{"id":4566,"date":"2015-02-08T14:30:58","date_gmt":"2015-02-08T13:30:58","guid":{"rendered":"http:\/\/bettirossa.com\/?p=4566"},"modified":"2021-02-04T00:39:24","modified_gmt":"2021-02-03T23:39:24","slug":"lazione-delle-donne-italiane","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2015\/02\/08\/lazione-delle-donne-italiane\/","title":{"rendered":"La forza delle donne sbarca a Parigi"},"content":{"rendered":"

L\u2019azione delle donne italiane <\/strong>– Nel parlamento italiano attualmente le donne sono presenti al 30% con un salto in avanti del 10% rispetto alla scorsa legislatura, e su 16 ministri sette sono donne. Nella corsa al Quirinale, dopo le dimissioni del presidente della Repubblica Napolitano, sono circolati insistentemente per la candidatura diversi nomi femminili e per la prima volta nella storia della Repubblica italiana<\/strong>, sono state due donne a governare i grandi elettori ricoprendo le pi\u00f9 alte cariche dello Stato: Laura Boldrini come presidente della camera e Valeria Fedeli come presidente del senato (vicaria del presidente Piero Grasso che suppliva al vacante presidente della Repubblica dopo dimissioni di Napolitano). Nel suo discorso inaugurale il nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha usato un linguaggio sessuato rivolgendosi a donne e uomini, ricordando che \u201cil diritto alla Costituzione significa anche garantire (\u2026)<\/strong> che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni\u201d.\u00a0<\/strong><\/p>\n

Se oggi il presidente della Repubblica italiana nomina le donne nel suo primo discorso pubblico \u00e8 grazie alla mobilitazione delle femministe<\/p><\/blockquote>\n

\"Luisa
Luisa Betti – AUTOUR DE LA M\u00c9DITERRAN\u00c9E. La force des femmes – Femme d\u2019Histoire<\/figcaption><\/figure>\n

Donne che hanno lavorato senza tregua, cercando di incidere fortemente nella direzione di un cambiamento culturale ancora in corso e tutto da vedere. Italiane che, dopo anni di sopportazione del modello berlusconiano del \u201cmaschio alfa\u201d e dell\u2019uso e consumo del corpo femminile,<\/strong> si sono organizzate e riunite in diverse reti e hanno dato avvio a un serrato lavoro sui diritti delle donne, scoperchiando quello che c’era sotto l’oggettivizzazione del corpo femminile – che ci ha resi famosi in tutto il mondo tramite la tv – portando a galla la discriminazione e la violenza legate a quegli stereotipi di donna che per antonomasia avrebbe dovuto essere sempre disponibile e pronta all’obbedienza del maschio,<\/strong> individuandola nella forma pi\u00f9 endemica: ovvero la violenza nelle relazioni intime.<\/p>\n

\"\"La violenza contro le donne<\/strong>
\nUno dei pochi meriti di Berlusconi \u00e8 stato quello di esasperare cos\u00ec tanto la cultura machista, tirando fuori il peggio dell\u2019italiano medio, che dopo la scesa in piazza di un milione di donne, c\u2019\u00e8 stato un continuo fiorire di reti e aggregazioni femminili e il dibattito femminista \u00e8 tornato a essere pubblico. Ma \u00e8 stato dopo la presentazione del \u201cRapporto ombra\u201d all\u2019Onu (Cedaw) sulla reale situazione delle donne in Italia – fatto da una rete di associazioni femministe nel 2011 \u2013 che il tema della violenza sulle donne e gli stereotipi ha preso il volo. L\u2019intervento diretto delle Nazioni Unite nel gennaio del 2012<\/strong> ha fatto approdare sul suolo italiano la special rapporteur dell\u2019Onu sulla violenza di genere, Rashida Manjoo, e le successive raccomandazioni sue e del comitato della Cedaw al nostro governo che hanno stimolato un\u2019attenzione che partendo dal femminicidio ha allargato la discussione sugli stereotipi maschili e femminili, sull\u2019educazione alla differenza nella scuola, la rappresentanza delle donne, il rapporto tra donne e potere, la salute, ecc.<\/p>\n

