le giornaliste di molte testate italiane, hanno cominciato a dare una prospettiva diversa al trattamento della violenza contro le donne all\u2019interno dell\u2019informazione, al fine di\u00a0argomentare il fenomeno con una prospettiva che superasse il pregiudizio<\/strong>\u00a0discriminatorio, sia sulle donne sia rispetto alla considerazione di un argomento \u201cinferiore\u201d e privo di una sua dimensione specifica.<\/p>\nMa c\u2019\u00e8 un problema che \u00e8 venuto a galla in tutta evidenza quando la presidente della camera, Laura Boldrini, vittima di attacchi sessisti violenti, si \u00e8 mossa su questo, ed \u00e8 stata gridata la parola \u201ccensura\u201d malgrado lei non l\u2019avesse nenache proferita. Ci\u00f2 \u00e8 successo perch\u00e9 la sottovalutazione di quello che rappresenta in realt\u00e0 la violenza sessista e discriminatoria contro le donne, persiste. Oggi, quello che bisognerebbe evitare \u00e8 infatti il meccanismo di speculazione strumentale che tratta il femmicidio e il femminicidio come un passepartout<\/em> che\u00a0fa notizia\u00a0e su cui anche chi non ha strumenti n\u00e9 competenze, pu\u00f2 avventurarsi.<\/strong><\/p>\n Con modi meno sfacciati e meno aggressivi di prima, ma pur sempre in maniera superficiale, chi schiaffa in prima pagina il termine \u201cfemminicidio\u201d senza cognizione di causa, continua a sottovalutarne la portata. Un pericolo, perch\u00e9 il pregiudizio della discriminazione di genere permane, e si riflette nel sostegno sotterraneo di una cultura che in ambito giudiziario trova ancora donne che non sono credute quando denunciano una violenza. Donne che rischiano di essere rivittimizzate in tribunale<\/strong>, e che si ritrovano impossibilitate a un accesso sicuro alla giustizia a causa dell\u2019impreparazione degli \u201caddetti ai lavori\u201d.<\/p>\nIl punto cruciale \u00e8 allora la percezione della violenza nella sua reale gravit\u00e0: lo smantellamento di una cultura della \u201csottovalutazione della violenza\u201d che traspare ovunque con conseguenze enormi, e in cui si rischia di far passare come normalit\u00e0, un danno o una violazione. Per questo l\u2019informazione ha un ruolo fondamentale<\/strong>: perch\u00e9 se i media sostengono questa cultura della sottovalutazione \u2013 che poggia sul pregiudizio della discriminazione di genere \u2013 \u00e8 ovvio che anche la percezione dell\u2019opinione pubblica sar\u00e0 tale, e questo sosterr\u00e0 a sua volta anche la rivittimizzazione nei tribunali, nelle forze dell\u2019ordine, tra operatori.<\/p>\nPubblicare articoli negazionisti sulla violenza contro le donne o lasciare che giornalisti tematiche si avventurino senza strumenti, pu\u00f2 essere pericoloso<\/p><\/blockquote>\n
\u00c8 quella che viene chiamata vittimizzazione secondaria e che in questo caso \u00e8 fatta attraverso i media, quell\u2019arma affilatissima che proviene dal pregiudizio ma anche dall\u2019illusione che basta essere \u201cbrave persone\u201d o \u201cbravi professionisti\u201d<\/strong>, per essere oggettivi e bilanciati.<\/strong> Trattare le donne come se fossero vittime indifese da proteggere, perenni inadeguate, mettere sullo stesso piano la violenza maschile con la reazione femminile di fronte a una violenza fisica e\/o psicologica, dare voce all\u2019autore della violenza senza dotarsi di strumenti di approccio e analisi adeguate, pu\u00f2 essere considerata causa di una rivittimizzazione mediatica. Una impreparazione che ha tenuto ben lontani i giornalisti da molti\u00a0centri antiviolenza, i quali, per molto tempo, si sono rifiutati di dare in pasto le storie delle donne come se fosse materiale da scoop: un gap, tra la realt\u00e0 della violenza e l\u2019informazione che se ne dava, che oggi stiamo cercando faticosamente di riempire e su cui non vorremmo tornare indietro.<\/strong><\/p>\n Dare la sensazione che l\u2019uomo \u00e8 un poveretto respinto da una donna che giocava coi suoi sentimenti di uomo ferito, senza chiamare quel tipo di situazione col suo vero nome, cio\u00e8 violenza psicologica, \u00e8 molto pi\u00f9 pericoloso di quanto si possa pensare. Perch\u00e9\u00a0quello che \u00e8 importante non \u00e8 soltanto il racconto dei fatti, ma l\u2019imparare a raccontarli soprattutto in un contesto culturale cos\u00ec discriminatorio per le donne come quello italiano, dove l\u2019idea che continua a passare \u00e8 che comunque un certo<\/strong> tipo di atteggiamenti, anche violenti, siano un\u00a0ingrediente normale dei rapporti intimi<\/strong>: una convinzione che nei tribunali, nelle caserme, e in alcune perizie psicologiche (CTU), espone la donna a grave rischio.<\/p>\nLa violenza psicologica nei rapporti d\u2019intimit\u00e0, non \u00e8 una semplice conflittualit\u00e0<\/p><\/blockquote>\n
