{"id":4485,"date":"2014-12-17T10:09:56","date_gmt":"2014-12-17T10:09:56","guid":{"rendered":"http:\/\/bettirossa.com\/?p=4485"},"modified":"2021-02-04T01:10:58","modified_gmt":"2021-02-04T00:10:58","slug":"perche-la-violenza-maschile-sulle-donne-prevede-una-vittima-e-un-offender","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2014\/12\/17\/perche-la-violenza-maschile-sulle-donne-prevede-una-vittima-e-un-offender\/","title":{"rendered":"Non credere di avere diritti"},"content":{"rendered":"

C’era una volta un libro che si chiamava “Non credere di avere diritti” della Libreria delle donne di Milano (Rosenberg & Sellier<\/a><\/b>) che spiegava come inseguire l’uguaglianza tout court<\/em> significasse per le donne rimanere subalterne all’ordine patriarcale: un libro che elencando le conquiste fatte fino a quel momento (1987), spiegava che l’emancipazione senza un cambiamento strutturale della societ\u00e0 basata su un potere maschile,<\/strong> non era sufficiente a cambiare\u00a0la condizione delle donne in maniera profonda: conquiste che, sebbene ne avessero migliorato le condizioni di vita, non avevano intaccato quello che era, e continuava a essere, il nodo del potere maschile e il suo esercizio.<\/p>\n

\"\"Un titolo che riprendeva un\u2019annotazione di Simone Weil del 1941 in cui esortava a non puntare su una politica di rivendicazioni ma a tenere aperto l\u2019orizzonte del diritto e della giustizia, scrivendo: \u201cNon cre\u00addere di avere dei diritti. Cio\u00e8, non offu\u00adscare o\u00a0defor\u00admare la giu\u00adsti\u00adzia, ma non cre\u00addere che ci si possa legit\u00adti\u00adma\u00admente aspet\u00adtare che le cose avven\u00adgano in maniera con\u00adforme alla giu\u00adsti\u00adzia; tanto pi\u00f9 che noi stessi siamo ben lungi dall\u2019essere giu\u00adsti\u201d.<\/strong> Diritti sui quali sempre Luisa Muraro, in \u201cTre lezioni sulla differenza sessuali e altri scritti\u201d<\/strong> (Orthotes Editrice, 2011) e rileggendo \u201cLe tre ghinee\u201d di Virginia Woolf , avverte come\u00a0sulla \u201cproblematica dei diritti, cio\u00e8 la politica come noi la vogliamo, non basata sui diritti ma sulla libert\u00e0 e sulla forza che pu\u00f2 venire dai rapporti tra donne\u201d, \u201cil supremo diritto conquistato dalle donne \u00e8 quello di poter vivere senza dipendere dal rapporto personale con questo o con quell\u2019uomo: padre, marito, figli”.<\/p>\n

\u201cBasarsi sui diritti \u00e8 un fondamento precario, per Virginia Woolf \u00e8 necessario che non ci sia dipendenza materiale da un uomo\u201d<\/p><\/blockquote>\n

in quanto se \u201ci diritti hanno spesso questo statuto di cose concesse e ritirabili\u201d, \u201cil diritto a guadagnarsi da vivere, Virginia Woolf \u00e8 sicura che le donne non se lo faranno portare via\u201d, e quindi “Altri diritti non servono\u201d. Ma siamo sicure che sia ancora cos\u00ec? O siamo tornate un po’ indietro? \u00c8 vero che le donne hanno acquisito il diritto supremo a non dipendere da nessuno ma \u00e8 anche vero che nel tempo questo diritto \u00e8 stato intaccato pesantemente e, tra spinte e controspinte, non ha comunque risolto quella discriminazione basata su un rapporto sbilanciato tra i sessi che essendo espressione concreta della violenza maschile nel suo esercizio del potere,<\/strong> respinge con forza e combatte in prima linea (e con strumenti propri di un potere coercitivo) quella libert\u00e0 delle donne di cui parlava Woolf. Insomma, le donne, grazie a questo diritto supremo, sono diventate libere davvero?<\/p>\n