Le giornaliste hanno riportato nella comunicazione ci\u00f2 che succedeva nei centri antiviolenza, divulgando dati corretti sulla violenza e rendendo cos\u00ec pubblico quello che fino a quel momento non aveva spazio nei giornali e telegiornali: a partire dal fatto che in Italia l\u201980% della violenza sulle donne \u00e8 violenza domestica, e che 7 femmicidi sul 10 sono opera di partner o ex partner.<\/strong> Ed \u00e8 cominciato un lavoro comune e trasversale di donne nelle diverse professioni su come affrontare il femminicidio con fitti incontri, tavole rotonde ed eventi pubblici, con il coinvolgimento di donne appartenenti a generazioni anche lontane tra loro. Un\u2019ondata che ha riportato all\u2019attualit\u00e0 i diritti di donne, non pi\u00f9 ridotte solo a \u201cbelle statuine\u201d, e che ha fatto rinascere date come il 25 novembre<\/strong>, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, o l\u20198 marzo, non pi\u00f9 come giorni da ricordare ma come periodi dell\u2019anno in cui sviluppare iniziative sui diritti delle donne. Una pressione trasversale, anche sulle istituzioni, che nel maggio del 2013, ha portato l\u2019Italia a essere uno dei primi Paesi a ratificare l\u2019importante Convenzione europea sulla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul 2011).<\/p>\n

\"\"Le istituzioni<\/strong>
\nIl richiamo e il battage \u00e8 stato tale che nella legislatura in corso ci sono state figure istituzionali che hanno risposto a questo richiamo delle donne in maniera importante: la presidente della camera Boldrini ha stimolato in ogni sua dichiarazione un uso del linguaggio non sessista chiedendo esplicitamente di essere chiamata signora presidente e non signor presidente, e attirando su di s\u00e9<\/strong> attacchi\u00a0misogini e vere aggressioni\u00a0sessiste anche sul web – minacce a cui molte femministe sono sottoposte nel momento in cui fanno informazione su questi temi <\/strong>–\u00a0rendendo pubblica\u00a0cos\u00ec \u00a0la forte discriminazione delle donne in Italia; mentre la vicepresidente del senato, Valeria Fedeli, ha tra le altre cose presentato un disegno di legge per istruire una commissione d\u2019inchiesta sull\u2019efficienza dello Stato nel contrasto alla violenza sulle donne e sui bambini sottratti alle mamme dai tribunali italiani, che per\u00f2 \u00e8 fermo.<\/p>\n

\"\"
Josefa Idem<\/figcaption><\/figure>\n

Ma \u00e8 stata l\u2019ex ministra delle pari opportunit\u00e0, Josefa Idem, che ha messo in atto una innovazione che le \u00e8 costata la poltrona. Idem, il giorno dopo il suo insediamento di due anni fa, ha convocato tutte le associazioni di donne (pi\u00f9 di cento) che lavorano sulla violenza, avviando cos\u00ec un vero dialogo, come mai era stato fatto prima in Italia, tra le istituzioni e la societ\u00e0 civile. Sulla base di queste richieste aveva poi formato una task force ministeriale e dei tavoli con le associazioni delle donne, in cui lei stessa si sarebbe fatta garante nel creare un ponte tra le richieste delle donne e lo Stato su un problema che il movimento aveva portato a galla con un approccio a 360 gradi<\/strong>: dalla giustizia, alla formazione, la prevenzione, la salute, la protezione, la trasformazione culturale, l\u2019educazione, la scuola, ecc, sulla base della Convenzione di Istanbul.<\/p>\n