Se il problema \u00e8 strutturale, l\u2019informazione e la narrazione mediatica di questa violenza, diventa uno dei fattori principali per il cambiamento. Per queste ragioni, non basta essere \u201csensibili\u201d all\u2019argomento ma bisogna conoscerlo, bisogna essere preparati, studiare, ed \u00e8 fondamentale che la formazione valga, cos\u00ec come per i giudici, forze dell\u2019ordine, avvocati, psicologi, assistenti sociali, anche per i giornalisti che si vogliano occupare di questi temi. Risolvere il problema culturale anche attraverso una corretta informazione, \u00e8 il nodo: ma lo dobbiamo fare da sole continuando a punzecchiare direttori e caporedattori?<\/strong> Io farei un passo in pi\u00f9 perch\u00e9 vorrei che in questo momento gli uomini, che nelle redazioni italiane occupano la maggioranza dei posti di comando, scegliessero di ascoltarci prendendo in seria considerazione le modalit\u00e0 da noi indicate<\/strong>, non solo perch\u00e9 li riguarda ma perch\u00e9 \u00e8 una responsabilit\u00e0 nei confronti di tutta l\u2019umanit\u00e0.<\/p>\n Per dare una corretta informazione, che non sia soltanto attraverso i seppur utilissimi e validissimi blog e rubriche di esperte, bisognerebbe entrare a pieno titolo nel tessuto vivo del giornale, avviando un processo di trasformazione anche dentro le redazioni. Redazioni che vorremmo fossero attrezzate, non solo con un vademecum o linee di condotta, ma conredattrici e redattori, formati\u00a0su questi temi che possano non solo evitare pericolosi scivoloni ma anche\u00a0produrre una nuova cultura, un nuovo modo di vedere le cose.<\/strong> Una specie di \u201cocchio di genere\u201d che attraverso giornalisti e giornaliste formati sulla materia, possano nei vari desk rintracciare e stimolare un nuovo linguaggio, evitando non solo il neutro, ma anche mettendo in luce differenti aspetti di un certo avvenimento.<\/p>\nCome esiste il giornalista di esteri, di interni, sarebbe auspicabile che della violenza sulle donne e sui minori non si occupasse n\u00e9 il cronista n\u00e9 il redattore di turno, ma qualcuno che sa maneggiare l\u2019argomento. Lo mettereste voi uno che fa sport a fare la pagina di economia? Credo di no. Auspicare che le direzioni dei giornali si avvalgano di alcune\u00a0figure professonali\u00a0da inserire direttamente nel tessuto del giornale e che queste figure possano avere anche ruoli di responsabilit\u00e0, sarebbe un grande passo avanti.<\/strong><\/p>\n <\/strong>Ma si potrebbe parlare di vero e proprio salto, se oltre agli argomenti, ci si attrezzasse per promuovere la soggettivit\u00e0 femminile anche all\u2019interno delle redazioni, tanto da scegliere la donna a parit\u00e0 di capacit\u00e0 con l\u2019uomo. Come indicano le Raccomandazioni Cedaw, \u00e8 indispensabile nel nostro Paese \u00abadottare ulteriori misure per accelerare il raggiungimento della piena ed eguale partecipazione delle donne nei processi decisionali, a tutti i livelli e in tutti i settori\u00bb, senza dimenticare di<\/strong> \u00absviluppare e applicare sistemi di valutazione del lavoro, basati su criteri di genere\u00bb<\/strong>. Le donne oggi sono l\u2019avanguardia di un profondo cambiamento culturale che porter\u00e0 vantaggi all\u2019intera societ\u00e0 e alle nuove generazioni, maschi o femmine che siano.<\/p>\n________________________________________________________________________<\/p>\n
Inchiesta di Luisa Betti presentata al convegno Convenzione di Istanbul e Media <\/strong>presso la Sala Zuccari al Senato.<\/em><\/p>\n <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
Si parla continuamente di un cambiamento culturale per contrastare la violenza contro le donne in quanto fenomeno strutturale in Italia. Ma cosa significa cambiare la cultura? La cultura non \u00e8 un corpo estraneo, la cultura siamo noi e si pu\u00f2 cambiare solo partendo da noi. Per questo cambiare la cultura, significa\u00a0cambiare il modo di pensare, […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":11945,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[24],"tags":[377,847,917,1411,1626,1660,1675],"yoast_head":"\n
Violenza e media: non basta essere brave persone e bravi giornalisti - DonnexDiritti<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n