\"\"Anna Simone in \u201cSessismo democratico\u201d<\/strong> avverte chi pensa che le donne siano ormai libere di costruire pensieri, opinioni, storia, ridisegnando la mappa di un potere<\/strong> \u201cal femminile\u201d, si sbaglia perch\u00e9 le libert\u00e0 acquisite negli ultimi 30 anni non sono bastate a rendere le donne soggetti, e quindi agenti, in un quadro di potere che ripropone \u201crigide ripartizioni che, a loro volta, generano procedure di esclusione e interdetti orientati ad assimilare la costruzione stessa dei discorsi alla funzionalit\u00e0 del sapere-potere\u201d (Foucault). Un potere che decide in base a parametri di scelta che confermano un diretto sostegno al potere stesso. Simone spiega come il potere maschile \u201cdemocratico\u201d usi il corpo femminile,<\/strong> comprendendo al suo interno le conquiste delle donne in questo ultimo scorcio di secolo e piegandole docilmente a nuovi (vecchi) stereotipi in cui sono comunque rintracciabili i tre grandi filoni: del femminile (cura e protezione), del femminino (femme fatale mangiatrice di uomini) e del femminismo (donne esigenti e rompiscatole).<\/strong> Il neo-patriarcato usa cos\u00ec la stessa libert\u00e0 femminile a fini strumentali facendo del corpo delle donne, adesso come prima, una tavola su cui \u00e8 sempre l\u2019uomo a spostare le pedine: un “ritorno al patriarcato sotto nuove vesti”<\/strong> con una strumentalizzazione che non \u00e8 sempre chiara neanche alle donne pi\u00f9 consapevoli.<\/p>\n

Su questo terreno si muove un sessismo che, democraticamente, mentre con una mano accarezza i nuovi ruoli che le donne hanno faticosamente conquistato, impartisce posizioni, differenziazioni, caselle che nulla hanno a che vedere con la libert\u00e0 delle donne. Una riflessione che conferma la precariet\u00e0 dei diritti e della pura rivendicazione della Libreria delle donne e di Luisa Muraro,<\/strong> mettendo in guardia le donne stesse, nel quadro di quei diritti acquisiti ma regolamentati dal potere maschile, rispetto a una vera e libera indipendenza basata su una reale autodeterminazione delle donne. <\/strong><\/p>\n

\"\"Riflessione che suggerisce un pensiero anche sullo stato attuale, compreso l\u2019erosione sostanziale di quel diritto supremo dell\u2019indipendenza che nella realt\u00e0 vede le donne sempre pi\u00f9, e oggettivamente, messe in una condizione di esclusione acuita da esigenze legate a una crisi economica<\/strong> in cui sono loro le prime a essere messe alla porta: il tutto accompagnato dal ripristino anche teorico, dello stereotipo della donna che sta a casa e fa figli, con un attacco plateale anche a quei diritti che pur non essendo risolutivi, hanno permesso una vita diversa a moltissime donne.<\/p>\n

la questione dei diritti non \u00e8 sovrapponibile a quella della libert\u00e0 e autodeterminazione<\/p><\/blockquote>\n

come \u00e8 fuori discussione che le conquiste delle donne nel corso degli ultimi due secoli siano comunque state regimentate da un potere maschile al fine di renderle il meno eversive possibili – e che ha continuato a esercitare le sue forme di violenza che vanno dalla discriminazione fino alla soppressione fisica. Detto ci\u00f2 \u00e8 pur vero che quei diritti, rivendicati e conquistati, sono stati e continuano a essere una base importante per affermare bisogni fondamental<\/strong>i: come il diritto all\u2019aborto, quello dell\u2019indipendenza economica con parit\u00e0 di salario e di mansioni, fino al diritto di vivere una vita libera dalla violenza maschile, e di esprimere una sessualit\u00e0 e un diritto all\u2019autodeterminazione a partire dal proprio corpo.<\/strong><\/p>\n

