{"id":4366,"date":"2014-11-25T02:15:20","date_gmt":"2014-11-25T01:15:20","guid":{"rendered":"http:\/\/bettirossa.com\/?p=4366"},"modified":"2020-03-04T06:28:38","modified_gmt":"2020-03-04T05:28:38","slug":"la-violenza-sulle-donne-e-la-paura-di-un-vero-cambiamento","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/donnexdiritti.com\/2014\/11\/25\/la-violenza-sulle-donne-e-la-paura-di-un-vero-cambiamento\/","title":{"rendered":"La violenza sulle donne e la paura di un vero cambiamento a 360 gradi"},"content":{"rendered":"

Il 25 novembre \u00e8 diventata una data che non passa pi\u00f9 inosservata in Italia. Da quel lontano 1999, anno in cui le Nazioni Unite decisero per una giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sono passati molti\u00a0anni di silenzio e omert\u00e0 in cui i giornali parlavano di donne uccise nel mistero o sbattevano in prima pagina l\u2019immigrato di turno dando la sensazione di un territorio invaso da barbari stupratori.<\/p>\n

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Anarkikka<\/figcaption><\/figure>\n

E mentre i maschi italiani agivano del tutto inosservati a casa propria e in piena impunit\u00e0, anche quando i dati dell\u2019Istat nel 2007 ci facevano notare che l\u201985% della violenza era violenza domestica, si \u00e8 continuato per molto tempo a stigmatizzare la violenza sulle donne come un fatto che non riguardava le \u201cfamiglie normali\u201d<\/strong> e su cui lo Stato poteva tranquillamente agire puntando il dito sul rumeno di turno. Per parlare della violenza maschile sulle donne in un modo pi\u00f9 aderente alla realt\u00e0, e in maniera pi\u00f9 corretta, \u00e8 stata necessaria una vera e propria sollevazione delle donne che trasversalmente hanno cominciato a interrogarsi e a dialogare con chi sulla violenza ci lavorava da sempre: quei centri antiviolenza nati in maniera indipendente 30 anni fa che conoscevano bene cosa era la violenza domestica sulle italiane.<\/p>\n

\"\"Uno sforzo, quello delle donne e della societ\u00e0 civile, che ha avuto il merito di porre al centro dell\u2019attenzione politica il fenomeno, sia nell\u2019informazione che di fronte alle istituzioni, dando diversa dimensione al femminicidio e a tutte le forme di discriminazione sulle donne in questo Paese e nel mondo. Un lavoro capillare e prezioso senza il quale oggi, questa giornata, continuerebbe a essere una come le altre. Una campagna di sensibilizzazione permanente sulle donne che ormai parte da ottobre in vista del 25 novembre, allungando la data fino a dicembre, riprende a gennaio in vista del One Billion Rising<\/em> (14 febbraio) e culmina nell\u20198 marzo (che non \u00e8 pi\u00f9 solo la triste mimosa) per proseguire su questa scia fino all\u2019estate<\/strong>.<\/p>\n

Un salto di qualit\u00e0 per un Paese dove, secondo il rapporto del World Economic Forum<\/em>, ci vogliono ancora 81 anni per raggiungere una certa equit\u00e0 tra uomini e donne (l\u2019Italia \u00e8 al 69\u00b0 posto nel Gender Gap) e in cui la discriminazione delle donne – nel lavoro, a casa, in famiglia, nelle aziende e in tutti i luoghi pubblici e privati \u2013 \u00e8 ancora molto forte e sostenuta da una cultura lontana dall\u2019abbattere definitivamente quegli stereotipi che sono alla base stessa della violenza maschile sulle donne.<\/p>\n

Ma una sensibilizzazione cos\u00ec massiccia quali risultati ha avuto e quali sono state le risposte concrete delle istituzioni?<\/p><\/blockquote>\n

