si pu\u00f2 leggere che se da una parte \u00e8 certo un aumento notevole della sensibilizzazione sull\u2019argomento violenza maschile sulle donne – triplicata in soli 5 anni (2009\/2013) con un + 34% tra \u201812 e il \u201813 \u2013 dall\u2019altra sono 65 i milioni di euro che le aziende spendono ogni mese per proporre a un enorme pubblico campagne pubblicitarie legate a un\u2019immagine femminile oggettivizzata<\/strong> e stereotipata che va dalle donne decorative, a quelle manichino fino alle pre-orgasmiche: categorie che in ambito maschile vengono sostituite da professionisti di successo o sportivi.<\/p>\nCifre che fanno impallidire se paragonate a quello che le onlus in Italia hanno speso nel 2013 per valorizzare la figura femminile nel contrastare e prevenire la violenza sulle donne, malgrado sia aumentata passando da 6,3 milioni di euro a 16,1 milioni nel biennio 2012-2013.\u00a0<\/strong>Stereotipi, quelli legati alla donna come oggetto da usare ora per pubblicizzare una marca di caff\u00e8 ora da utilizzare come schiava in casa, che in Italia sono ancora fortemente radicati nel tessuto sociale e che culturalmente classificano la donna come un accessorio utilizzabile dall\u2019uomo dalla A alla Zeta, e che nella percezione della violenza porta a una sostanziale sottovalutazione del fenomeno: tanto che, sempre secondo We World, non solo 1 Italiano su 5 non considera violenza la denigrazione di una donna ma \u00e8 convinto che se le donne non indossassero abiti provocanti non subirebbero violenza.<\/p>\nPer 1 italiano su 3 la violenza domestica dovrebbe prima di tutto essere risolta in famiglia<\/p><\/blockquote>\n
l\u2019esatto contrario di quello che ci indica la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica,<\/em> ratificata da noi lo scorso anno e ora in vigore. In Italia, nonostante le norme per il contrasto alla violenza sulle donne varate nel 2013 e malgrado la ratifica della citata Convenzione di Istanbul, ogni 3 giorni una donna viene uccisa dal partner, dall\u2019ex o da un familiare, e in un anno pi\u00f9 di 1 milione di donne hanno subito violenza maschile con oltre 25 casi di stalking al giorno<\/strong>: casi che possono essere anche archiviati, malgrado sia ormai chiara la pericolosit\u00e0 dello stalker e il fattore di rischio (di vita) che la donna ha soprattutto quando cerca di sottrarsi alla violenza e non \u00e8 adeguatamente protetta.<\/p>\n<\/p>\n
Se ancora in alcuni tribunali italiani si stenta a riconoscere la violenza all\u2019interno delle mura di casa scambiandola per semplice \u201cconflittualit\u00e0\u201d, non solo rivittimizzando la donna che denuncia<\/strong> ma a volte anche colpevolizzandola e sottraendo alla stessa i figli in quanto \u201cmadre malevola\u201d rea di manipolazioni sulla prole che ha assistito o subisce direttamente la violenza di un padre, non ci possiamo stupire se la percezione degli italiani sulla violenza \u00e8 cos\u00ec minimizzante. Una violenza che sempre We World ha monetizzato, con un\u2019indagine fatta lo scorso anno (\u201cQuanto costa il silenzio\u201d), con<\/p>\nuna spesa di 17 miliardi di euro annui a carico dalla collettivit\u00e0 per gli effetti devastanti di un fenomeno strutturale<\/p><\/blockquote>\n
Un nodo, quello tra stereotipi e violenza, ben presente anche ad alcune rappresentanti istituzionali di un certo peso, come la presidente della camera, Laura Boldrini, e la vicepresidente del senato, Valeria Fedeli, che durante la presentazione del rapporto di We World hanno lanciato anche delle proposte e suggerito riflessioni.<\/p>\n