Un approccio che le \u00e8 costato caro. Poco prima che si insediassero i tavoli, \u00e8 iniziato nei confronti nella ministra un vero e proprio linciaggio mediatico che mettendo al centro l\u2019affaire<\/em> amministrativo riguardo la palestra e la casa di sua propriet\u00e0 a Ravenna, che riguardava poche migliaia di euro di tasse, la ministra \u00e8 stata fatta passare come una \u201cfurbetta\u201d che voleva truffare lo Stato.<\/strong> E proprio nel Paese che Berlusconi ha governato per 20 anni tutelando i suoi affari personali in maniera plateale anche attraverso leggi ad personam<\/em>, questa donna si \u00e8 vista coperta di fango, con una persecuzione e una violenza mediatica che, insieme a un isolamento senza precedenti all\u2019interno del suo stesso partito (il PD), l\u2019ha portata alle dimissioni.<\/p>\n

Ed \u00e8 stato qui che abbiamo avuto la certezza che il governo aveva paura di quello che facevamo<\/p><\/blockquote>\n

Dopo aver varato un \u201cdecreto sicurezza\u201d con all\u2019interno alcune norme per il contrasto alla violenza sulle donne che ha fatto discutere ampiamente il movimento femminista<\/strong> perch\u00e9 incompleto e soprattutto perch\u00e9 usato come passepartout<\/em> per far passare norme di controllo sociale altrimenti impopolari, n\u00e9 il capo del governo Letta n\u00e9 l\u2019attuale premier Renzi, hanno pi\u00f9 nominato una ministra delle pari opportunit\u00e0 che potesse concludere quel lavoro cos\u00ec come era stato iniziato.<\/strong> In particolare il precedente presidente del consiglio, Letta, ha dato la delega alla viceministra del lavoro, Cecilia Guerra, la quale sotto il diktat del presidente si \u00e8 vista bene dal convocare tutte le associazioni invitando ai tavoli soltanto alcune (e non sempre rappresentative), dando il via a una consultazione parziale che ha spaccato lo stesso movimento che fin a quel punto, sebbene con differenze e contrasti, era proceduto insieme. Associazioni che, seppur sedute a quei tavoli, hanno denunciato di non essere state ascoltate nella maniera in cui speravano.<\/strong><\/p>\n

Renzi, che ha promosso alcune figure di donne come le ministre nominate da lui, si \u00e8 per\u00f2 tenuto la delega alle pari opportunit\u00e0<\/strong> nominando una consigliera, la deputata Giovanna Martelli, senza autonomia decisionale, su un Piano antiviolenza che \u00e8 stato pubblicato online nel tentativo di colmare l\u2019errore della partecipazione del basso, ma con l\u2019unico risultato di essere bersaglio di troll e di commenti offensivi.<\/p>\n

\"\"Stereotipi<\/strong>
\nIn un Paese come l\u2019Italia dove, secondo il rapporto del\u00a0World Economic Forum,<\/em>\u00a0siamo al 69\u00b0 posto nel Gender Gap, la discriminazione delle donne \u00e8 ancora sostenuta da una cultura assuefatta da quegli stereotipi che sono alla base stessa della violenza sulle donne. Secondo dell’Eures, Istituto di Ricerche Economiche e Sociali,<\/strong> in Italia ci sono una vittima di femmicidio ogni due giorni e 7 femmicidi su 10 sono compiuti tra le mura domestiche con un aumento del 14% tra il 2012 e il 2013.<\/strong>\u00a0Eppure il femminicidio, malgrado sia considerato ormai ampiamente come una violazione dei diritti umani, in Italia \u00e8 ancora percepito come \u201cmeno grave\u201d rispetto ad altri reati sia dall\u2019opinione pubblica che da molte istituzioni, e la volont\u00e0 di risoluzione non \u00e8 reale perch\u00e9 anche il Piano antiviolenza appare, cos\u00ec com’\u00e8, inadeguato e insufficiente. Secondo una ricerca della onlus WeWorld-Intervita (report\u00a0\u201cRosa shocking. Violenza, stereotipi\u2026 e altre questioni del genere\u201d), 1 Italiano su 5 \u00e8 convinto che se le donne non indossassero abiti provocanti non subirebbero violenza, che denigrare una donna non \u00e8 una violenza, e per 1 italiano su 3 la violenza domestica \u00e8 prima di tutto una cosa che deve essere risolta in famiglia.<\/strong><\/p>\n