\"\"In un recente report dal titolo \u201cRosa shocking. Violenza, stereotipi\u2026 e altre questioni del genere<\/a>\u201d di We World Intervita, presentato alla camera una settimana fa,<\/a> si pu\u00f2 leggere che se da una parte \u00e8 certo un aumento notevole della sensibilizzazione sull\u2019argomento violenza maschile sulle donne – triplicata in soli 5 anni (2009\/2013) con un + 34% tra \u201812 e il \u201813 \u2013 dall\u2019altra sono 65 i milioni di euro che le aziende spendono ogni mese per proporre a un enorme pubblico campagne pubblicitarie legate a un\u2019immagine femminile oggettivizzata<\/strong> e stereotipata che va dalle donne decorative, a quelle manichino fino alle pre-orgasmiche: categorie che in ambito maschile vengono sostituite da professionisti di successo o sportivi.<\/p>\n

\"\"Cifre che fanno impallidire se paragonate a quello che le onlus in Italia hanno speso nel 2013 per valorizzare la figura femminile nel contrastare e prevenire la violenza sulle donne, malgrado sia aumentata passando da 6,3 milioni di euro a 16,1 milioni nel biennio 2012-2013.\u00a0<\/strong>Stereotipi, quelli legati alla donna come oggetto da usare ora per pubblicizzare una marca di caff\u00e8 ora da utilizzare come schiava in casa, che in Italia sono ancora fortemente radicati nel tessuto sociale e che culturalmente classificano la donna come un accessorio utilizzabile dall\u2019uomo dalla A alla Zeta, e che nella percezione della violenza porta a una sostanziale sottovalutazione del fenomeno: tanto che, sempre secondo We World, non solo 1 Italiano su 5 non considera violenza la denigrazione di una donna ma \u00e8 convinto che se le donne non indossassero abiti provocanti non subirebbero violenza.<\/p>\n

Per 1 italiano su 3 la violenza domestica dovrebbe prima di tutto essere risolta in famiglia<\/p><\/blockquote>\n

\"\"l\u2019esatto contrario di quello che ci indica la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica,<\/em> ratificata da noi lo scorso anno e ora in vigore. In Italia, nonostante le norme per il contrasto alla violenza sulle donne varate nel 2013 e malgrado la ratifica della citata Convenzione di Istanbul, ogni 3 giorni una donna viene uccisa dal partner, dall\u2019ex o da un familiare, e in un anno pi\u00f9 di 1 milione di donne hanno subito violenza maschile con oltre 25 casi di stalking al giorno<\/strong>: casi che possono essere anche archiviati, malgrado sia ormai chiara la pericolosit\u00e0 dello stalker e il fattore di rischio (di vita) che la donna ha soprattutto quando cerca di sottrarsi alla violenza e non \u00e8 adeguatamente protetta.<\/p>\n

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Se ancora in alcuni tribunali italiani si stenta a riconoscere la violenza all\u2019interno delle mura di casa scambiandola per semplice \u201cconflittualit\u00e0\u201d, non solo rivittimizzando la donna che denuncia<\/strong> ma a volte anche colpevolizzandola e sottraendo alla stessa i figli in quanto \u201cmadre malevola\u201d rea di manipolazioni sulla prole che ha assistito o subisce direttamente la violenza di un padre, non ci possiamo stupire se la percezione degli italiani sulla violenza \u00e8 cos\u00ec minimizzante. Una violenza che sempre We World ha monetizzato, con un\u2019indagine fatta lo scorso anno (\u201cQuanto costa il silenzio\u201d), con<\/p>\n

una spesa di 17 miliardi di euro annui a carico dalla collettivit\u00e0 per gli effetti devastanti di un fenomeno strutturale<\/p><\/blockquote>\n

Un nodo, quello tra stereotipi e violenza, ben presente anche ad alcune rappresentanti istituzionali di un certo peso, come la presidente della camera, Laura Boldrini, e la vicepresidente del senato, Valeria Fedeli, che durante la presentazione del rapporto di We World hanno lanciato anche delle proposte e suggerito riflessioni.<\/p>\n