{"id":4584,"date":"2015-02-25T07:53:00","date_gmt":"2015-02-25T07:53:00","guid":{"rendered":"http:\/\/bettirossa.com\/?p=4584"},"modified":"2020-03-04T06:39:29","modified_gmt":"2020-03-04T05:39:29","slug":"i-bambini-che-lo-stato-italiano-non-protegge","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2015\/02\/25\/i-bambini-che-lo-stato-italiano-non-protegge\/","title":{"rendered":"Bambini che lo Stato non protegge: il caso del piccolo Federico Barakat"},"content":{"rendered":"

Federico Barak \u00e8 stato ucciso a otto anni dal padre nelle stanze dei Servizi sociali di San Donato Milanese durante un incontro protetto. Era il 25 febbraio del 2009 e, come \u00e8 stato pi\u00f9 volte ripetuto in tutti i procedimenti che si sono succeduti in questi anni nei confronti del servizio che lo aveva in custodia, nessuno poteva prevedere una tragedia di questo tipo.<\/p>\n

Eppure \u00e8 successo e Federico \u00e8 stato ucciso nel momento in cui era sotto la protezione di una struttura pubblica, quindi dello Stato italiano, dopo che con un provvedimento del tribunale dei minori era stato deciso, per il bene del piccolo, non solo che Federico dovesse incontrare il padre, per un equilibrato rapporto genitoriale,<\/strong> ma \u00a0che essendo i due genitori inadeguati – anche la madre che fino a quel momento lo aveva cresciuto – fosse posto sotto la tutela dei servizi di San Donato, con collocazione domiciliare materna. Potest\u00e0 che, pur essendo lasciata ai genitori, veniva per\u00f2 esercitata dai servizi \u201cper la tutela dello sviluppo del minore e del suo bisogno di crescita nel tentativo (\u2026) di garantire un recupero ed un sereno svolgimento del rapporto tra genitore e figlio<\/em>\u201d.<\/p>\n

Ma Federico \u00e8 stato ucciso con uno sparo di arma da fuoco e 24 coltellate proprio da quel padre di cui lo Stato voleva garantire una presenza costante nella vita del bambino e per lo sviluppo di una vita equilibrata<\/p><\/blockquote>\n

ma come \u00e8 potuto accadere tutto questo e soprattutto come \u00e8 successo in un ambito garantito come un servizio pubblico? Il padre, che si \u00e8 suicidato subito dopo, ha avuto tutto il tempo di uccidere il figlio e se stesso senza che nessuno potesse intervenire per sottrarre un bambino di 8 anni che lottava contro un uomo di 52: ma dove stava lo staff del servizio che si occupava di garantire la crescita del piccolo Federico<\/strong> e che su di lui aveva\u00a0l’esercizio della potest\u00e0 decisa dal Tribunale, e che quindi doveva provvedere anche alla sua tutela fisica, oltre che psicologica?<\/p>\n

\"\"
Federico Barakat<\/figcaption><\/figure>\n

Secondo la ricostruzione processuale, sia la psicologa che l\u2019assistente sociale che avevano in carico Federico, erano assenti al momento del fatto, mentre l\u2019educatore, che monitorava direttamente gli incontri tra padre e figlio, stava andando a bussare alla porta dell\u2019assistente sociale sotto richiesta del padre di Federico,<\/strong> lasciando cos\u00ec solo quest\u2019ultimo per un lasso di tempo che comunque, data la ricostruzione dei fatti, non pu\u00f2 essere stato un attimo. Come ha ricostruito l\u2019autopsia il bambino avrebbe avuto il tempo di scappare e di tentare\u00a0di sottrarsi alla morte difendendosi con le braccia e con le mani dai fendenti del padre<\/strong>; e quando un medico e uno psicologo sono accorsi sentendo le urla, la scena che hanno riferito era quella di un fatto criminoso che era in gran parte gi\u00e0 attuato, con<\/p>\n

il bambino sotto il corpo dell\u2019uomo che infieriva con gli ultimi fendenti sul corpicino supino sotto di lui, per poi togliersi la vita tagliandosi le vene e colpendosi al ventre<\/p><\/blockquote>\n

Un\u2019aggressione gi\u00e0 compiuta contro la quale neanche il tentativo del medico di allontanare l\u2019uomo con una sedia e poi con l\u2019estintore, ha valso a nulla. Dov’erano quindi l’educatore, la psicologa e l’assistente sociale che avevano in custodia il bambino?<\/strong> Ma soprattutto questo Stato che si era preso in carico Federico, giudicando entrambi i genitori come inadeguati, poteva immaginare che il signor Barak avesse premeditato l\u2019omicidio del figlio portandosi dietro pistola e un coltello di 20 centrimetri?<\/p>\n