Sottovalutazione, quella della violenza sulle donne, e stereotipi di genere che sono presenti in troppi tribunali italiani dove i giudici stentano a riconoscere la violenza scambiandola per conflittualit\u00e0<\/p><\/blockquote>\n

e rivittimizzando la donna che denuncia, colpevolizzandola indirettamente come responsabile della violenza che subisce, grazie al pregiudizio per cui la parola di una donna vale meno di quella di un uomo.<\/p>\n

\"\"Donne e potere<\/strong>
\nA oggi, e malgrado la forza del movimento delle donne italiane, lo Stato italiano fatica a recepire completamente i messaggi della societ\u00e0 civile che lavora ogni giorno in questi ambiti e che, come riconosciuto da enti internazionali e dall\u2019Onu, \u00e8 pi\u00f9 avanti delle istituzioni stesse e che per questo dovrebbe essere pi\u00f9 ascoltata.
\nUn altro tipo di risultato ha invece avuto l\u2019informazione in cui \u00e8 aumentata l\u2019attenzione al linguaggio e al trattamento di argomenti che riguardano il femminicidio, anche se siamo ancora lontani dall\u2019obiettivo. Informazione che oscilla<\/strong> tra chi racconta il fatto indugiando su aspetti morbosi usando ancora parole come raptus o delitto passionale, e chi invece incoraggia una narrazione differente, soprattutto attraverso blog e rubriche dove le giornaliste hanno creato una certa autonomia, parallela all\u2019informazione ufficiale.\u00a0E questo anche perch\u00e9 nei media, malgrado la presenza femminile nelle redazioni, i ruoli di responsabilit\u00e0 vengono assegnati inequivocabilmente a uomini: un dato fondamentale se si pensa che chi decide cosa mettere in pagina, su una testata, sono i direttori o i capiredattori centrali.<\/p>\n

Secondo l\u2019Osservatorio di Pavia solo il 14% delle donne occupa i vertici nei giornali<\/p><\/blockquote>\n

In politica, anche se abbiamo 7 ministre, a livello regionale e dei comuni in Italia solo il 19,7% dei ruoli elettivi o di nomina sono al femminile, mentre per le posizioni chiave – Quirinale, Province, ministeri, parlamento, Regioni, giunte e consigli comunali – il 79,27% degli incarichi \u00e8 in mano agli uomini, contro il 19,73% delle donne. Nei consigli regionali su un totale di 1.065 rappresentanti di tutta Italia: 919 sono uomini e 146 sono donne, e le donne presidenti sono solo il 10%. Analizzando la composizione del parlamento, se la percentuale di donne \u00e8 passata dal 30% sul totale dei deputati e senatori, solo 16% ricopre i ruoli pi\u00f9 importanti come capogruppo, presidente di commissione, ufficio di presidenza<\/strong>; mentre nel governo, se si prende in considerazione viceministri e sottosegretari, si arriva al 27% di donne.
\nE anche se la presenza nei ruoli chiave di donne che portano avanti politiche per le donne non basta (molte ancora cadono nell\u2019omologazione maschile o nell\u2019obbedienza al capo maschio), e anche se rimane la critica femminista a un modello (maschile) che strutturalmente \u00e8 fallimentare, \u00e8 anche vero che<\/p>\n

oggi le donne italiane non vogliono pi\u00f9 essere discriminate n\u00e9 messe da parte ma vogliono decidere, e non solo sulle politiche di genere, con gli uomini che finalmente si dovrebbero mettere in ascolto<\/p><\/blockquote>\n