\"\"Desideri e bisogni senza i quali sarebbe difficile pensare di costruire anche il resto, e che malgrado non siano l\u2019obiettivo primario per una reale affermazione di libert\u00e0, sono oggi rimessi gravemente in discussione, e quindi affatto scontati, come dimostra l\u2019attacco globale alla salute delle donne, il tentativo dei governi di gestire una crisi economica intaccando il diritto al lavoro delle donne stesse cercando di<\/strong> rimandarle a casa a fare figli e ai lavori di cura con un grosso risparmio anche in materia di welfare<\/strong>, fino al tentativo di arginare la violenza in maniera paternalistica, ma soprattutto inefficace, senza affrontare il vero nodo (culturale) di una societ\u00e0 che condona la violenza maschile come un ingrediente normale nella vita di una donna.<\/p>\n

Diritti che hanno permesso e permettono a molte donne di affrontare un percorso personale di autodeterminazione e di superamento di condizioni fortemente discriminate, in un contesto dove la disparit\u00e0 dei rapporti di potere tra uomini e donne \u00e8 ancora vivo e abbraccia tutti i luoghi del mondo<\/strong>, nessuno escluso, compresi anche quei paesi che hanno raggiunto una certa parit\u00e0 sul piano sociale e politico (che dimostrano che la strada da fare \u00e8 ancora lunga e tortuosa).<\/p>\n

\"\"La violenza maschile sulle donne, che attraversa tutti i luoghi del Pianeta senza distinzione di et\u00e0, classe sociale, cultura e religione, diventa cos\u00ec paradigma per saggiare la vera condizione delle donne nella realt\u00e0 che in finale si concretizza in una estesa, quanto strutturale, discriminazione del genere femminile che, da un minimo di esclusione a un massimo di soppressione fisica (femminicidio)<\/strong>, e con diverse forme, \u00e8 presente ovunque nel mondo con stereotipi che permeano trasversalmente ogni essere umano. La violenza maschile diventa cos\u00ec la cartina di tornasole sulla vera condizione delle donne – anche di quelle che pensano di non averla mai vissuta in nessuna forma – e rappresenta bene il terreno su cui ci muoviamo e in cui le donne fanno molta pi\u00f9 fatica a vivere<\/strong>: un panorama cos\u00ec pervasivo da sembrare quasi impossibile ma che presenta un fenomeno planetario di discriminazione profonda che va dalla violenza domestica\u00a0–\u00a0presente in tutto il mondo come\u00a0la forma pi\u00f9 pervasiva<\/strong> – alle mutilazioni genitali, fino alla schiavit\u00f9 sessuale, la tratta, i matrimoni precoci e forzati, il gendercidio, lo stupro di guerra, e cos\u00ec via. Situazioni concrete che nessuna di noi, purtroppo, si inventa per il piacere di narrare donne vittime di violenza:<\/p>\n

una violenza a cui anche donne vincenti non sono esenti<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Morten Kj\u00e6rum<\/figcaption><\/figure>\n

Come indicato dalle statistiche di Morten Kj\u00e6rum,\u00a0Direttore dell\u2019Agenzia dell\u2019Unione europea per i Diritti fondamentali, in Europa non solo il lavoro ma anche un alto grado di istruzione e un posto da manager o una posizione sociale di rilievo con posti apicali, cio\u00e8 neanche la totale autonomia e quel diritto supremo di indipendenza, rende le donne immuni dalla violenza<\/strong> che, anzi, in luoghi come questi si esprime a volte in maniera pi\u00f9 brutale.<\/strong> Cosa c\u2019\u00e8 di meglio che sottomettere una donna indipendente e autorevole per ribadire la supremazia del potere maschile? Donne che pur non appartenendo allo stilema di vittima, vengono devastate da questa violenza che spesso sfiora la tortura.<\/p>\n

Giorni fa TK Brambilla<\/a> scriveva fa sul sito della Libreria delle donne che \u201cI centri antiviolenza ci raccontano infatti che vittime di violenza maschile tra le mura domestiche sono anche donne che potremmo chiamare \u201cvincenti\u201d,<\/strong> donne che hanno studiato, che occupano posti di lavoro di rilievo, donne che si muovono nel mondo con coraggio. E magari \u00e8 proprio questo loro volere essere libere a scatenare la violenza degli uomini che non accettano la libert\u00e0 femminile.<\/p>\n

Sappiamo che il momento di maggiore rischio per le donne \u00e8 quando vanno via<\/p><\/blockquote>\n