\"\"
Antonella Penati<\/figcaption><\/figure>\n

Per i tre gradi di giudizio che sono succeduti in questi anni la risposta \u00e8 no. Dopo questo omicidio la madre di Federico, Antonella Penati, ha denunciato i servizi che avevano in custodia suo figlio per verificarne la responsabilit\u00e0 nelle 3 persone che direttamente avevano sotto la tutela Federico con un mandato da parte del Tribunale dei minori,<\/strong> e che in quel momento erano assenti durante l\u2019incontro.\u00a0Una denuncia che all\u2019inizio \u00e8 stata addirittura archiviata e che poi \u00e8 stata istruita solo per richiesta insistente dell\u2019avvocato della signora Penati: sentenze\u00a0che in primo grado ha assolto tutti e tre gli imputati, in appello ha condannato solo la psicologa responsabile della struttura, e che infine <\/strong><\/p>\n

la Cassazione ha deciso di riportare alla sentenza di primo grado, assolvendo di nuovo tutti coloro che avevano sotto tutela il bambino e dando alla signora Penati addirittura l’onere delle spese processuali<\/p><\/blockquote>\n

Eppure leggendo i documenti del processo e le sentenze, qualcosa non quadra. Come riporta la mamma di Federico, quando il bambino aveva 4 anni, dopo la separazione e dopo un periodo di latitanza, il Barak si ripresent\u00f2 \u201cpretendendo di vedere il bambino\u201d con minacce e persecuzioni. \u201cIo non volevo \u2013 dice Penati – perch\u00e9 era violento, faceva uso di droghe, e soffriva di un disturbo bipolare della personalit\u00e0, ma furono i carabinieri a consigliarmi di richiedere l\u2019affidamento esclusivo visto la pericolosit\u00e0 del padre<\/strong> e per questo mi sono rivolta al Tribunale che ha accolto la mia richiesta ma che per prassi doveva trovare l\u2019avvallo dei servizi sociali territoriali per la verifica del nucleo\u201d.<\/p>\n

\"\"<\/strong><\/p>\n

Dalle carte processuali si deduce infatti che in realt\u00e0 la violenza di Barak era gi\u00e0 emersa chiaramente e che malgrado la richiesta di aiuto della donna, non solo l’uomo fosse rimasto indenne da ogni accertamento da parte dei servizi (sia sulla violenza che sull’uso di droghe) ma che alla fine fosse stata Antonella Penati ad essere stigmatizzata come una donna ansiosa e “sopra le righe”,<\/strong> e soprattutto ostacolante nella ripresa dei rapporti tra padre e figlio,<\/strong> con un processo di rivittimizzazione da parte dello stesso Stato ed esposizione sia della signora che del minore.<\/p>\n

Antonella Penati, essendosi rivolta al tribunale dei minori per tutelare il bambino visto il comportamento del padre, ha sempre insistito sulla pericolosit\u00e0 dell\u2019uomo che l\u2019aveva aggredita pi\u00f9 volte fisicamente<\/p><\/blockquote>\n

\"\"che la pedinava, la minacciava di sottrargli il bambino e la sottoponeva a stalking e che lei stessa aveva denunciato, ma senza mai essere stata ascoltata. Una violenza sottovalutata dai servizi sociali, dal Tribunale e quindi dallo Stato italiano, che ha messo a rischio sia la vita della donna che la vita del bambino, e che invece di difendere l\u2019incolumit\u00e0 delle vittime, le ha esposte in maniera fatale. \u201cQuando ho incontrato la psicologa del servizio da subito si \u00e8 dimostrata contraria alle mie istanze \u2013 dice\u00a0Penati – e mi diceva che il bambino aveva diritto di vedere il padre comunque. Lei sminuiva o ignorava i miei racconti,<\/strong> nonostante tutta una serie di indicatori di rischio per stalking, minacce anche al bambino, denunce per aggressioni a mia madre e a me. Parlava di Pas (sindrome di alienazione parentale, ndr) e diceva Lei discrimina la figura genitoriale\u201d.<\/em><\/p>\n

\"\"Un caso in cui\u00a0la negligenza e la mancata vigilanza del servizio, dovrebbe essere giudicata in maniera ancora pi\u00f9 grave, dato che era chiaro come\u00a0fossero consistenti i fattori di rischio in\u00a0una situazione di violenza domestica attuata da un ex partner. Una situazione incongruente, quella della piena assoluzione dei responsabili del centro, dato che \u00a0si tratta dello stesso Stato italiano che da una parte ratifica la \u201cConvenzione europea contro la violenza sulle donne e la violenza domestica\u201d<\/strong> (in cui tutte queste dinamiche sono molto chiare e vincolanti per il nostro Paese), e dall’altra non riesce a delineare le responsabilit\u00e0 di chi\u00a0non avendo creduto alla donna che denunciava la violenza dell\u2019uomo, etichettandola anzi come \u201cansiosa\u201d o \u201ciperprotettiva\u201d e addirittura \u201cambivalente\u201d, ha esposto Federico a quella stessa violenza che lo ha condannato a morte.<\/p>\n