\"\"Lavoro<\/strong>
\nIn Italia il\u00a0tasso di occupazione femminile\u00a0non raggiunge lo standard europeo fissato al 60% e le donne occupate tra i 15 e i 64 anni \u00e8 del 46,5%, un\u2019occupazione che cala al 38% con l\u2019arrivo di un figlio e arriva al 15,7% in caso di due figli. Donne che con il jobs act (la nuova legge del presidente Renzi sul lavoro) saranno ancora pi\u00f9 esposte nel momento in cui avessero la malaugurata idea di procreare e alle quali il presidente ha pensato di regalare 80 euro al mese per qualche anno.<\/strong> Ma risolvere la crisi dei paesi riportando le donne a casa a fare i lavori di cura in un contesto che ha ormai reso quasi inesistente il welfare, \u00e8 il sogno di molti premier che cos\u00ec risparmierebbero soldi da investire in strutture e toglierebbero di mezzo donne per tirare fuori miracolosamente nuovi posti di lavoro.\u00a0Una manovra, quella di Renzi sul lavoro, che attraverso i nuovi contratti brevi non dar\u00e0 alcuna garanzia di stabilizzazione <\/strong>e consentir\u00e0 ai datori di lavoro di non ricorrere alle dimissioni in bianco o indagare sulle intenzioni procreative, perch\u00e9 baster\u00e0 fare contratti brevi non rinnovandoli alla scadenza in caso di gravidanza.<\/p>\n

\"\"Salute<\/strong>
\nPer quanto riguarda poi il diritto alla salute e all\u2019interruzione di gravidanza volontaria, in Italia la legge 194 subisce attacchi continui e su questo la presenza dei movimenti cattolici \u00e8 determinante, e mette in pericolo la sua applicazione dato che oltre l\u201980% dei ginecologi \u00e8 obiettore di coscienza<\/strong> e le donne respinte dalle strutture che ricorrono all\u2019aborto clandestino con interruzioni illegali sono calcolate dal ministero della Sanit\u00e0 intorno alle ventimila: una cifra che ma che in realt\u00e0 si aggira sui 40\/50 mila.\u00a0Ma l\u2019autodeterminazione riguarda anche come mettere al mondo un figlio o una figlia nel momento in cui la donna lo decide, e su questo in Italia \u00e8 finalmente approdato un interessante dibattito che sta crescendo intorno al parto, o meglio all\u2019autodeterminazione su come partorire<\/strong>: un tema che mette in discussione l\u2019apparato di controllo istituzionale degli ospedali sulla donna che partorisce e che, ancora oggi, sottrae a lei il potere decisionale con vere e proprie torture come l\u2019essere legate a letto o\u00a0il taglio alla vagina.<\/p>\n

Conclusione<\/strong>
\nI temi della libert\u00e0 di scelta, autodeterminazione, discriminazione in ogni ambito pubblico e privato, pari opportunit\u00e0 sul lavoro, il femminicidio, la rottura degli stereotipi a partire dal linguaggio e dall\u2019educazione, la trasformazione radicale della cultura patriarcale e paternalistica, il confronto con una gestione femminile del potere, la salute riproduttiva, il welfare: rimangono i punti fondamentali del dibattito femminista italiano che se da una parte \u00e8 riemerso in maniera forte e pubblicamente,<\/strong> dall\u2019altra si sta scontrando con istituzioni che tendono pi\u00f9 a contenere che ad ascoltare, ma anche con una rigidit\u00e0 interna del movimento stesso che tende, in questo momento, a individualizzare e a spezzettarsi, perdendo cos\u00ec di vista l\u2019obiettivo principale. Fattori che stanno pericolosamente facendo abbassare il livello di guardia.<\/p>\n

________________________________________________________________________<\/p>\n

Intervento di Luisa Betti alla la tavola rotonda organizzata dalle Femmes d\u2019Histoire all’interno della Conferenza “Intorno al Mediterraneo.<\/strong> La forza delle donne” a Parigi, e moderato dalla giornalista St\u00e9phanie Duncan, con Maria Al Abdeh (Siria), Pinar Selek (Turchia), Faouzia Farida Charfi e Nadia Khiari (Tunisia), che si \u00e8 svolto ieri al Palais des Congr\u00e8s et de la Culture di Le Mains (Parigi). All’evento hanno partecipato anche Nicole Ballon (Francia), Sonia Dayan-Herzbrun e Nora Hamdi (Algeria).<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

L\u2019azione delle donne italiane – Nel parlamento italiano attualmente le donne sono presenti al 30% con un salto in avanti del 10% rispetto alla scorsa legislatura, e su 16 ministri sette sono donne. 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