul territorio italiano il contrasto alla violenza contro donne e minori, la reale applicazione delle leggi e delle convenzioni internazionali, il destino di quei bambini che si ritrovano in una situazione di violenza domestica e che vengono costretti ad affidi coatti, messi in casa famiglia e dati in affidamento ai servizi sociali come Federico.<\/strong><\/p>\n

\"\"Una Commissione che in realt\u00e0 \u00e8 stata gi\u00e0 presentata in Senato con un disegno di legge proposto dalla vice presidente Valeria Fedeli, e sottoscritta trasversalmente da tutte le forze e dalla maggioranza delle senatrici, e che non viene ancora discusso ma che in realt\u00e0 sarebbe il primo strumento per verificare mancanze, storture, ingiustizie e negligenze gravi, come nel caso di Antonella Penati. Ma la storia giudiziaria che riguarda Federico Barakat, appare torbida fin dall\u2019inizio per la richiesta di archiviazione della denuncia<\/strong> che la madre fece subito dopo nei confronti dei tre operatori per mancata vigilanza sul bambino, richiesta che fu accolta e che solo in un secondo momento, sotto sollecitazione della parte offesa, fu respinta. Una richiesta d\u2019archiviazione che oggi suona quasi un avvertimento.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Federico Barakat \u00e8 stato ucciso a otto anni dal padre nelle stanze dei Servizi sociali di San Donato Milanese durante un incontro protetto, colpito prima con una pistola e poi con 24 coltellate senza che nessuno fosse presente e in grado di proteggerlo malgrado fosse in affidamento ai servizi sociali e malgrado gli incontri fossero […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":9026,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[24],"tags":[142,286,296,376,467,577,593,1057,1424,1425,1663,1671],"yoast_head":"\nFederico Barakat ucciso dal padre in visita: il ruolo dei servizi sociali - DonnexDiritti<\/title>\n<meta name=\"robots\" content=\"index, follow, max-snippet:-1, max-image-preview:large, max-video-preview:-1\" \/>\n<link rel=\"canonical\" href=\"https:\/\/donnexdiritti.com\/2015\/03\/26\/federico-ucciso-dal-padre-il-ruolo-dei-servizi-sociali\/\" \/>\n<meta property=\"og:locale\" content=\"it_IT\" \/>\n<meta property=\"og:type\" content=\"article\" \/>\n<meta property=\"og:title\" content=\"Federico Barakat ucciso dal padre in visita: il ruolo dei servizi sociali - 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