A scatenare la peggiore violenza \u00e8 la forza di quelle donne, non la loro presunta debolezza.\u00a0L\u2019ingiustizia esiste, le donne ne sono vittime in tutto il mondo e non \u00e8 occultandola che si d\u00e0 risposta alla richiesta di giustizia.<\/strong> Una donna vittima di violenza maschile che si mostra, che rifiuta la vergogna che su di lei ha da sempre gravato e esce dal silenzio, non mostra la miseria femminile ma quella maschile\u201d.<\/p>\n

\"\"“I condizionamenti culturali, sociali e economici, la paura, la perdita di autostima e l\u2019isolamento determinati dalla violenza” non sono quindi fattori secondari, e sono questi stessi fattori, e non la loro narrazione, a determinare una vittima di un sopruso, di un abuso, di una violenza<\/strong>: fattori del tutto oggettivi e non soggettivi di cui la donna non \u00e8 responsabile a causa di\u00a0un profilo psicologico deviato\u00a0ma in quanto\u00a0prodotto oggettivo di una societ\u00e0 discriminante a tutti i livelli. Dire\u00a0che esiste una donna forte (che vince) e una donna debole (che perde), non solo \u00e8 falso ma significa fare il gioco del patriarcato perch\u00e9 \u00e8 proprio quello che gli uomini vorrebbero far passare\u00a0scaricandosi la coscienza da una responsabilit\u00e0 che, in materia di violenza e di discriminazione di genere, riguarda invece proprio loro e l\u2019immaginario imposto in nome di una superiorit\u00e0 basata solo su un pregiudizio e uno stereotipo, ovvero culturale.<\/p>\n

Sfido chiunque a portarmi una donna che sceglie consapevolmente di vivere una violenza per fare la vittima<\/p><\/blockquote>\n

Ma c\u2019\u00e8 di pi\u00f9, perch\u00e9 proprio chi sbandiera questa falsa superiorit\u00e0 \u201ctra donne migliori e donne peggiori\u201d apre la voragine della vittimizzazione: queste donne perch\u00e9 si sentono \u201cvittime\u201d? vogliono essere consolate? Fanno finta? Sono delle perverse? O magari sono pazze, come vengono accusate da perizie psicologiche quando un tribunale sta per sottrarre loro i figli perch\u00e9 hanno denunciato il marito per violenza domestica<\/strong>. Un atteggiamento che, questo s\u00ec, rivittimizza le donne che non solo hanno difficolt\u00e0 a uscire da una situazione di violenza per inefficienza dello Stato e la pesantezza dei fattori oggettivi, ma che non \u00e8 supportata neanche dal pensiero femminista che dovrebbe stare al suo fianco e in prima linea: non vittimizzando ma raccontando quello che succede in maniera oggettiva e fornendo analisi approfondite.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Sono teorie che, negando\u00a0il dato oggettivo della violenza – che in quanto tale presuppone una vittima e un offender per la natura stessa del rapporto di forza e di ricatto che si viene a creare – e disconoscendo lo status di vittima, creano la rivittimizazzione.<\/strong> Teorie che mancano di una base fondamentale: un rapporto diretto con la realt\u00e0, la realt\u00e0 fatta di carne e ossa di quelle donne che con molta fatica hanno il coraggio di denunciare un uomo violento, che magari hanno in casa e che \u00e8 anche il padre dei loro figli,<\/strong> da cui dipendono anche economicamente, e che in un sistema patriarcale come questo si alzano e reagiscono a rischio della propria vita in un contesto che non sempre le sostiene, a partire dai tribunali stessi.<\/p>\n

\"\"Dire quindi che la vittima si riduce a \u201cfare la vittima\u201d <\/strong>ed \u00e8 tale perch\u00e9 non reagisce e non si difende operando cos\u00ec la propria autodeterminazione, \u00e8 non solo ignoranza sul fenomeno reale ma anche un\u2019offesa a tutte quelle donne che, al di l\u00e0 della differenza sociale, culturale, religiosa e di et\u00e0, subiscono violenza maschile e sono anche morte per questo. Vai a dire a una donna che \u00e8 stata sfigurata con l\u2019acido in faccia che fa la vittima, ma diglielo guardandola negli occhi (se ancora ci vede). Anche in questo caso, in materia di violenza maschile contro le donne, siamo quindi di fronte a una sottovalutazione del problema che sminuisce la portata oggettiva del fenomeno<\/strong> riducendolo a un fatto di autodifesa personale della donna stessa e che non mette in campo nessuna riflessione spazzando via secoli di pensiero femminista sull\u2019autodeterminazione<\/strong>, alleandosi da una parte con la cattiva coscienza maschile (la violenza \u00e8 un problema delle donne che esasperano, se la cercano, ecc.) e dall\u2019altra con quella<\/p>\n