\"\"Secondo la Convenzione di Istanbul infatti:\u00a0\u201cLe Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione;<\/strong> adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l\u2019esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini\u201d (<\/em>Articolo 31 \u2013\u00a0Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza).
\nE come riporta la testimonianza di un\u2019altra psicologa in equipe nel centro riguardo alla psicologa e all\u2019assistente sciale che seguiva Federico:<\/p>\n

\"borghese\"<\/p>\n

 <\/p>\n

mentre\u00a0il prete, che conosceva bene Penati, confermava che<\/p><\/blockquote>\n

\"don<\/p>\n

Tutte le persone che erano vicine a Penati e a suo figlio hanno infine testimoniato che la donna, a pi\u00f9 riprese, aveva esplicitato i suoi timori riguardo la violenza dell\u2019ex partner, come testimoniano anche le denunce fatte dalle stessa e mai prese in considerazione n\u00e9 dal tribunale dei minori n\u00e9 dai servizi sociali.<\/p>\n

Una sottovalutazione che \u00e8 costata la vita a un bambino di 8 anni solo perch\u00e9 l\u2019uomo ha deciso di uccidere il figlio<\/p><\/blockquote>\n

che non poteva avere con s\u00e9 come fosse un oggetto suo, e quindi in un quadro che rientra nel femminicidio,\u00a0e non la ex compagna. Un omicidio che si \u00e8 potuto consumare solo in un momento in cui il bambino, malgrado tutto, non era sufficientemente protetto e che \u00a0non si \u00e8 verificato in presenza della madre la quale, avendo consapevolezza della violenza dell\u2019uomo, tutelava in tutti i modi se stessa e suo figlio. <\/strong>Una violenza esplicitata dal dottor Parini\u00a0in modo chiaro:<\/p>\n

\"dottor<\/p>\n

 <\/p>\n

e anche dal dottor Mazzonis che seguiva Federico:<\/p><\/blockquote>\n

\"sentenza<\/p>\n

 <\/p>\n

Ma allora perch\u00e9 l\u2019Italia che si preoccupa di ratificare la Convenzione di Istanbul e di stilare un Piano nazionale per contrastare la violenza contro le donne e che due anni fa a varato una legge sulla violenza domestica, non entra nei tribunali dei minori e nei servizi sociali di tutta Italia dove migliaia di bambini vengono sottratti a\u00a0madri che denunciano il partner di violenza domestica e che nel tentativo di separarsi si trovano costrette a un affido condiviso o a incontri forzati attraverso perizie che non poggiano su basi scientifiche ma proprio su quegli stereotipi culturali che il contrasto alla violenza di genere denuncia?<\/strong><\/p>\n

Tribunali\u00a0 che inaudita altera parte procedono mettendo sullo stesso piano il genitore accudente con il genitore maltrattante o violento? Come dimostra il caso di Federico in cui la signora Penati, che aveva cresciuto fino a quel momento da sola il piccolo, \u00e8 stata messa sullo stesso piano di un genitore scomparso, inaffidabile, tossicodipendente e soprattutto violento.<\/strong> Perch\u00e9 le donne che da una parte lo Stato italiano vuole proteggere, vengono poi invece esposte a rischio di vita e di ulteriori violenze da quello stesso Stato che ignora le sue stesse leggi e le sue stesse disposizioni in merito?<\/p>\n

Secondo i dati i bambini che a oggi sono stati posti dai Tribunali italiani temporaneamente fuori dalla propria famiglia d\u2019origine, sarebbero circa 30 mila<\/p><\/blockquote>\n

e di questi moltissimi sono vittime di una ingiustizia senza fine che si consuma dentro i tribunali italiani ai danni dei bambini e delle bambine che lo Stato si vanta di proteggere. Madri che denunciano violenze domestiche e che non vengono credute, sottovalutate, etichettate come \u201cmalevole\u201d, ansiogene, iperprotettive, o addirittura isteriche, e quindi inadatte a crescere i propri figli e per questo punite.<\/strong> Donne che, seppure con un procedimento penale contro il proprio ex per violenze domestiche, si ritrovano poi un tribunale dei minori che impone loro un affido condiviso perch\u00e9 “se anche un uomo \u00e8 violento non significa che non sia un buon padre\u201d, come dimostra infatti il caso di Federico Barak.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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