{"id":4383,"date":"2019-11-29T11:02:00","date_gmt":"2019-11-29T10:02:00","guid":{"rendered":"http:\/\/bettirossa.com\/?p=4383"},"modified":"2021-02-04T02:22:25","modified_gmt":"2021-02-04T01:22:25","slug":"linsospettabile-violenza-del-parto-istituzionale","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2019\/11\/29\/linsospettabile-violenza-del-parto-istituzionale\/","title":{"rendered":"L’insospettabile violenza del parto"},"content":{"rendered":"
Sono ostetrica dal 1997 e quando ho iniziato ad assistere i parti, nel grande policlinico romano dove studiavo, appena una donna arrivava in travaglio le facevamo subito la depilazione e il clistere, non le permettevamo di avere nessuno accanto durante il travaglio e il parto, non le permettevamo di alzarsi e muoversi liberamente o scegliere una posizione per il parto – magari accovacciata, per aiutarsi con la forza di gravit\u00e0 – ma la costringevamo a stare sdraiata sulla schiena in una posizione senz’altro pi\u00f9 faticosa e dolorosa per lei. Non le lasciavamo neanche bere un po’ d’acqua<\/strong>, ma le mettevamo una flebo per idratarla.<\/strong> Non poteva andare al bagno ma portavamo noi una padella. Il pi\u00f9 delle volte dilatavamo il collo dell’utero con le dita, una pratica molto dolorosa e anche dannosa.<\/p>\n Al parto poi le gambe venivano legate al lettino, all’altezza delle cosce, con delle cinte di cuoio e, con una potente spinta sulla pancia e un ampio taglio alla vagina, tra le urla della madre, la creatura finalmente nasceva<\/p><\/blockquote>\n Se invece queste pratiche non funzionavano – e capitava spesso che una donna sottoposta a quel supplizio non riuscisse a partorire – \u00a0allora si andava di l\u00e0 in sala operatoria e le veniva praticato un taglio cesareo.<\/strong> A prescindere dal tipo di parto comunque madre e bambina\/o venivano \u00a0immediatamente separati e per i genitori non era possibile vedere il bambino se non ad orari decisi dall’ospedale.<\/p>\n Le donne che facevano il taglio cesareo in particolare soffrivano molto di questo, perch\u00e9 nessuno portava loro la creatura e, quasi sempre finiva che vedevano\u00a0il bambino per la prima volta dopo 3 lunghissimi giorni, semplicemente perch\u00e9 il nido era al piano di sotto e da sole non riuscivano a scendere dopo l’operazione.<\/strong> Tutte queste pratiche che ho descritto sono molto dolorose e, se praticate di routine senza una precisa indicazione,\u00a0 sono anche dannose per la salute di madre e persona che nasce.\u00a0Alcune, come legare le gambe, sono diventate molto rare anche se non sono completamente scomparse e oggi le donne possono, in moltissimi ospedali, avere una persona con se durante il travaglio e il parto. Ma tante altre pratiche, come ad esempio la posizione del parto, rottura del sacco amniotico, la separazione dal bambino\/a che viene portato al nido immediatamente dopo la nascita, e il taglio alla vagina (episiotomia)<\/strong>, sono ancora molto comuni nella maggior parte degli ospedali.<\/p>\n Siamo riuscite a vedere riconosciuti molti nostri diritti e la condizione delle donne \u00e8 molto cambiata negli ultimi 40 anni<\/p><\/blockquote>\n Ad esempio il nostro diritto alla contraccezione – con la riforma del diritto di famiglia, dopo i referendum su divorzio e aborto e l’abrogazione degli articoli che prevedevano attenuanti per il “delitto d’onore” – rappresenta una conquista indiscussa.Un altra data importante \u00e8 1978, l’anno in cui le donne hanno affermato anche sul piano legislativo il diritto ad interrompere la gravidanza<\/strong>: un fondamentale riconoscimento del diritto alla libert\u00e0 di scelta e autodeterminazione, di poter scegliere e decidere sul proprio corpo e affrancarsi finalmente dal destino biologico di una maternit\u00e0 non desiderata che ha oppresso generazioni di donne.<\/p>\n Centinaia di migliaia di donne sono morte per aborti clandestini prima di veder riconosciuto questo diritto<\/strong>. Ma ancora oggi la stessa libert\u00e0 non \u00e8 riconosciuta nel parto. Faccio parte dell’associazione Vitadidonna<\/a> da 12 anni e se una donna vuole abortire posso indicarle un ospedale dove pu\u00f2 farlo secondo il suo sentire: se con il metodo chirurgico o farmacologico, se con anestesia locale o generale.<\/strong> Ci sono ancora grandi difficolt\u00e0 ma posso aiutarla a scegliere.\u00a0Ma se una donna mi chiede in quale ospedale pu\u00f2 partorire scegliendo la posizione del parto e avendo la persona che nasce con s\u00e9 – due semplici, elementari richieste, che non richiedono nessuna particolare attrezzatura da parte dell’ospedale –<\/p>\n devo ammettere che non c’\u00e8 a Roma un ospedale in cui siano riconosciuti questi diritti<\/p><\/blockquote>\n