istituzione che espone le donne mettendo a rischio la vita<\/p><\/blockquote>\n

\"\"
Teresa Manente<\/figcaption><\/figure>\n

L\u2019avvocata Teresa Manente, penalista e referente nazionale delle avvocate dei centri antiviolenza nonch\u00e9 responsabile dell\u2019ufficio legale di Differenza Donna, chiarisce come \u201cQuando le donne querelano e le loro storie finiscono comunque nel sangue quello che non funziona \u00e8 la sottovalutazione del problema. E parlo di forze dell\u2019ordine e magistratura che dovrebbero indirizzarla immediatamente a un centro antiviolenza e valutare la possibilit\u00e0 di misure cautelari efficaci a tutela sua e dei figli.<\/strong> E invece sa che succede delle volte quando non c\u2019\u00e8 specializzazione in materia? Che si avvisa il marito per tentare una riconciliazione o si parla di conflitto coniugale, un conflitto che presuppone parit\u00e0 che invece \u00e8 uno dei punti chiave delle storie di violenza domestica in cui lo stato di soggezione della donna \u00e8 reale con violenze e minacce che annientano la sua libert\u00e0 di autodeterminazione, che non ha niente a che vedere con il conflitto coniugale\u201d.<\/p>\n

\"\"
Elvira Reale<\/figcaption><\/figure>\n

D’altra parte per\u00a0la psicologa Elvira Reale, che\u00a0a Napoli dirige la U.O. di Psicologia Clinica e il Centro Studi di genere dell\u2019Associazione Salute Donne, \u201cchiamare le donne che subiscono violenza persone in difficolt\u00e0<\/em> richiama problematiche soggettive ed uguaglia le donne a qualsiasi altra persona in difficolt\u00e0 mentre la dizione vittime di violenza di genere<\/em> richiama i processi oggettivi di vittimizzazione del contesto, compreso in primis quello familiare, ed \u00e8 in linea con la terminologia internazionale.<\/strong> Donne in difficolt\u00e0<\/em> \u00e8 una terminologia che appartiene ad un contesto clericale\/istituzionale che ha cos\u00ec indicato le donne bisognose di assistenza<\/em>, mentre il termine vittima<\/em>, nella sua etimologia dal latino, rinvia a una condizione di persona legata ovvero privata della libert\u00e0<\/em>, cosa che risponde meglio al significato intrinseco della violenza, soprattutto familiare, che tende a privare le donne della loro libert\u00e0 e diritto di scelta\u201d.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

C’era una volta un libro che si chiamava “Non credere di avere diritti” della Libreria delle donne di Milano (Rosenberg & Sellier) che spiegava come inseguire l’uguaglianza tout court significasse per le donne rimanere subalterne all’ordine patriarcale: un libro che elencando le conquiste fatte fino a quel momento (1987), spiegava che l’emancipazione senza un cambiamento […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":4493,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[2],"tags":[38,135,464,535,588,593,596,863,885,919,1539,1660],"yoast_head":"\nNon credere di avere diritti - DonnexDiritti<\/title>\n<meta name=\"robots\" content=\"index, follow, max-snippet:-1, max-image-preview:large, max-video-preview:-1\" \/>\n<link rel=\"canonical\" href=\"https:\/\/donnexdiritti.com\/2014\/12\/17\/perche-la-violenza-maschile-sulle-donne-prevede-una-vittima-e-un-offender\/\" \/>\n<meta property=\"og:locale\" content=\"it_IT\" \/>\n<meta property=\"og:type\" content=\"article\" \/>\n<meta property=\"og:title\" content=\"Non credere di avere diritti - 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